8x16 The Friend in Need
  • Poll choices
    Statistics
    Votes
  • 7
    57.14%
    4
  • 8
    42.86%
    3
  • 10
    0.00%
    0
  • 9
    0.00%
    0
  • 6
    0.00%
    0
  • 5
    0.00%
    0
  • 4
    0.00%
    0
  • 3
    0.00%
    0
  • 2
    0.00%
    0
  • 1
    0.00%
    0
Guests cannot vote (Voters: 7)

8x16 The Friend in Need

18.02.2013 discussione versione originale

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. sella
        +1   Like  
     
    .

    User deleted


    Bello, bello. Dopo il commentone dell’episodio precedente mi ero detta che questo l’avrei saltato, mi sarei riposata e, soprattutto, vi sareste riposate voi (quanto vi voglio bene!), ma, ma… l’episodio è una sfida, il cui guanto non può non essere raccolto. Ben scritto, ben recitato, ormai sono diventati così bravi che è una delizia vedere come interagiscono, sono un team che funziona benissimo, in questi anni si sono “rodati” proprio bene. Se fossi la Fox, una volta terminata la series, me li terrei tutti sotto contratto, non vorrei perdere simili potenzialità. Dean Lopata sta diventando sempre più bravo.
    Bisognerebbe commentarlo scena per scena, battuta per battuta, i rimandi sono continui, continue le citazioni e i riferimenti. Ma poiché i commenti precedenti hanno saputo cogliere così bene i nodi nevralgici, mi limiterò ad analizzare l’incontro/scontro tra Kat (interpretata da Lizze Broadway, molto brava) e Sweets, perché in esso, ancora una volta, viene adombrata la tematica della regola, il mantenersi fedeli all’ordine (inteso nel senso più ampio del termine) o derogare da esso. Tematica affacciatasi più e più volte nel corso delle stagioni, emblematico a questo riguardo è 7x13 con le scelte differenti di Brennan e Cam di fronte all’attacco di Pelant. Ancora una volta, il giusto e l’ingiusto legale è coniugato con il bene e il male morale in un intreccio inscindibile, che complica e arricchisce, e rende per me interessante al massimo, quanto i personaggi stanno vivendo. Veniamo al dunque. Sweets fin dal primo incontro si accorge benissimo che Kat sta vivendo una situazione difficile, ma il suo comportamento è corretto, irreprensibile, si permette di fornire solo dei numeri telefonici. È un modo come un altro di lanciare un amo a Kat? Non si sa, quello che è certo è che, quando Kat lo va a trovare nel suo studio, si dimostra sorpreso. Ha la prontezza di accendere il registratore, perché consapevole di stare per affrontare una situazione delicata, infatti, è principio inderogabile della procedura penale statunitense il fatto che un rappresentante della legge non possa incontrare un minore, se non in presenza dei genitori e credo anche di un avvocato. Ma Sweets di fronte all’evidente situazione di bisogno di Kat, al suo bisogno di parlare, al suo bisogno di chiedere aiuto, sceglie un comportamento al limite, non è chiaro fino in fondo con la ragazza, gioca sull’equivoco, dando a Kat l’illusione di potersi fidare di lui. È ovvio che per quello che sta vivendo, il suo essere stata stuprata da un maschio ignobile e il suo essere stata schiacciata dalla madre alla convenzione sociale, per cui è preferibile il male minore per non subire ulteriori ingiurie, a Kat non importa nulla delle garanzie costituzionali e procedurali, il suo è un grido disperato d’aiuto, vuole poter gridare il suo dolore, la sua sofferenza. Vuole che qualcuno l’ascolti. Sweets lo fa, ma fino a un certo punto, perché ben presto si accorge che la situazione non è più gestibile, gli sta sfuggendo di mano e così corre da Booth, il quale, giustamente, sceglie la strada della correttezza e avverte sia la madre che la polizia di stato. Il rapporto tra Kat e Sweets si spezza, la ragazza si sente tradita per l’ennesima volta, voleva aiuto e si trova in un guaio peggiore. Sweets si trova nella situazione descritta una volta per sempre da s.Paolo nel famosissimo cap.7 della Lettera ai Romani, il cap. sulla legge: “voglio il bene e faccio il male”. L’intenzione di Sweets è stata sicuramente buona, la sua offerta di aiuto generosa, ma di fronte alla notizia di reato è sorpreso, non era arrivato evidentemente a ipotizzare uno stupro e a un certo punto è consapevole d’aver messo in una situazione delicatissima sia Kat che lui. Cerca di rimediare, ma la pezza, come ben si sa, molte volte è peggio del male. Il suo voler mantenere il piede in due staffe non porta da nessuna parte. (Quante volte si innescano queste spirali di equivoci, per cui con le migliori intenzioni del mondo si creano situazioni insostenibili con il conseguente scatenarsi di divisioni e di conflitti). All’accusa di Kat, Sweets risponde in maniera impacciata: non potevo fare altrimenti, l’ho fatto per il tuo bene. (Quante volte nella mia ormai lunga vita ho sentito rivolgermi queste parole e, ahimé, quante volte io stessa le ho pronunciate!). Tutto finito? No, perché Kat deve sfogare in qualche modo la sua rabbia, deve avere qualcuno da accusare e chi meglio di colui che l’ha delusa e tradita per ultimo? Eccoci così arrivate alla scena finale, al terzo incontro tra Kat e Sweets, quello decisivo, cui tutta l’analisi precedente non è altro che un preambolo. Alla Kat aggressiva, Sweets risponde con un atteggiamento rassegnato, quasi remissivo, che viene totalmente rovesciato, quando la ragazza l’accusa di non poter capire fino in fondo, perché non ha mai vissuto una situazione come la sua. E qui si ha il passaggio fondamentale (tra l’altro qui John è stato bravissimo, il suo linguaggio del corpo in quel brevissimo momento, in quel suo doversi muovere, spostarsi quasi per sollevarsi da un peso intollerabile, esprime benissimo quanto sta provando dentro di sé), Sweets si decide, infrange ogni barriera, supera ogni formalità e racconta a Kat la sua vicenda, di bambino percosso furiosamente, portato a credere d’essere lui la causa del gioco sadico e violento del padre affidatario, finché l’intervento di qualcuno non è intervenuto a salvarlo (un’assistente sociale? i genitori adottivi, quella coppia già anziana che, come sappiamo dalla quarte stagione, gli ha saputo insegnare che cos’è l’amore. Non lo sappiamo, ma non importa). Nel condividere con Kat la sua storia, Sweets le dice una verità sacrosanta, non è con la rimozione del dolore che si risolvono i problemi, ma è nell’affrontarlo, nell’avere il coraggio di riviverlo, di assumerlo dentro di sé in maniera che invece che fonte di morte, diventi fonte di vita. È lo Sweets psicologo, analista dell’FBI a parlare con Kat? No, è l’uomo adulto che ha fatto un’esperienza terribile e che ne porta ancora i segni sul suo corpo, e che la condivide con lei, che si spoglia di ogni sua sovrastruttura, di ogni difesa e nella povertà più assoluta le tende la mano, perché finalmente l’ascolta veramente, le sue parole sono risuonate nella sua coscienza e nel suo cuore, risponde al suo bisogno e la ama in maniera gratuita. Sweets in quei momenti non vuole il bene per sé, ma vuole il bene per Kat, vuole che la ragazza torni a vivere, torni ad amare la vita e per questo si impegna in prima persona con la promessa di trovare il responsabile. Ancora una volta il gatto e la volpe e in questo caso Dean Lopata hanno saputo cogliere una situazione che, ormai nel contesto delle series, è a dir poco abusata, ma l’hanno saputa rappresentare in maniera degna, soprattutto non l’hanno trattata ideologicamente nel rappresentarci un tema così forte e coinvolgente. La soluzione che in questo caso ci offrono è che la regola va rispettata, ma ci sono momenti nella vita nei quali bisogna avere il coraggio d’andare oltre. Come, quando, perché? Esiste una risposta univoca a un interrogativo così terribile? No, perché coinvolge la più intima sfera della coscienza, la sua libertà, sta alle singole persone coinvolte la responsabilità di decidere e agire di conseguenza, come sta alle autorità, qualora debbano intervenire, valutare la situazione e verificare il tutto. Sta a loro, quali rappresentanti della società e dello stato, esprimere un giudizio d’approvazione o di disapprovazione. Non per niente gli antichi romani, coloro che hanno "inventato" il diritto della nostra civiltà, l'hanno definito "juris prudentia", ossia, hanno posto come cardine di ogni attività giuridica appunto la prudenza. Meditate gente, meditate.
    Le due giurisdizioni? Che chicca, mi sono deliziata!

    Un’ultimissima cosa, così concludo con una nota lieta: ho trovato adorabile nella scena finale l’espressione di David alla domanda di Brennan se ha fatto finta qualche volta di essere meno intelligente di lei. Mente, sapendo di mentire: è tutto un programma.
     
    .
8 replies since 9/1/2013, 09:40   655 views
  Share  
.