L'ASSASSINIO DI HANNAH BURLEY

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  1. misato85
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    Grandissima Franca... grande davvero... sono così contenta che abbia deciso di condividere un altro capolavoro con noi... attendo gli sviluppi... complimentoni... il titolo è meraviglioso!!! mi dispiace sono un po' cinica quando si parla di bananna!! chiedo scusa!!!
     
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  2. Dreamhunter
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    CITAZIONE (boothie @ 27/4/2011, 12:33) 
    Un altro tiro, un altro centro! Bravissima Franca. Scusa se non riesco a tenere dietro a tutto con i commenti, ma sappi che non mi perdo una tua sola ff!

    Grazie!!!! ^_^


    CITAZIONE (misato85 @ 27/4/2011, 22:15) 
    Grandissima Franca... grande davvero... sono così contenta che abbia deciso di condividere un altro capolavoro con noi... attendo gli sviluppi... complimentoni... il titolo è meraviglioso!!! mi dispiace sono un po' cinica quando si parla di bananna!! chiedo scusa!!!

    Grazie!!! Non lo so mica, ancora, se sarà un capolavoro. Io ci metterò tutto il mio impegno. ;)



    Scusatemi, sono un po' in ritardo sui tempi previsti, ma la scorsa settimana sono stata rallentata, come alcune ragazze già sanno, da un terribile mal di denti.... :^"^: E ora sto per partire per il week end...
    Comunque eccovi il secondo capitolo. Buona lettura!!!


    2.


    Lei era alta, con un abito scuro e capelli castani raccolti in una crocchia sulla nuca. L'acconciatura metteva in risalto il suo volto dai lineamenti aristocratici, in cui spiccavano due incredibili occhi color dello zaffiro. Furono soprattutto quelli a lasciare l'ispettore Booth completamente senza parole e fiato. Specie quando la giovane donna li puntò su di lui, notando la sua presenza e interrompendo la lezione.
    “Desiderate qualcosa? Chi vi ha fatto entrare?”, gli chiese fissandolo.
    Booth sbatté le palpebre e si ritrovò per un istante a corto di parole. “Io...”.
    Poi di colpo qualcuno lo spinse di lato come un fantoccio e la ragazza bruna che aveva aperto la porta a lui e Sweets fece irruzione nell'aula, tutta concitata.
    “Direttrice, perdonatemi, ma c'è un ispettore della Polizia Metropolitana che...”. Nel mezzo dell'affannato discorso, si accorse di lui, alla sua sinistra, e si interruppe. “Oh... è questo signore qui”.
    “Capisco”. Colei che era stata definita direttrice posò la bacchetta sulla cattedra e si rivolse agli alunni. “Tirate fuori un foglio da disegno e provate a riprodurre questo scheletro, d'accordo? Tornerò da voi il prima possibile”.
    Quindi si incamminò verso Booth, continuando ad osservarlo, ma parlò alla ragazza. “Hai avvertito la signorina Saroyan e il dottor Lidner, Daisy?”.
    L'altra annuì con enfasi eccessiva. Sì, pensò Booth, sembrava proprio uno scoiattolo... Ma non riuscì a prestarle troppa attenzione, perché gli straordinari occhi della direttrice catturarono i suoi, aprendogli una specie di buco nel cuore. Santi numi.
    “Sono la signorina Temperance Brennan”, si presentò lei. “Dirigo l'istituto”.
    “Direttrice... Io sono l'ispettore Seeley Booth della Polizia Metropolitana. Mi scuso di avere interrotto la vostra lezione...”, ricambiò lui con un rispettoso cenno del capo, il cappello in mano.
    “Non vi è bisogno di scusarsi. Immagino perché siate qui, purtroppo... Usciamo dall'aula, per favore”.
    “Sì, certo...”.
    Ma Daisy era ancora impalata sulla porta ed entrambi la guardarono.
    “Daisy?”, la incitò impaziente la giovane direttrice e solo dopo qualche istante la fanciulla si riscosse con uno squittio, indietreggiando di scatto e facendosi da parte.
    Nel grande atrio, accanto a Sweets, ora c'erano un uomo e una donna.
    “Il nostro medico, il dottor Lidner”, spiegò la direttrice mentre andavano loro incontro. “E la signorina Saroyan, l'amministratrice del Victorian”.
    Booth la ascoltò, piuttosto impressionato dal fatto che quell'istituto per fanciulli abbandonati fosse diretto ed amministrato da donne. Di norma i direttori erano quasi sempre uomini, spesso vicari, e di certo non si lasciavano i cordoni della borsa nelle mani di una donna. Specie se poi, come nel caso della suddetta signorina Saroyan, si trattava di una mulatta di notevole avvenenza, con grandi occhi color del carbone e capelli altrettanto corvini, lucidi e folti. Finora, Booth quasi si vergognava ad ammetterlo, aveva visto bellezze esotiche come quella solo nei bordelli esclusivi in cui gli era capitato di recarsi per lavoro... Non vi era da stupirsi che la povera signorina Burley si fosse affezionata a quel luogo e avesse deciso di utilizzarlo come quartier generale per il progetto delle Donne Spaiate.
    Camminando, sbirciò la direttrice. Lei era impassibile. Se si aspettava che lui potesse manifestare meraviglia non lo dava a vedere. Ebbene non avrebbe fatto commenti. A meno che l'emancipazione femminile diventasse un punto focale della sua indagine, non era affar suo, ora come ora.
    “L'ispettore Booth”, disse Sweets, non appena li ebbero raggiunti.
    Il dottor Lidner, un uomo di media altezza, sui trentacinque anni, con corti capelli scuri e un volto mite, da brava persona, guardò gravemente Booth. Appariva pallido, con ombre di stanchezza e angoscia sotto gli occhi. Lui intuì che doveva aver partecipato alle ricerche per tutta la notte.
    “Signori...”, sospirò Booth. “Ho bisogno di sapere come sono andate con esattezza le cose ieri sera. Gli orari e i dettagli, il più possibile precisi, degli spostamenti e delle azioni della signorina Burley. Ed ovviamente dovrò anche stabilire i rapporti che aveva con ognuno di voi. Non per indiscrezione, ma per sgomberare il campo dalle ipotesi inutili. Nello specifico, quanto personale c'è in questo istituto?”.
    “Oltre a noi tre”, rispose la signorina Saroyan, “vi sono altri due insegnanti, una cuoca, due cameriere, un garzone e un paio di uomini di fatica”.
    “E quanti orfani ospitate?”.
    “Otto, al momento, senza contare mia figlia e le bambine di una delle cameriere”.
    Così la signorina Saroyan non era sposata ma era madre... Sempre più sorprendente che fosse lei a occuparsi delle finanze del Victorian. Aveva l'accento americano. Una cadenza che Booth ben conosceva: suo nonno non l'aveva mai persa, in tutti quegli anni in Inghilterra...
    “E fate lezioni anche ai ragazzi poveri”.
    “Sì, una trentina all'incirca”, intervenne la signorina Brennan. “Abbiamo una carrozza e li preleviamo a piccoli gruppi dai loro quartieri, tre volte la settimana, a giorni alterni”.
    “Siete molto ben organizzati”, convenne Booth, grattandosi il mento. “Allora... torniamo alla giornata di ieri. So che la signorina Burley è venuta qui nel primo pomeriggio...”.
    “Abbiamo studiato un poco del materiale per un progetto che le stava molto a cuore”, rispose la signorina Saroyan. E la sua voce si incrinò leggermente. Deglutì, celando il turbamento come poteva. Al suo fianco, il dottor Lidner le sfiorò piano la schiena con una mano. Un gesto molto discreto, ma Booth lo notò.
    “Il progetto delle Donne Spaiate?”, domandò.
    “Le lezioni dovrebbero partire il prossimo gennaio e stavamo raccogliendo le adesioni”, disse la signorina Brennan.
    “E la signorina Burley intendeva poi fermarsi a cena?”.
    “Com'era sua abitudine”, confermò il dottor Lidner. “Poi l'avrei riportata io a casa del visconte, ma, poco prima che il sole tramontasse, ha deciso di andare a casa del reverendo Burton...”.
    “Il reverendo e sua moglie sono sempre stati molto generosi con i bambini del Victorian”, aggiunse la signorina Saroyan. “Hannah voleva chiedere loro se erano al corrente dell'esistenza di giovani donne interessate ad intraprendere un percorso di studio per imparare una professione...”.
    “Dato che il tramonto si approssimava, nessuno ha pensato di accompagnarla?”.
    “L'abitazione dei Burton è vicina”, sospirò Lidner. “Al massimo a quindici minuti di cammino. C'era ancora luce e la nebbia è scesa solo più tardi, sapevamo che si sarebbe trattenuta poco... Però, ha ragione, ispettore. Era una donna sola...”.
    “Anche se avessimo insistito, Hannah si sarebbe opposta”, mormorò mestamente la signorina Saroyan. “Raramente accettava di essere accompagnata, se doveva recarsi negli immediati dintorni”.
    “Naturale”, commentò Temperance Brennan. “Anche io mi sposto sempre da sola”.
    Booth si girò verso di lei, precipitando di nuovo nei suoi occhi. Aveva le traveggole o diventavano più belli ogni volta che li guardava?
    “Sarebbe meglio che lo evitaste, d'ora in poi, direttrice”, replicò, imponendosi di recuperare contegno. “Abbiamo motivo di credere che in Cater Street si aggiri un individuo pericoloso e che la signorina Burley non sia stata la sua prima vittima”.
    Se il sovrintendente Cullen avesse saputo che lui aveva rivelato quel particolare a tre civili (più una cameriera molto simile a uno scoiattolo che continuava ad occhieggiare da dietro una colonna), probabilmente lo avrebbe declassato ad agente semplice, ma lui non se ne pentiva affatto. Forse la stessa Hannah Burley avrebbe potuto essere ancora viva se qualcuno l'avesse avvertita.
    “Ci sono stati altri delitti identici?”, si interessò Lidner, con aria preoccupata. “Quando? Io non ne sapevo nulla...”.
    “Una cameriera e una mendicante”, si intromise Sweets. “Negli ultimi mesi”.
    “Rammento di aver letto di quei due delitti, qui, in Cater Street, ma...”. Lidner scrollò il capo. “A parte la strada in cui sono avvenuti, che peraltro è piuttosto lunga, cos'altro hanno avuto in comune con...”. Non terminò il concetto. Faticava a parlare esplicitimente della fine cruenta di Hannah Burley.
    “Il metodo usato per uccidere”, spiegò Booth, pacato. “E' sempre lo stesso”.
    “Oh, cielo...”. Lidner boccheggiò, sbiancando in maniera allarmante. La signorina Saroyan lo sorresse d'istinto.
    “Vi sentite bene?”, esclamò Sweets.
    “Siete tra coloro che hanno scoperto il cadavere, dottore?”, domandò Booth.
    “Io...”. Il medico si passò una mano sulla fronte sudata. “No, stavo cercando all'altro capo di Cater Street, ma mi è stato detto come... Oh, buon Dio”.
    “E potrei parlare con qualcuno che era presente al ritrovamento?”.
    “Certo. Potete parlare con me”, annuì la signorina Brennan.
    Lui trasalì, sinceramente sbalordito. “Voi avete partecipato alla ricerca? Per la strada? Di notte?”.
    Lei aggrottò la fronte come se le avesse rivolto delle domande in una sconosciuta lingua morta dell'antichità. “Perché non avrei dovuto?”.
    La risposta era delle più ovvie: perché era una donna!!! Ma Booth comprese alla svelta che non doveva essere ovvia affatto per Temperance Brennan. Per cui pensò bene di tacere.
    “Eravate con il visconte, dunque?”.
    “E con il signor Buxley, uno dei nostri uomini di fatica”.
    “Allora potrà condurmi lui sul luogo del ritrovamento”.
    “E' meglio che lo faccia io”, obbiettò lei.
    “Non è necessario”, tentò di protestare Booth, seppur assai debolmente. Lo affascinava l'idea di un poco di tempo da solo con quella donna così unica... “Non vorrei costringervi a rivivere una situazione scioccante”.
    “Non mi state costringendo in nessun modo”, ribadì la giovane direttrice con fermezza. “Del resto io conoscevo Hannah molto più del signor Buxley. Vi sarò più utile. Aspettatemi qui... Vado a congedare i bambini e a mettermi il cappotto”.
    E si allontanò prima che lui potesse anche soltanto aprire bocca.

    Dopo che Booth ebbe ordinato a Sweets di raccogliere le testimonianze al Victorian, lui e la signorina Brennan uscirono nell'umida mattinata di ottobre. Mancava meno di un'ora al mezzogiorno e la nebbia si era definitivamente diradata, lasciando il posto a un timido sole esangue, che non riscaldava.
    Alla luce esterna, comunque, gli occhi di Temperance Brennan avevano cambiato colore tanto da sembrare verde smeraldo. E non si trattava solamente degli occhi... Il suo profilo era cesellato, la pelle di panna. E chissà quanto erano lunghi quei capelli dai riflessi ramati, una volta sciolti...
    Booth era del tutto incantato.
    Peccato che lei si fermò quasi subito e lui dovette concentrarsi sulle informazioni che gli stava dando. Indicava l'angolo di una via traversa poco più avanti, sull'altro lato della strada.
    “La casa del reverendo Burton è la quarta sulla sinistra, in quella via”, diceva, agitando la bianca mano dalle dita affusolate e sottili. “Come potete notare voi stesso, se si cammina di buon passo la si può raggiungere anche in meno di quindici minuti”.
    Osservando il tragitto, Booth annuì. “E la signorina Burley dove è stata ritrovata?”.
    “E' questa la cosa più strana”. L'espressione della signorina Brennan si fece intensa e riflessiva. “L'abbiamo ritrovata molto più avanti, nella direzione opposta al Victorian”.
    “In altre parole...”. Booth avanzò. “... la signorina sarebbe uscita da casa Burton, ma giunta in Cater Street avrebbe svoltato nella direzione sbagliata. Mostratemi il luogo del ritrovamento, per favore”.
    “Di qua”, annuì lei avviandosi con andatura energica. Davanti a loro Cater Street deviava leggermente e i due poliziotti di piantone, circondati da vari curiosi che si aggiravano allungando il collo per rubare qualche dettaglio macabro, furono visibili solo quando ebbero percorso alcuni metri. Nell'anfratto del muro di cinta di un palazzo, il terreno era fangoso e recava ancora i segni dell'avvallamento prodotto dal corpo di Hannah Burley. Il sangue fuoriuscito dalla brutale ferita al collo si allargava sino a macchiare le pietre del marciapiedi. In mezzo vi campeggiava persino l'impronta di una scarpa. Sicuramente non dell'assassino, meditò Booth, e più probabilmente di qualcuno, forse proprio chi stava cercando la povera ragazza, che era passato di lì, nella nebbia fitta e aveva calpestato quel sangue scambiandolo magari per una banale pozzanghera... Sperava che le fotografie che erano state fatte prima di rimuovere il cadavere sarebbero state pronte presto. Era curioso di poter studiare quelle immagini...
    Sollevandosi, si volse e scrutò la strada dietro di sé. Vi erano molti sguardi avidi intorno a lui. Tra la tanta gente indignata per quanto stava succedendo, l'oscura vicenda dello Squartatore aveva acceso i desideri morbosi di molti altri. Il popolino aveva sete di sangue.
    Ma Booth sentiva su di sé solo gli occhi di Temperance Brennan. Colmi di interesse.
    Li incrociò e il cuore gli sfarfallò nel petto.
    “La signorina Burley poteva conoscere qualcuno che abitava da queste parti?”, le chiese. “E' possibile che, lasciata casa Burton, abbia pensato di fare una seconda visita?”.
    “Ne dubito. Ci avrebbe informati e comunque non mi risulta che avesse altre conoscenze, qui, oltre ai Burton”.
    “C'è una seconda spiegazione”, mormorò Booth. “Forse stava scappando”. Fissò la direttrice e vide la comprensione sul suo viso. “Si è resa conto di essere seguita. L'assassino potrebbe aver tentato di afferrarla...”.
    “E il panico l'ha spinta nella direzione sbagliata”, completò lei. La sua compostezza parve cedere. Le guance le si arrossarono, le labbra della piccola bocca rosea si tesero, il suo sguardo si adombrò. E fu un po' come se delle nuvole scendessero a velare un lago di cristallo.
    “Andiamo”, disse all'improvviso Booth, colpito, prendendola con gentilezza per un gomito. “Perdonatemi. Mi stavo quasi scordando che non siete un mio collega, ma un'amica della vittima”.
    “Eravamo amiche, sì...”, si limitò a replicare Temperance Brennan, senza opporsi al suo invito. Si riavviarono verso il Victorian più lentamente, ognuno immerso nei propri pensieri, lanciandosi a vicenda rapidi sguardi in tralice.

    Booth e i suoi due aiutanti pranzarono in un pub, riassumendo quanto appurato sino a quel momento. Wendell Bray riferì che al club del visconte diversi testimoni potevano avvalorare la sua presenza nelle ore in cui Hannah Burley era scomparsa. Non che Booth ne avesse dubitato. Sweets invece elencò quanto saputo al Victorian. Anche in questo caso le testimonianze concordavano tutte e ogni componente del personale dell'istituto era in grado di fornire un alibi credibile agli altri.
    “L'amministratrice, Camille Saroyan, viene dalle Americhe”, raccontò il giovane.
    Masticando un boccone di pane, Booth non commentò. Non era una sorpresa.
    “E' stato Paul Lidner, il dottore, a portarla in Inghilterra”, puntualizzò Lance.
    Ecco. Questa era una sorpresa.
    “Ah, sì?”, domandò lui a bocca piena. “Sono... intimi?”.
    “Oh, è tutto molto corretto, signore. Sono fidanzati. Il matrimonio era fissato fra due settimane, ma Daisy immagina che rimanderanno, a causa di quel che è successo”.
    “Daisy?”, chiese Wendell.
    “Daisy Wick. Una delle cameriere”.
    Lo scoiattolo. Booth annuì. “Continuate, Sweets. La signorina Saroyan ha anche una figlia, giusto?”.
    “Non è veramente figlia sua. In America stava per sposarsi con un vedovo, padre di una ragazzina, ma l'uomo è morto prima delle nozze e la bambina è rimasta con lei. Ora ha circa quindici anni”.
    “I matrimoni di quella povera donna vanno sempre a monte”, bofonchiò Wendell.
    Sweets lo ignorò e proseguì. “L'insegnante d'arte e di matematica si chiama Angela Montenegro. Figlia di un musicista. Il padre l'ha fatta viaggiare con sé per l'Europa per quasi tutta l'infanzia e poi l'ha affidata al Victorian perché avesse una vita più stabile. Alla fine lei ha deciso di rimanervi a insegnare... L'insegnante di storia, filosofia e letteratura inglese è un giovanotto di nome Vincent Nigel-Murray. E' referenziato dal visconte stesso, per capirci. Pare sia un nipote del procuratore legale di lord Hodgins... E come ha sottolineato la signorina Saroyan, al Victorian vive anche l'altra cameriera, oltre a Daisy Wick, ovvero la signora Hollister, con le sue due bambine. Il marito, in precedenza, era uno degli uomini di fatica dell'istituto. Alla sua morte prematura, la vedova è stata accolta al Victorian”.
    “Molto caritatevole”, convenne Booth.
    “Il garzone e aiuto cuoco, Clark Edison, e la cuoca, la signora Julian, vengono dalla Francia, Parigi. Lavoravano precedentemente nella residenza che il visconte possiede laggiù. E i due uomini di fatica si chiamano Ray Buxley e Micah Leggat. Hanno tutti l'aria di essere persone integerrime. Così come la signorina Wick”. La voce di Lance incespicò un poco su quel nome. “Una ragazza assolutamente per bene”.
    “E... la direttrice?”. Booth si sforzò di suonare noncurante.
    “Ah, lei è, se mi permettete, un soggetto di notevole interesse”.
    Poco ma sicuro. Booth era d'accordo. Però preferì non esternarlo. “Come mai?”.
    “Era un'orfana del Victorian. I suoi genitori scomparvero nel nulla quando aveva quindici anni e il fratello maggiore l'abbandonò a sua volta. Il padre era un insegnante e un suo collega, che lavorava al Victorian, un certo Michael Stires, fece in modo che la ragazzina trovasse rifugio all'istituto. Si occupò personalmente della sua educazione, con tale efficacia, che appena qualche anno dopo, lei già insegnava al suo fianco”.
    Gli occhi di Booth si incupirono. Quelli di Wendell si restrinsero. E il tono di Lance si abbassò. “Si vocifera che la signorina Brennan sia stata l'amante del professor Stires, anche se non esistono prove in merito. E Stires se n'è andato prima che lei diventasse direttrice. Si dice anche che sia incredibilmente intelligente. Insegna scienze ai bambini e... scrive!!”.
    Parlando, Sweets si era proteso sul tavolo e Booth si rese conto che lui e Wendell lo avevano imitato. Si fissarono come tre allocchi, poi si rimisero a sedere diritti.
    “Scrive... che cosa, Sweets?”.
    “Storie di delitti! I ragazzi dell'istituto ne vanno pazzi. Lei gliele legge nelle sere d'inverno e Daisy mi ha raccontato che un editore della City si sta interessando ai suoi racconti!”.
    Intrigato, Booth si appoggiò allo schienale della sedia. Che donna strabiliante...
    Con un sospiro, si strinse la radice del naso, per schiarirsi le idee. “Voi due potete tornare in Centrale. Io devo ancora parlare con il reverendo Burton e sua moglie e poi passerò dal dottor Fisher, alla camera mortuaria...”.
    Si alzò, infilando il cappotto e calcandosi in testa il cappello. Il nome e gli occhi di Temperance Brennan a riempirgli la mente.
    Ed era trascorsa appena mezza giornata.


    (CONTINUA!!! - e la prossima volta saprete cosa pensa la direttrice dell'ispettore! ;) )


     
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  3. Ariel75
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    CITAZIONE
    e la prossima volta saprete cosa pensa la direttrice dell'ispettore!

    non vedo l'ora!!!

    Mi spiace per il tuo mal di denti, spero che adesso vada meglio!!!
    La tua scrittura comunque non ne ha risentito visto che il capitolo è bellissimo, molto divertente lo scoiattolo Daisy... adesso ogni volta che la vedrò mi verrà da ridere a pensarla in questa veste!! :lol:
    L'ispettore Booth è già conquistato dalla direttrice... molto molto bene!!!

    Spero che posterai presto il nuovo capitolo per ora ti rinnovo i complimenti e ti auguro un buon weekend!!!
     
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  4. -Saretta-
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    Bellino Booth che si perde negli occhi della direttrice! :wub:
    Comunque sono proprio curiosa di scoprire chi e perchè ha ucciso Hannah.
    Ma, ovviamente, la cosa che mi interessa di più, è capire che impressione ha fatto a Brennan il nostro caro ispettore...
    Complimenti e al prossimo capitolo! ;)

    P.S. Spero che tu stia meglio ora!
     
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  5. donata69
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    la storia è proprio intrigante e mi piace molto, e il mio eroe che già si perde negli occhi della direttrice :wub: :wub: ; sono molto molto curiosa di sapere come andrà avanti :shifty:

    p.s.: lo "scoiattolo", che ridere :lol: :lol: :lol:
     
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  6. dany1971
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    Augurandoti di essere riuscita a superare il mal di denti non posso che augurarmi che posti al più presto le impressioni della direttrice sul nostro beneamato poliziotto: sono proprio curiosa di sapere che cosa ne pensa visto che lui è rimasto già così velocemente stregato da questa donna decisamente inusuale. Hai inserito tantissimi personaggi che bello ritrovarli anche qui. Aspetto con ansia il prossimo capitolo. Brava ancora.
     
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  7. Ciccia-B
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    Davvero notevole Franca, spero che la prossima volta arrivi prestissimo!!!^_^
     
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  8. °*BoothinA*°
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    CITAZIONE
    Ma non riuscì a prestarle troppa attenzione, perché gli straordinari occhi della direttrice catturarono i suoi, aprendogli una specie di buco nel cuore.

    SPOILER (click to view)
    Ha un richiamo preciso alla prossima puntata?!?! :P


    Edited by °*BoothinA*° - 9/5/2011, 14:47
     
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  9. Dreamhunter
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    CITAZIONE (Ariel75 @ 6/5/2011, 22:01)
    CITAZIONE
    e la prossima volta saprete cosa pensa la direttrice dell'ispettore!

    non vedo l'ora!!!

    Mi spiace per il tuo mal di denti, spero che adesso vada meglio!!!
    La tua scrittura comunque non ne ha risentito visto che il capitolo è bellissimo, molto divertente lo scoiattolo Daisy... adesso ogni volta che la vedrò mi verrà da ridere a pensarla in questa veste!! :lol:
    L'ispettore Booth è già conquistato dalla direttrice... molto molto bene!!!

    Spero che posterai presto il nuovo capitolo per ora ti rinnovo i complimenti e ti auguro un buon weekend!!!

    Grazie, carissima. Come nel caso delle altre ff mi scuso per lo hiatus, ma ora eccomi qui a rimettermi in pari anche questa storia!!

    CITAZIONE (-Saretta- @ 7/5/2011, 10:41)
    Bellino Booth che si perde negli occhi della direttrice! :wub:
    Comunque sono proprio curiosa di scoprire chi e perchè ha ucciso Hannah.
    Ma, ovviamente, la cosa che mi interessa di più, è capire che impressione ha fatto a Brennan il nostro caro ispettore...
    Complimenti e al prossimo capitolo! ;)

    P.S. Spero che tu stia meglio ora!

    Grazie anche a te. E adesso scoprirai cosa pensa la direttrice. ^_^

    CITAZIONE (donata69 @ 7/5/2011, 11:33)
    la storia è proprio intrigante e mi piace molto, e il mio eroe che già si perde negli occhi della direttrice :wub: :wub: ; sono molto molto curiosa di sapere come andrà avanti :shifty:

    p.s.: lo "scoiattolo", che ridere :lol: :lol: :lol:

    Grazie, cara!!! ^_^

    CITAZIONE (dany1971 @ 7/5/2011, 15:48)
    Augurandoti di essere riuscita a superare il mal di denti non posso che augurarmi che posti al più presto le impressioni della direttrice sul nostro beneamato poliziotto: sono proprio curiosa di sapere che cosa ne pensa visto che lui è rimasto già così velocemente stregato da questa donna decisamente inusuale. Hai inserito tantissimi personaggi che bello ritrovarli anche qui. Aspetto con ansia il prossimo capitolo. Brava ancora.

    Grazie anche a te!!!! E per il momento prometto che non sono previsti altri hiatus. ;)

    CITAZIONE (Ciccia-B @ 8/5/2011, 15:02)
    Davvero notevole Franca, spero che la prossima volta arrivi prestissimo!!!^_^

    Insomma... E' passato un po', ma eccomi qui. ;)

    CITAZIONE (°*BoothinA*° @ 8/5/2011, 16:31)
    CITAZIONE
    Ma non riuscì a prestarle troppa attenzione, perché gli straordinari occhi della direttrice catturarono i suoi, aprendogli una specie di buco nel cuore.

    Ha un richiamo preciso alla prossima puntata?!?! :P

    No, no, nessun riferimento. ;)


    Ed ecco il nuovo capitolo! Buona lettura!!!

    3.


    Con il mento appoggiato ad una mano, Temperance Brennan scrutava il mondo al di là di una delle grandi finestre della sala mensa del Victorian. Intorno a lei gli orfani dell'istituto andavano a sedersi per il pranzo, chiacchierando allegri, ma non li sentiva, né vedeva il cielo plumbeo oltre il vetro. La sua mente era del tutto concentrata sull'uomo conosciuto quella mattina.
    L'ispettore della Polizia Metropolitana. Seeley Booth.
    Alto, bruno, con abiti semplici ma ben tenuti. Poco più che trentenne, probabilmente. Di lui l'avevano colpita immediatamente l'ampiezza delle spalle e la simmetria del volto, il profilo virile della mascella. Gli occhi, soprattutto. Scuri ed espressivi.
    E il modo in cui l'aveva trattata... C'era stato un istante, mentre erano entrambi intenti ad osservare il luogo del delitto, in cui lui si era rivolto a lei come a una sua pari. Non le capitava spesso, non al di fuori dell'ambiente ormai consolidato del Victorian.
    Così la scintilla che era passata tra loro l'aveva sorpresa ed intrigata. La scintilla di due menti che lavoravano fianco a fianco, diverse eppure in sintonia.
    Affascinante.
    “Voi! Tutti quanti. Riprendetevi!”, tuonò una voce alle sue spalle, facendola sobbalzare. Si girò e colse la signora Julian, la cuoca, nell'atto di strapazzare i suoi colleghi, riuniti poco lontano in un gruppetto mesto e luttuoso. La donna di colore, con i pugni sui fianchi ampi e la cuffietta un poco di traverso, li fissava arcigna. “Almeno per i bambini”, ingiunse abbassando il tono. “Che penseranno se vi occuperete di loro con quelle facce? E' accaduta una terribile disgrazia, ma i bambini vanno protetti e rassicurati”.
    Temperance incurvò le labbra in un lieve sorriso. Il visconte Hodgins le aveva confidato, una volta, di aver ceduto ben volentieri la signora Julian al Victorian, perché poteva essere più ferrea di un generale della cavalleria. E lei non stentava a crederlo.
    Gli altri insegnanti e il dottor Lidner si alzarono mugugnando e annuendo e il professor Nigel-Murray iniziò un dettagliato resoconto delle tradizioni funerarie delle antiche popolazioni dell'area mediterranea, subito zittito da un'occhiataccia della signorina Saroyan. Angela Montenegro, l'insegnante di matematica e d'arte, si staccò dagli altri per andare incontro a Temperance. La camicetta bianca e la lunga gonna sottolineavano la sua figura sottile e aggraziata e i riccioli scuri, raccolti sulla nuca, le incorniciavano il bel viso dall'espressione vivace ed espansiva. Quando le fu vicina, la ragazza le prese una mano, stringendola fuggevolmente. Erano amiche e si volevano bene come sorelle.
    “Stai bene, mia cara?”.
    “Sì, Angela. Sto bene”.
    “Non ti ha turbata dover tornare con quell'ispettore sul luogo del delitto?”.
    “No... Mi sono offerta io. E comunque la scena era del tutto innocua rispetto alla notte scorsa. Solo erba, pietre e sangue”.
    Angela deglutì. “Un insieme che sarebbe bastato a turbare me, quantomeno. Che fine orribile, povera Hannah... Ancora non mi capacito che sia morta”.
    “Con quella ferita alla gola la morte era inevitabile”, commentò Temperance.
    Le guance di Angela impallidirono. “Intendevo in senso astratto, cara. Non mi ricordare dettagli cruenti, per favore. Quelli mi piacciono solo nelle tue storie, perché non sono riferiti a persone reali”.
    “In effetti, forse il mio prossimo racconto potrebbe contenere elementi basati sulla realtà”, disse lei. Intanto sfilavano a braccetto fra i tavoli, controllando che tutti i bambini mangiassero in buon ordine. Angela le si strinse al braccio, bisbigliando.
    “Non vorrai ispirarti all'assassinio di Hannah, mi auguro!”.
    “Ovviamente no. Stavo pensando all'ispettore...”.
    “L'ispettore? In verità non l'ho visto. Ho parlato solo con l'agente Sweets...”.
    “E' una figura interessante...”, mormorò Temperance quasi tra sé.
    Sedendo ad un angolo del lungo tavolo a cui pranzavano gli insegnanti, Angela sbatté le ciglia, accendendosi di curiosità. “Interessante? Quanto interessante, esattamente? E' giovane? Di bell'aspetto?”.
    Parlava troppo piano per essere udita dagli altri, eppure qualche sguardo perplesso le raggiunse. Temperance si piegò verso di lei. “E' giovane, sì. E di bell'aspetto. Ma mi stavo riferendo ad un interesse puramente letterario. Finora mi sono dedicata a racconti di delitti di stampo meramente gotico, ma da tempo sono attratta dall'idea di cimentarmi in una storia più attuale e l'ispettore Booth sarebbe un ottimo modello per il protagonista maschile, non avendo mai io incontrato finora un autentico funzionario di polizia come lui. Darebbe alla vicenda un tocco di veridicità”.
    Angela la guardava annuendo. “Ti credo, cara. Anche se sono rimasta ferma al giovane e di bell'aspetto”.
    La fronte di Temperance si aggrottò. “Ti esprimi come se non ti fosse mai capitato di vedere un uomo con tali qualità. Presumo che a Londra ve ne siano a bizzeffe”.
    “Sicuro, cara. Ma di norma non passano di qui...”.
    “Appena l'altra sera, avevi notato il notevole aspetto di lord Hodgins...”.
    Impegnata a sorseggiare un poco d'acqua da un bicchiere, Angela si mise a tossire, arrossendo fino alla radice dei capelli. “Brennan!”, protestò, paonazza. La chiamava sempre per cognome quando era contrariata. Anche se in questo specifico caso, Temperance non comprendeva quale fosse il motivo che la contrariava.
    “Cosa ho mai detto? Hai mutato opinione?”.
    “Cara, no, non l'ho mutata”, sospirò Angela. “Ma sai bene che nei confronti del visconte non dovrei neppure averne una”. Arrossì ulteriormente, poi si raddrizzò, con un bel sorriso. “Comunque... domani hai l'appuntamento con l'editore, vero?”.
    Questa volta la sua frase fu captata distintamente dal resto dei commensali e la signorina Saroyan sorrise. “Oh, ecco un bell'argomento di conversazione!!”, esclamò. “Ce ne stavamo quasi scordando!”.
    Anche il dottor Lidner parve rianimarsi e riacquistare serenità. “Desiderate che vi accompagni, signorina Brennan?”.
    “Non ve n'è alcun bisogno, grazie, dottore. Prenderò l'omnibus”.
    “Ma...”.
    Camille Saroyan scambiò uno sguardo con Temperance, poi poggiò una mano sul braccio del fidanzato. “Non correrà alcun pericolo, mio caro. Sarà giorno pieno”.
    Il medico cedette, ancora pallido, e il professor Nigel-Murray ne approfittò per riferire qualcosa circa la storia degli omnibus che Temperance non ascoltò. Aveva talmente tanto su cui riflettere. E in cima ai suoi pensieri c'erano due nomi.
    Quelli di Hannah Burley e di Seeley Booth.

    La casa del reverendo Burton era linda e anonima. Un poco come sua moglie, una donna di mezza età, con un volto paffuto e indifferente, messo in risalto dai capelli castani tirati indietro in una severissima acconciatura, che faceva il paio con un accollato e triste abito grigio. Doveva essere stata bella, in passato, ma sembrava che i colori fossero stati risucchiati via dalla sua persona, lasciando un involucro sbiadito e silente.
    Guardando il reverendo, Booth pensò che non c'era da stupirsi. Assomigliava più a un becchino che a un prete, in verità. Era alto, segaligno e arcigno come uno spettro dei racconti di Natale che suo nonno era sempre solito raccontare la notte della Vigilia, accanto al fuoco.
    La prima volta che aveva aperto bocca, l'ispettore si era quasi aspettato che ne uscisse una voce cavernosa dagli echi funerei. Invece, sorprendentemente, l'uomo aveva una vocetta sottile come le sue lunghe membra, cigolante come una porticina non oliata.
    Ascoltarlo dal pulpito doveva essere quantomeno inquietante...
    Riscuotendosi da quelle considerazioni ben poco professionali, Booth cercò di prestare tutta la sua attenzione alla conversazione nel salottino che odorava di legno polveroso.
    “Quindi, la signorina Burley si è trattenuta qui solo un quarto d'ora?”.
    “All'incirca, sì”, rispose il reverendo, in piedi accanto alla poltrona su cui sedeva compita la moglie. “Ci portò alcuni opuscoli di quel suo strampalato progetto e le offrimmo anche del tè, ma lo rifiutò perché attesa per cena al Victorian Institute”.
    “Il suo strampalato progetto? Intendete quello delle Donne Spaiate?”.
    “Ovviamente”, affermò Burton, serio come una pietra tombale.
    In una delle guance della signora Burton guizzò un piccolo muscolo e i suoi occhi dardeggiarono simili ad animaletti in fuga.
    “Non gradivate le visite della signorina Burley, reverendo? Per via della sua mentalità emancipata?”, chiese lui, interessato alle loro reazioni.
    La signora Burton accennò a una risposta, ma il marito la prevenne. “Ispettore, la pregherei di evitare illazioni gratuite. In questa casa, la cortesia della carità cristiana non si nega a nessuno. Indubbiamente trovò discutibili alcuni atteggiamenti delle insegnanti e della direttrice del Victorian, ma fanno del gran bene a quei poveri bambini, per cui sono indulgente. La signorina Burley poteva avere idee sciocche, ma era un'anima buona. Purtroppo proprio le sue sciocchezze l'hanno condotta alla sua triste fine e pregherò per lei”.
    Gli occhi di Booth si restrinsero. “Mi state dicendo che secondo voi la signorina Burley è colpevole del proprio destino?”.
    “Una donna non dovrebbe aggirarsi da sola per le strade, al crepuscolo. Se lo fa, è a suo rischio e pericolo”, asserì Burton con tono definitivo. “Ora, se vuole scusarmi, mi attendono delle lettere importanti nel mio studio e anche mia moglie deve dedicarsi alle proprie incombenze. Credo che non ci sia altro che noi si possa aggiungere su questa tragedia”.
    “La ringrazio comunque, reverendo”, replicò Booth. Non avrebbe avuto senso insistere. Tanto più che poteva sempre ritornare, se fosse servito all'indagine.
    La signora Burton scattò in piedi, ad una sorta di silenzioso comando, e lo condusse a capo chino sino all'ingresso. Alle loro spalle, la porta dello studio si richiuse e allora la donna parve riprendere a respirare.
    “Mio marito non può sopportare le signorine del Victorian, ispettore”, confidò in un sussurro. “Ma la direttrice gli consente di dire messa ai bambini ogni domenica e quindi si astiene dal criticare troppo apertamente”.
    Cauto, Booth indietreggiò sino in strada, tenendo lo sguardo in quello spaurito della signora Burton. “E non sopportava neppure la signorina Burley?”.
    “Forse più di tutte le altre. In realtà la poverina avrebbe voluto fermarsi per il tè, ma è andata via quando è comparso lui, perché sapeva di essergli in antipatia e che le avrebbe imposto l'ennesima predica”. La donna strinse la maniglia del portone d'ingresso. “E' l'unica colpa di mio marito, ispettore. L'ha mandata via”.
    Poi richiuse l'uscio, impedendogli di porre altre domande.
    D'accordo... Booth sospirò, osservando la via laterale, tranquilla e appena soleggiata.
    E così il cupo reverendo aveva scacciato la signorina Burley.
    Inviandola tra le braccia del suo assassino...

    Hannah Burley, ora, era un corpo nudo e gelido sotto un grande lenzuolo. Il dottor Fisher gravava sulla sua sagoma coperta con l'austerità di un corvo della Torre di Londra.
    “La causa della dipartita è stata senza dubbio la ferita al collo, causata appunto da un affilato filo di ferro, che strangolando la gola è penetratp nella carne, recidendo i muscoli sino all'osso, mentre la povera creatura cercava disperatamente di fermare il violento attacco del suo turpe aggressore, abbrancando con le fragili dita frementi l'arma che le stava strappando così orribilmente l'esistenza e...”.
    L'appassionata descrizione del medico fu interrotta da un colpo di tosse di Booth.
    “In sintesi ha provato a difendersi”.
    “In sintesi...”, ribatté Fisher compunto, sollevando una mano della ragazza, in cui spiccavano diversi tagli sulle dita. “Invero, non vi è nulla di più sintetico della Morte, sapete”. Emise un vago gemito. “La Grande Sintesi...”.
    “Già...”. Booth non gli badò e si chinò ad esaminare la mano. La pelle si stava illividendo, rendendo scuri i bordi dei tagli sui polpastrelli. Ma stavano anche affiorando, violacei, vari lividi. Si accorse che la superficie del palmo era sbucciata. “Qui non ci sono solo danni dovuti al filo di ferro...”.
    “Oh, sì, è vero. Apparentemente la poverina è caduta, in avanti, sulle mani e le ginocchia”. Fisher si spostò dall'altro lato del tavolo e sollevò il lenzuolo sino a scoprire le gambe di Hannah: le ginocchia apparvero arrossate. “Le gonne le hanno protette dalle escoriazioni, però non hanno attutito l'urto. In quel punto il tessuto degli abiti era sporco di terriccio e polvere. La mano invece si è escoriata perché il guanto indossato dalla vittima si è strappato”.
    Booth alzò la testa, fissandolo. “Come mai parli di un solo guanto?”.
    “Perché ne aveva uno solo, ispettore. L'altra mano è del tutto spellata, come potete vedere”. Il medico gli mostrò l'altra mano, in cui la pelle si era lacerata sino alla carne viva. “Debbo presumere che non indossasse il secondo guanto, poiché se si fosse semplicemente strappato, i danni sarebbero stati gli stessi su entrambe le mani”.
    “Brillante, dottore, brillante”, annuì Booth, scrutando il cadavere. “Dunque si rafforza la mia ipotesi. Se la signorina Burley è caduta, significa che è possibile che stesse fuggendo dal suo assassino. E il particolare del guanto non indossato ci suggerisce che forse egli la stava aspettando proprio all'esterno dell'ultimo luogo in cui è stata”.
    “Ah, sì?”, replicò Fisher inarcando un sopracciglio.
    “Si stava ancora infilando i guanti, per cui doveva essere appena uscita dalla casa del reverendo Burton...”.
    Booth non faticò ad immaginare Hannah, nella stradina già immersa nella nebbia crepuscolare, che metteva un guanto iniziando a camminare, probabilmente irritata per quanto accaduto con Burton. Poi dei passi. Una mano che tentava di afferrarla. Lei che gridava, senza che nessuno la aiutasse, o forse si ammutoliva nello sforzo di sottrarsi all'aggressione. Non poteva ritornare verso la casa dei Burton, poiché il bruto si trovava tra lei e la porta, così si metteva a correre. Ma egli era più veloce e arrivava a sbarrarle il passo verso il Victorian, per cui Hannah si lanciava nella direzione opposta. Correva e correva sino a che, giunta in prossimità del luogo in cui era stata ritrovata in seguito, era caduta bocconi e l'assassino le si era avventato addosso, uccidendola...
    Possibile davvero che le sue grida non fossero state udite? O la paura le aveva tolto il fiato?
    Il giorno dopo avrebbe inviato Bray e Sweets a chiedere informazioni casa per casa... Oggi però c'era ancora qualcosa che poteva fare. Cercare il guanto mancante.
    Poteva essere laggiù, da qualche parte tra Cater Street e la via in cui abitavano i Burton.
    Se lo trovava, avrebbe stabilito dove era cominciato l'inseguimento.

    Niente.
    Aveva battuto e ribattuto, avanti e indietro, tutto il percorso, ma del guanto nessuna traccia. Probabilmente qualcuno lo aveva raccolto. Bray e Sweets avrebbero dovuto porre domande anche su quel particolare. Booth sbuffò e si tolse il cappello, massaggiandosi la nuca. Era quasi il tramonto.
    Quasi l'ora in cui Hannah Burley era morta. La nebbia stava scendendo come la sera precedente... E lui era stanco. Gli sembrava che quel giorno fosse infinito, specie dopo una notte al tavolo da gioco. Gliene occorreva assolutamente una di totale riposo, se l'indomani voleva indagare con profitto.
    Camminò piano fino all'imbocco con Cater Street e fu in quel momento che udì i passi veloci di qualcuno, scorgendo una figura che spuntava dalla bruma.
    Con... la gonna.
    Aguzzò la vista. E sbarrò gli occhi.
    Per tutti i diavoli, l'avrebbe riconosciuta fra mille! Quella era la signorina Brennan!!
    Ma, santa miseria, cosa ci faceva fuori tutta sola?
    “Direttrice!”, esclamò correndo da lei. La giovane donna sobbalzò, rilassandosi subito dopo poiché lo aveva riconosciuto a sua volta.
    “Oh, ispettore Booth. Buona sera. Siete di nuovo da queste parti per l'indagine? Novità?”.
    Pareva serena e pacifica.
    Lui serrò le labbra, sbalordito. “Signorina... perché diamine siete uscita da sola?”.
    “Avevo da sbrigare una commissione urgente”, rispose lei con pacatezza. Ma un sopracciglio le si era inarcato denotando un principio di fastidio.
    “Vi avevo esplicitamente ingiunto di non uscire mai sola a quest'ora”.
    “Non sono uscita a quest'ora, infatti. Stavo rientrando. E comunque al Victorian nessuno degli uomini poteva accompagnarmi”.
    Booth incrociò le braccia. “Non potevano o non sono stati informati?”.
    Stentava a credere che l'apprensivo dottor Lidner avesse davvero consentito alla direttrice di uscire priva di protezione. Lei si mantenne imperturbabile.
    “Era una commissione urgente. E so badare a me stessa”.
    “Presumo che la vostra amica Hannah la pensasse alla stessa maniera...”, bofonchiò Booth. “Venite, vi scorterò al Victorian”.
    “Se proprio non potete farne a meno”, commentò lei.
    “Non posso, infatti”, ringhiò lui.
    Si avviarono fianco a fianco, immusoniti.
    “In tutta razionalità, ispettore, quante probabilità esistono che un pazzo uccida la sera immediatamente successiva a quella in cui ha già commesso un assassinio?”, lo incalzò Temperance dopo un po'.
    “Quante probabilità?”. Booth sogghignò. “Se poniamo di riferirci ad un pazzo, direttrice, credo che le probabilità non siano in discussione, dato che dubito che un pazzo agisca in base ad esse. Inoltre... pensate allo Squartatore, che è un pazzo certamente. L'ultima volta ha ucciso due donne in un'unica notte. Quindi... se proprio volete coinvolgere le probabilità, ebbene sì. Desumo che siano piuttosto alte”.
    La vide distorcere la bocca in una smorfia di disappunto.
    “Debbo ammettere che il vostro ragionamento è sensato”, gli concesse riluttante.
    “Dunque mi promettete di non uscire più sola?”, le domandò lui, gentile.
    Lei lo sbirciò, con quei suoi meravigliosi occhi che nel crepuscolo nebbioso parevano trasparenti e intrisi d'oro. “Di sera? Va bene... Lo prometto”.
    “Grazie, io...”.
    “Solo se anche voi mi farete una promessa”.
    Ci mancò poco che Booth si inciampasse nei propri piedi. Non si era aspettato quella proposta. Rallentarono, ormai in prossimità del Victorian.
    “Una mia promessa? E quale promessa volete da me?”. Deglutì un groppo di emozione veramente sconveniente. “Che catturi l'assassino della signorina Burley? Se è questo, non occorre che mi chiediate di promettervelo. Io sono seriamente intenzionato a farlo. E' il mio lavoro”.
    “No. Non è questo. Sebbene, certo, auspico che voi catturerete chi ha ucciso Hannah”. La direttrice lo fissava con aperta sfida. “Voglio che mi promettiate di tenermi al corrente sugli sviluppi delle vostre indagini”.
    “Le mie indagini?”, ripeté Booth allibito.
    “Esatto. Io vi prometto di non uscire più sola di sera, ma voi dovete darmi la vostra parola che passerete ad aggiornarmi sui vostri progressi, consentendomi di esservi eventualmente d'aiuto”.
    Erano giunti davanti ai gradini del Victorian.
    “E... come pensereste di potermi essere d'aiuto?”.
    Temperance gli rivolse un'occhiata intensa. “Sono estremamente intelligente, ispettore Booth. Voi non avete mai conosciuto una donna intelligente quanto me”.
    O altrettanto bella, meditò lui. O sorprendente. E un tantino irritante.
    Bene, dopotutto, se significava tenerla al sicuro la sera, poteva anche sottostare al patto. In fondo avrebbe anche potuto rivelarsi insolitamente piacevole...
    “Eviterete di parlarne con altri?”.
    “Sì. Resterà tutto fra noi due”, lo assicurò lei.
    “E sia. Ve lo prometto. E vi darò la buonanotte con quel che ho scoperto quest'oggi: la signorina Burley è stata presumibilmente aggredita appena uscita da casa Burton. Stava infilando i guanti e ne ha perso uno, che non si trova da nessuna parte. Poi è fuggita e l'assassino l'ha raggiunta perché è caduta... Mi auguro che la vostra intelligenza sia in grado di illuminare questo scenario”.
    “Lo saprete domani, quando verrete qui per il vostro aggiornamento quotidiano”, ribatté Temperance. E questo lo spinse a sorriderle.
    ”A domani, dunque. E buonanotte, signorina Brennan”.
    Con il cappello in mano, Booth attese che una delle inservienti dell'istituto aprisse il portone a Temperance, quindi le sorrise di nuovo.
    Entrando nell'atrio del Victorian, lei si disse che quel giovane ispettore aveva un sorriso decisamente attraente.

    (CONTINUA!!!!!) :ibones:

    Edited by Dreamhunter - 2/6/2011, 17:12
     
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  10. donata69
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    Che bella questa storia! come sempre sei ineguagliabile a mescolare ilarità e sentimenti, ho trovato questo capitolo in certi punti davvero divertente, e in altri mi ha colto un pizzico di emozione che adesso mi fa attendere con ansia il prossimo. Brava Franca, a presto.
     
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  11. -Saretta-
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    Wow, noto con piacere che la direttrice è rimasta molto colpita dal nostro ispettore... Mooolto bene! ;)
    Brava Franca! Questa storia mi prende moltissimo!
    Al prossimo capitolo!
     
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  12. Ales2004
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    Lo so che dire che é bella é banale e ripetitivo.. ma .. mi piace molto questa storia.
    Ottimo anche lo spunto per farli frequentare.. eheheh
     
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  13. dany1971
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    Decisamente intelligente la nostra direttrice, con una piccola promessa è riuscira: uno ad assicurarsi che l'ispettore non la tagli fuori dalle indagini e due, e non credo che sia una cosa secondaria, si è aggiudicata la visita quotidiana del sopracitato ispettore. Decisamente la sua curva d'apprendimento vola in alto in maniera molto veloce! Brava Franca, continua così.
     
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  14. Ariel75
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    CITAZIONE
    Entrando nell'atrio del Victorian, lei si disse che quel giovane ispettore aveva un sorriso decisamente attraente.

    Si si certo... solo il sorriso è attraente.... si come no....

    Complimenti Franca, ennesimo capitolo stupendo, divertente e coinvolgente,
    e c'è anche Caroline, il mio mito!!!
     
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  15. Ciccia-B
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    Mitica Franca e brava Brennan che così vedrà Booth tutti i giorni!!!^^
     
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122 replies since 25/4/2011, 19:47   4568 views
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