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Ehilà, quanti bei commenti, intensi, partecipati. Un ben tornate di cuore a coloro che sono state assenti per un po’. Premesso ciò, essendo saltato l’appuntamento che avevo causa manifestazioni e conseguente blocco stradale a Roma, “rubo” questo momento al mio lavoro attuale, per scrivere qualcosa riguardo alla questione Bones/sì, Bones/no. Com’è facilmente intuibile sono per Bones/sì, pur nella consapevolezza degli errori, delle contraddizioni, dei salti logici che si sono mano a mano accumulati in otto stagioni. Nonostante tutte le sue imperfezioni, come già scritto da me in un’occasione precedente, Bones continua a parlare al mio cuore, a suscitare in me emozioni, sentimenti e riflessioni, considerazioni sull’umana vita di relazione con i suoi alti e bassi, con le sue contraddizioni e i suoi tradimenti, che mi fanno rimuginare e qualche volta intervenire sul forum. Perché questa mia continuità? Perché, nonostante tutto, Bones è fedele al suo background originario, ossia, ad una concezione della vita positiva, piena di speranza e di possibilità, degna di nota in un momento storico in cui sembrano prevalere negativismo e pessimismo. È l’aver individuato questo approccio che anni fa mi ha convinto a continuare a guardare Bones, perché in caso contrario, nonostante la presenza di David, forse l’avrei abbandonato, come ho abbandonato e abbandono moltissime series. Sono cresciuta a pane e telefilm, ho il vanto d’aver seguito, come ho scoperto dal Dizionario dei telefim, il primo di essi trasmesso dalla Rai in Italia e per la precisazione, titolo in italiano, “Mio padre, il signor preside”. Lo trasmettevano il pomeriggio alla TV dei ragazzi e io me lo “bevevo” letteralmente, affascinata da quel mondo così diverso dal mio. “O tempora, o mores!”, beata ingenuità! Trovo il taglio dato da Hanson e Nathan perfettamente coerente con le premesse della series e mi piace vedere Brennan e Booth nell’intimità della loro vita privata, nella semplicità dei gesti di tutti i giorni, di come questo loro grandissimo amore sappia trasfondersi nella banalità del quotidiano. Stanno costruendo il loro lessico familiare, le piccole abitudini, i piccoli gesti, le cose dette e ridette, l’accettazione reciproca dei difetti e dei modi d’essere. Il gatto e la volpe ci stanno raccontando la vita di una donna e di un uomo, finalmente approdati a un po’ di pace e di tranquillità. Certo, hanno ancora da camminare, hanno ancora da dirsi e confessarsi tanto, in questa fase Brennan si sta aprendo più di Booth? Sì, è così, ma questo è nella dinamica esistenziale sempre e di tutti, c’è sempre quello che è più avanti dell’altro. Verrà anche il momento per Booth, ne sono sicura. Brennan e Booth non si nutrono di eccezionalità, non ne hanno più bisogno, forse per questo è stato glissato completamente il problema FBI rispetto al loro rapporto (non a caso enfatizzato da qualcun altro). Sono una famiglia con figlia e con Parker, quando è presente. Questa è stata la scelta di Hanson e Nathan, che sono gli autori e, essendo autori, hanno la totale e completa libertà di fare le loro scelte. Sta a ciascuno di noi approvarle o disapprovarle in altrettanta piena libertà, continuando a seguire la series oppure no. Quanto durerà tutto questo? Lo sappiamo benissimo, nubi temporalesche si addenseranno sulla loro vita, un certo Pelant è ancora in circolazione. Potranno nascere incomprensioni, il loro rapporto sarà sottoposto di nuovo a tensioni e a prove. Ma “c’est la vie”, come diceva il francese che veniva portato alla ghigliottina e se lo diceva lui … E poi, in caso contrario, come diamine faranno a scrivere una nona stagione, se la Fox riconfermerà la series?
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