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Premessa: Il mio post è dedicato a due piccolissimi dettagli (le reazioni di Jack e di Cam all’apprendere il nome completo della pupa, Christine-Angela), i quali nel contesto generale del bellissimo episodio sembrano essere del tutto marginali. Ma l’aver colto l’importanza della loro “esistenza” e averli volute rappresentare mi conferma nel mio giudizio su Bones: l’essere un grande affresco dei sentimenti umani, il quale, pennellata dopo pennellata, viene arricchito, modulato, approfondito stagione dopo stagione. È, in fondo, questo uno degli aspetti che mi fanno amare questa series e me la fanno ritenere insuperabile rispetto a molte altre, ben più “perfette” dal punto di vista formale. La cifra di Bones è la sua adesione alla realtà della vita vissuta, i sentimenti e le emozioni che provano i personaggi nelle loro vicende, sono i nostri, ci possiamo identificare in essi e mediante la loro rappresentazione ci aiutano a volte a riconoscerli e ci sostengono nel nostro sforzo continuo di crescere e migliorarci.
Bene, quando lunedì notte, precisamente, alle cinque, dopo essermi avvalsa delle preziose indicazioni di Lidy (che ringrazio dal profondo del cuore) e dopo aver compiuto una grande scorrettezza, ossia, aver mandato avanti il cursore e essere andata direttamente alla parte finale, nella profonda commozione che mi ha coinvolta, mi è venuto spontaneo esclamare tra me e me: “li possino acciaccalli, sti du’ puzzoni” (modo di dire tipicamente romanesco), è proprio così, le conoscono veramente bene le dinamiche del cuore umano e le sanno descrivere e rappresentare - quando ingranano alla grande -, in maniera a dir poco superlativa. Eppure non mi dovrei stupire, non per niente ormai molto tempo fa ho definito Bones come una tavolozza dei sentimenti umani, declinati in tutte le loro sfumature e possibilità in una ricchezza tale che dal “magistrale” si può arrivare alla “perfezione”, coinvolgendoci, facendoci sentire parte dell’umana avventura, come ci è stata dispiegata in questi lunghi anni, riportando a unità tutti i fili sparsi, episodio dopo episodio, arrivando alla conclusione e, al tempo stesso rilanciando verso nuovi traguardi, nuove prospettive. L’impossibile si è realizzato finalmente, solitudini confliggenti fra di loro si sono mano a mano integrate, hanno saputo, anche se con tanta fatica, accettarsi, sono diventate progressivamente amiche al punto da rischiare, se necessario, la loro stessa vita per il bene dell’altro, si sono innamorate, hanno formato delle coppie, da questa loro unione sono nati dei bambini, per ora, due, Micheal e Christine (senza dimenticare Michelle), testimoni della fecondità che ormai caratterizza i loro rapporti. Perché la vita chiama altra vita, la postula, la pretende, nello sforzo continuo e incessante di confermarsi e di rilanciarsi. È ovvio, come esistono diversi tipi di famiglia, esistono differenti tipi di fecondità e il microcosmo del Jeffersonian lo sta ampiamente a dimostrare con le sue gioie e con i suoi dolori, che coinvolgono tutti, tutti insieme. Nella specificità dei caratteri e delle personalità, nel reciproco accettarsi ormai la cifra che li caratterizza è la coralità, che, però, non significa omologazione, tutto il contrario, perché i due “puzzoni” sono ben attenti a farci cogliere l’infinita varietà e modalità dei sentimenti e delle emozioni con una cura dei dettagli che suscita in me una grande ammirazione nei loro confronti. Alla conclusione dell’episodio, siamo informati che il nome della pupa è Christine, ma Brennan specifica: “Christine-Angela”. La macchina da presa coglie lo stupore e l’emozione di Angela, ma non si ferma qui, perché con lei è inquadrato Jack, il quale si rivolge alla moglie con un’espressione di tenero orgoglio. Jack è felice per lei, la sua amica ha pensato a lei, si è ricordata di Angela, e ha voluto sancire il legame profondo che le unisce. Subito dopo, però, viene inquadrata Cam e cambia tutto, per un lasso di tempo brevissimo, forse il battito di un ciglio, noi vediamo dipingersi sul volto di Cam il rammarico e il dispiacere: “a me non ha pensato, ha preferito Angela, si poteva ricordare anche di me, che le costava darle anche il mio nome!”. Cam è prontissima a ricomporsi, sa la profonda ingiustizia della sua risonanza. Di cosa? Di rammarico? No, piuttosto di gelosia, di questo sentimento basilare, che cerchiamo di esorcizzare in continuazione sotto tonnellate di buoni propositi morali, ma che inaspettatamente riesce sempre a coglierci di sorpresa e a artigliarci il cuore, a farlo sanguinare. A questo punto, nonostante il sonno, un sorrisone si è stampato sul mio viso. Eccoli qui, ancora una volta a dimostrare tutta la loro attenzione al cuore umano, a ciò che prova, a ciò che sente nel bene e nel male, nel giusto e nell’ingiusto e sono andata a dormire veramente felice e soddisfatta, ripetendo “è così, è così!”. In quella scena bellissima, nell’accoglienza di questa bellissima pupona, in cui il neopapà trova il modo di manifestare immantinente la sua iperprotettività (anche questo è un dettaglio non da poco, che Booth si sia procurato immediatamente i flaconi dell’igienizzante) è un niente, ma illumina tutta la scena. Perché conferma la cura e l’attenzione, la vera e propria delicatezza dei particolari, delle piccole sfumature che, ripeto fino alla noia, sono la cifra di Bones e lo fanno grande. Potrei farvi un elenco lunghissimo, ma, domani è Pasqua, e pertanto sono buona, mi permetto solo di ricordarvi a conferma di quanto scritto, la scena finale di 4x25, quanto la lettiga di Booth sta per entrare in camera operatoria e lui tende la mano verso Brennan: ha bisogno di lei, della sua vicinanza, del suo conforto e …. “tutto il resto è silenzio”. È un nulla, ma, al tempo stesso, è tutto.
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