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III
Teresa in un’altra sezione del Forum, rispondendo a Annina, ha osservato che Bones, quando “ha a che fare con situazioni particolarmente emotive dà il meglio di sé”. Ho trovato quest’analisi così giusta, che mi sono permessa di citarla come epigrafe a quest’ultima parte del mio commento, perché l’itinerario del professor Watters, la sua discesa agli inferi e la sua risalita, è un percorso bellissimo sia dal punto di vista emozionale, che razionale, con le sue implicazioni sul senso della vita e del suo intreccio con la scienza. Di come questa possa o non possa rispondere agli interrogativi e ai quesiti che la vita continuamente propone e rilancia, di come essa debba sempre essere al servizio della vita stessa e non viceversa. Tutto questo e ben altro è implicato nell’incontro tra Watters e Brennan, cui sia Richard Schiff che Emily con la loro recitazione hanno saputo dare un’intensità degna d’ammirazione. Il professor Watters è sicuramente un uomo mite, immerso nel suo mondo di formule, completamente dedito alla ricerca, chiuso nel suo bozzolo d’altissima intellettualità, che non sembra sfiorato dalle preoccupazioni del tran tran quotidiano. Sicuramente, prima la moglie e poi la figlia l’hanno custodito e curato, protetto e lui si è progressivamente affidato senza preoccuparsi, senza apparentemente farsi sfiorare dalle mille faccende e dalle mille complicazioni della vita di tutti i giorni. Il professore è un uomo egoista? Certamente, ma questo non significa che non ami la sua famiglia, sono l’ama a modo suo, perché il primo posto per lui è la scienza, che assorbe tutta la sua attenzione e tutte le sue energie. Questo mondo così tranquillo e così rassicurante un bel giorno, all’improvviso, crolla, esplode, il principio di realtà con tutta la sua crudeltà e ferocia irrompe e distrugge tutto. La reazione del professore è tipica di una persona annichilita, scioccata, sbalordita al punto tale da non riuscire quasi a parlare, a connettere, a pensare, a riconoscere con se stesso che la figlia è morta. È talmente bloccato da suscitare scandalo e ira in Booth, mentre Brennan “intuisce”, sente nascere dentro di sé empatia e comprensione, al punto d’aiutarlo nella sala degli interrogatori. Brennan inizia a preoccuparsi, coglie ciò che si agita nel suo cuore e va da lui, trovando conferma ai suoi sospetti. Una volta che i sentimenti e le emozioni hanno avuto modo d’esprimersi, il professore è stato travolto da un senso di colpa immenso, totalizzante e paralizzante: è stato un padre pessimo, che si è approfittato della figlia, non ha provveduto a lei non sul piano materiale, ma su quello spirituale, sul suo bisogno d’amore e d’affetto e la responsabile di tutto ciò è la scienza. Devono pagare ambedue, il professore e la scienza. Ecco la lavagna vuota, tutto è stato cancellato: la lavagna vuota è il simbolo della vita stessa del professore, non c’è più niente, la moglie e la figlia sono morte, la solitudine esistenziale è terribile, insopportabile, il suo fallimento è completo. Il suicidio sembra essere l’unica strada, l’unica soluzione a disposizione del professore. Ecco allora Brennan intervenire e il suo discorso è esortativo, quasi da retore antico, è duro, spiazzante (non c’è nulla di mellifluo), è un vero e proprio richiamo all’ordine, alla responsabilità, al dovere di una missione da compiere, fino al punto da evocare il valore etico del lavoro. È, al tempo stesso, un discorso intriso di profondissima umanità, che ci fa gustare di come Brennan sia cresciuta e maturata in questi anni. La difesa della scienza, che è poi la difesa dell’ anima del professore non è sviluppata negando o relativizzando quanto sta vivendo e provando, tutto il contrario, ma facendo cogliere a Watters che “amare” la figlia comporta continuare a vivere in tutti i sensi, non abbandonare la sua razionalità, il suo lavoro, e così difenderla, consentendo alle autorità di trovare il vero colpevole e assicurarlo alla giustizia. Il che avviene, ma Brennan non è contenta, è ancora preoccupata e torna da lui e qui abbiamo uno sviluppo veramente bello. La lavagna è piena, formule su formule la riempiono, il professore è tutto preso nel suo impegno e Brennan finalmente riesce a cogliere il significato di tutti quei simboli: sono il racconto della vita di Amanda, la poesia d’amore che il padre sta esprimendo per lei. Brennan è rapita, quasi incantata di fronte a quanto Watters è riuscito a realizzare. Finalmente, anche grazie a lei, attraverso un dolore e uno strazio indicibili, quest’uomo è riuscito a fare unità dentro se stesso: il suo intelletto, il suo cuore e la sua mano si sono uniti, sono riusciti armoniosamente a cantare. Canto d’amore che nel simbolo dell’infinito che Watters traccia a conclusione dell’ultima formula, quella che ci racconta di come Amanda sia un’altra volta ferma, viene a assumere un significato altissimo. Amore infinito, amore al di là di ogni contingenza, che si proietta al di là dello spazio e del tempo. Grazie a Brennan, quest’uomo distrutto ha trovato in sé il coraggio d’iniziare un percorso di rinascita, in cui la scienza da nemica è tornata a essere amica con qualcosa in più. Per me, il professor Watters è riuscito a infrangere la barriera cartesiana, perché la scienza di quella lavagna è “episteme” nel pieno significato greco della parola, unione di saggezza e di sapienza, quella che, ad esempio, è sintetizzata nel “giuramento d’Ippocrate”, per secoli alla base della professione medica. Lo confesso, saluto con un po’ di rimpianto il professor Watters, perché è un personaggio che personalmente mi ha dato molto, mi ha fatto riflettere, mi ha portato a considerare che non tutti gli scienziati siano scientisti. Mi farebbe piacere incontrarlo di nuovo, come mi farebbe piacere incontrare di nuovo Richard Schiff, l’indimenticato Toby Ziegler di West Wing. La sua interpretazione è stata sublime, da lasciarmi a bocca aperta ….
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