8x12 The Corpse on the Canopy
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8x12 The Corpse on the Canopy

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  1. sella
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    Premessa: essendomi nei commenti agli episodi precedenti ampiamente dilungata nell’analisi della psicologia di Pelant e nel tratto principale della sua patologia, ossia, il delirio d’onnipotenza, ho cercato in questo commento di non ripetermi e così di non annoiarvi. Scusatemi, se non ci sono riuscita.

    Episodio magistrale, con il quale, ancora una volta, si è toccato uno dei vertici della series. L’arco narrativo di Pelant, sviluppato con grandissima coerenza, si sta rivelando come uno dei migliori per complessità tematica, per sviluppo delle situazioni, per gli interrogativi e le incertezze disseminate lungo il percorso. Il salto di qualità operato con questo episodio è veramente stratosferico: le ragioni, le giustificazioni, le argomentazioni iniziali (Pelant si presenta come un hacker, che ha voluto operare contro i corrotti delle istituzioni, degli approfittatori, uno che interpreta la realtà attraverso complotti e cospirazioni e per questo sente una particolare assonanza con Hodgins, il quale in 7x06, forse in ragione di ciò, si è meritato il suo saluto particolare) tutto viene spazzato via, bruciato dalla violenza dell’odio che ormai ha preso possesso di lui. Lo scontro è all’ultimo sangue, non ci sono vie di mezzo, ci sarà chi vivrà e chi morirà, perché distruggere, annientare gli scienziati del Jeffersonian e Booth è diventata, lo ripeto, la sua unica ragione di vita, non ha altro. La solitudine di Pelant, costruita con le sue stesse mani, è totale, ha solo gli strumenti informatici, la loro manipolazione, li possiede, ma, in realtà, ne è posseduto. È una sfida mortale che ormai ha assunto i toni e i tempi della “Sida all’O.K Carroll” o di “Mezzogiorno di fuoco”. La sete di vendetta di Pelant è inestinguibile, perché è sì ancora a piede libero, ma ha subito scacchi non di poco conto, in primis, l’aver mancato quello che è il suo obiettivo nei confronti dei nostri: dominarli, distruggerli psicologicamente e moralmente, rendere la loro vita un inferno, godere del loro dibattersi, restando sempre avanti a loro, prevedendo le loro mosse, anticipandoli, puntando sulle loro umane debolezze, dimostrando d’averli studiati a fondo e così di conoscerli molto bene. Pelant si identifica con il gatto che gioca con i suoi topolini e così la componente sadica della sua personalità si manifesta sempre più. Ma Pelant ha fallito, perché, pur subendo colpi durissimi, i nostri hanno resistito e reagito di conseguenza, dimostrando come abbiano tratto mano a mano i necessari utili insegnamenti da questa loro esperienza. Si sono progressivamente attrezzati e lo rivelano ampiamente nel corso dell’episodio, prendendo le necessarie contromisure, perfezionando con vere e proprie tecniche militari il loro rendersi irrintracciabili da questo genio del male e rintuzzando colpo su colpo. Finora il loro è stato un gioco di rimessa e non poteva essere altrimenti, ma d’ora in poi la situazione forse cambierà radicalmente, come le parole conclusive di Booth sembrano far intravedere.
    A mio modesto parere questo è l’episodio di Booth e di Hodgins, l’episodio nel quale le rispettive storie e vicende personali, l’essere stato cecchino il primo, la paranoia complottistica del secondo, hanno uno sviluppo positivo, perché è grazie all’una e all’altra che riescono a respingere l’attacco di Pelant. È bello vederli uscire nella verità di se stessi, Booth non è mai stato, al tempo stesso, tanto militare e agente federale come in questa occasione, Hodgins, dominato dal terrore di perdere Angela e Micheal, sembra travolto dal parossismo della sua paranoia, eppure, proprio grazie ad essa, trova la risposta risolutiva per il narcotico, come è altrettanto importante il suo ricorrere alla macchina “Enigma”. Sono uniti, collaborano e quel semplice “sì” pronunciato da Booth alla domanda di Catherine se si fida oppure no di lui, ha un valore e un significato immensi, ci dice tutto. L’uno può contare sull’altro e viceversa, sono insieme, sono uniti. Quanto cammino hanno percorso ambedue.
    Merito degli autori è l’aver saputo costruire i personaggi in maniera veramente egregia, non una parola, non un gesto, addirittura, non un’espressione che non esprima determinazione e concentrazione. Tutto è ridotto all’essenziale, non c’è tempo per lasciarsi andare, con l’unica, grandissima e umanissima eccezione di Hodgins (e qui TJ è stato veramente bravissimo), il quale ha il compito per sé e, per transfert, per gli altri di esprimere il rifiuto e la ribellione a tutto ciò che sono costretti a vivere e a subire. Tematicamente il dilemma morale cui Pelant lo sottopone alla fine è molto bello e, anche se personalmente sono molto perplessa sulla possibilità d’azzeramento delle disponibilità finanziarie di una multinazionale con un bilancio pari a quello di uno Stato di media grandezza come il Cantilever Group con la semplice cancellazione dei conti correnti, Hodgins ha modo di manifestare la sua nobiltà d’animo. Se pensiamo alle cronache di questi anni, dobbiamo riconoscere che è una qualità ormai diventata veramente rara. Molto bella anche l’inquadratura da fuori della finestra: c’è qualcuno che li spia oppure l’atmosfera carica di tensione è solo la visualizzazione dell’angoscia che stanno provando gli abitanti della casa? Come al solito, vedremo.
    Un’ultima annotazione: degno di nota è il ricorso di Hodgins alla macchina “Enigma” con cui i nazisti crittografavano i loro messaggi e la sua sottolineatura che la “vecchia” tecnica è alla fin fine più sicura di tutti gli strumenti informatici violabili e manipolabili in tutti i modi possibili, al punto tale da avere tanti buchi come il formaggio groviera. Questa osservazione di Hodgins ha come diretto riferimento l’osservazione di Pelant sulla fallibilità dei sistemi complessi, cui accenna durante l’interrogatorio finale di 7x06.

    Su “Enigma” e su come gli inglesi, grazie all’essenziale contributo dei polacchi, riuscirono a decrittare il cifrario tedesco esiste un’ampia letteratura e anche il cinema se ne è occupato. Famosa è la residenza che gli inglesi crearono a partire dal 1939, il Bletchley Park (recentemente ho visto una miniserie della BBC, intitolata Bletchley Circle, molto bella, che si svolge alcuni anni dopo la guerra. Le protagoniste si avvolgono della loro abilità di decrettatrici per risolvere un caso poliziesco). È una vicenda veramente avvincente e se a qualcuno/a può interessare, su Wikipedia esistono delle voci abbastanza complete. Personalmente, ho cercato sotto “progetto enigma” e “crittografia statunitense II guerra mondiale” per quanto riguarda la guerra nel Pacifico.
     
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31 replies since 8/12/2012, 16:46   1358 views
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