7x11 "The Family and the Feud"
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7x11 "The Family and the Feud"

30/04/2012 discussione versione originale

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  1. sella
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    Questo mio post coinvolge anche il 7x10, no, forse l’intera stagione.

    Lo confesso, non avevo nessuna intenzione di commentare, perché, guardando l’episodio e leggendo i vostri interventi esaurienti e esaustivi, soprattutto quello iniziale di Teresa, mi sembrava superfluo un mio contributo. Ma, girando qua e là tra i diversi siti, mi è capitato di leggere una serie di commenti alla settima stagione, tutti negativi, tutti uniti nel rimpiangere i “bei vecchi tempi andati”, in uno dei quali la stagione in questione era definita “stucchevole” e qui mi sono fermata e ho iniziato a riflettere. Tutto zucchero e miele? Troppa melassa? Hanno insistito troppo su B/B, per cui gli episodi di Bones sono così “stucchevoli” al punto tale da far perdere in qualità e credibilità all’intera series? (Vedi commento di loendorder, 10 aprile 2012, in Italia-Film.Com).
    Pur riconoscendo che in questa stagione esistono carenze notevoli sul versante procedurale, come sempre, nel massimo rispetto della libertà di pensiero (non solo mia, ma altrui, soprattutto, se dissonante) non mi sento proprio di aderire a un simile giudizio per tanti motivi, tra i quali uno dei più importanti è che, prestando un momentino d’attenzione, calandosi nelle situazioni, questa breve, ma intensa settima stagione si rivela ben lontana dall’essere “tutta rosa e fiori”, perché fin dal primo episodio ci ha rappresentato la fatica del vivere, del vivere quotidiano, l’impegno necessario che il vivere insieme richiede per smussare gli angoli, limare le ruvidezze piccole e grandi, non lasciarsi catturare dalle dinamiche negative di fronte alle incomprensioni, accettare le diversità e i limiti reciproci. Ma Brennan e Booth non si conoscono da tanti anni? Il loro rodaggio è stato lungo e periglioso, per cui dovrebbe essere tutto facile, facile, cosa altro devono scoprire, su che cosa d’altro devono battibeccare questi due? Eppure dall’inizio alla fine, dal grande problema del dove vivere, di quale casa scegliere fino alla questione di girare per casa con le pantofole oppure a piedi nudi o dove far nascere la figlia, è una schermaglia continua, simpatica, ammiccante, ma sempre schermaglia. Onore al merito al gatto e alla volpe (detti anche Cip e Ciop) per non essere caduti nella trappolona del “due cuori e una capanna”, perché, perché è un dato di fatto che Brennan e Booth sono insieme perché sta per nascere loro un figlio e, riconoscendo finalmente a se stessa/o di voler un bene dell’anima all’altra/o, hanno fatto il grande passo. Senza il figlio, dove starebbero questi due? Ma, come in tutte le situazioni della vita, oltre al sesso, che per loro stessa dichiarazione va alla grande ed è molto, molto soddisfacente (il famoso “tira, tira” di mia madre), nella convivenza ci sono tante, tantissime cose, piccole e grandi, dai modi di vedere e d’impostare le scelte di vita fino al tubetto del dentifricio, di come si usa (il famigerato “tappetto”) e via dicendo. Bisogna rodare e il rodaggio è lungo, ha necessità di comprensione e di empatia reciproche, ha bisogno di guardarsi negli occhi e di condividere le difficoltà (come le gioie) sempre, di parlarsi con entusiasmo e con tanta, tanta pazienza (non rassegnazione), perché il grande nemico, ossia, il silenzio, il dare per scontato qualcosa non deve insinuarsi nel rapporto. Accettare il limite dell’altro, la sua diversità è cosa ben diversa dalla sconfitta, che comporta prima l’indifferenza e poi il rifiuto. Per cui, in tutti questi episodi ci è stata rappresentata la fatica di costruire insieme una famiglia, compito mai facile. Con gli inevitabili alti e bassi, soprattutto con il trovare finalmente la loro casa, passata nel puro stile hollywoodiano da condizione di rudere a villa megagalattica con il semplice schioccare delle dita di una mano (ma quando ci faranno salire anche a noi al piano superiore?), ecco che la nascita di Christine sembrava aver chiuso questo arco narrativo, ma così non è stato, perché, se da una parte, la presenza della figlia definisce tanti aspetti, dall’altra ne apre di nuovi, alcuni imprevedibili (la possessività di Brennan nei confronti di Christine) e altri abbastanza prevedibili (Parker e Max). Chiarisco che non mi soffermo sulla possessività di Brennan, aspetto di verificare se ci saranno sviluppi ulteriori, perché la mia reazione, quando ho visto l’episodio, è stata: D’accordo, ma poi, quali le conseguenze e le ricadute sulla pupa? Quando mano a mano crescerà, come si evolverà tutto quanto? Mah, vedrò, per ora mi tengo a distanza, perché, per esperienza di vita, mi tengo ben lontana da queste dinamiche, che non gradisco e non approvo.
    Parker e Max, il passato che si riaffaccia e il loro ritorno non è automatico, perché Brennan e Booth si devono confrontare singolarmente e insieme, con il complicatissimo intreccio di sentimenti e di emozioni che ciascuno dei due si porta dentro verso il padre e verso il figlio. Con le migliori intenzioni del mondo, all’inizio ambedue sbagliano, perché si fanno prendere dalle loro rispettive paure (paura di non essere un bravo padre, per Booth, paura d’essere abbandonata di nuovo da Brennan, non a caso con un tipico transfert proiettata sulla figlia) e cadono nel pre-giudizio: Parker è geloso della sorellina, deve esserlo per forza (in fondo, non è questo che viene sempre ripetuto in tutte le forme e in tutte le salse?), Max inevitabilmente, nonostante tutte le prove d’affetto indirizzate alla figlia, prima o poi ricadrà nella sindrome dell’abbandono. Brennan e Booth chiudono così i loro cuori, si cristallizzano sulla situazione quo ante e di fatto corrono il rischio d’escludere sia Parker che Max dalla dinamica degli affetti famigliari. Per fortuna loro e nostra, alla fine si crea l’occasione per parlare e così sia Parker che Max hanno modo di manifestare i propri sentimenti, soprattutto, la bontà e la gentilezza dell’animo. Eureka! La vita ricomincia, un nuovo equilibrio viene trovato, la famiglia si allarga e nuove trame e nuove tessiture si profilano e possiamo stare tranquilli/e, grosse emozioni sicuramente ci attendono al varco.
    A questo punto mi viene spontaneo riconoscere che il gatto e la volpe continuano il loro lavoro di fino nella descrizione dei rapporti umani e così riescono a rispettare l’assunto di fondo di Bones: delle persone si possono incontrare, conoscere e costruire mano a mano una rete di relazioni “buone”, per cui la vita di ciascuno, sia singolarmente che collettivamente, viene accresciuta e realizzata. Ciascuno del gruppo di lavoro del Jeffersonian a suo modo, con i suoi tempi, a questo punto del cammino, può dire di avere raggiunto un traguardo: nessuno è solo, il loro interagire coinvolge sia la sfera privata che quella professionale (anche Sweets sta crescendo, al punto, da cantarle finalmente chiare a Booth e metterlo davanti alla verità dei fatti), per cui possono guardare al futuro con speranza, possono credere nel futuro, volerlo, progettarlo, costruirlo per sé e per gli altri, le persone cui vogliono bene. Il legame che li tiene uniti è famigliare (pur nella diversità di tipi). Bones come elegia della famiglia? È questa l’autentica cifra interpretativa dell’intera series? L’ipotesi mi stuzzica, chi vivrà, vedrà, intanto, come al solito, “il seguito alla prossima puntata”.

    Edited by xhio - 6/5/2012, 23:21
     
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23 replies since 8/2/2012, 08:56   1334 views
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