7x02 The Hot Dog in the Competition
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7x02 The Hot Dog in the Competition

10/11/2011 discussione versione originale

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  1. sella
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    Premessa: non affronto in questo mio commento il rapporto tra Brennan e Booth, il suo evolversi e il suo progredire, perché lo confesso, sono un pochino interdetta. Se, come ha ben analizzato Michela, in questi due episodi iniziali vediamo un Booth cambiato in positivo rispetto alla scorsa stagione, un Booth tornato a essere se stesso, perché ha vicino Brennan, è su quest’ultima, sul suo modo di comportarsi che ho delle perplessità (mi sembra un po’ troppo “Mimì, la candida”, soprannome datomi da mia madre, perché da piccola, come si dice a Roma, “non sapevo tene’ un cecio in bocca”). Mi sembra che si stia insistendo troppo sulla meccanicità delle sue azioni e reazioni, credevo che lo sviluppo del personaggio nello scorso anno avesse comportato il superamento di questo suo modo d’essere, soprattutto, nei confronti di Booth. Il non averlo informato dell’ecografia a me è sembrato che fosse dovuto al fatto che non ci aveva proprio pensato e che la sua risposta fosse la classica “pezza”, ma poi mi sono detta: ohibò, che cosa vai a pensare, Brennan che trova una scusa, che dice una piccola bugiola, non è possibile, non sia mai! Certo è che ho questa sensazione un pochino fastidiosa, che mi ha fatto riandare al commento di Suwja-Chiara, per cui aspetto di vedere i prossimi episodi prima di formulare un vero e proprio giudizio.

    L’episodio mi è piaciuto e anche molto (ad eccezione del tifo che Booth fa nei confronti della gara. Arriva al punto da definirla sport! Questo proprio non mi è piaciuto e sono pienamente d’accordo con Alessandra e Chiara-Paperella).
    È uno di quei classici episodi di Bones, in un primo momento semplice, semplice, lineare, lineare, mentre, se si va un pochino oltre la superficie, rivela ricchezze insperate, perché porta a riflettere su aspetti e momenti della natura umana molto interessanti e con implicazioni non di poco conto.
    Come molte altre volte mi avvalgo dei vostri commenti per non addentrarmi in un’analisi particolareggiata dell’episodio, per cercare di individuare l’asse portante di esso, il tema che unisce le diverse parti di esso e che mi sembra d’averlo individuato nel concetto di misura e il correlato dismisura. La misura (incontro con l’/gli altro/i) è il traguardo del progressivo e graduale riconoscimento che si stabilisce tra il team del Jeffersonian e il nuovo arrivato Finn. Nei rapporti che mano a mano vengono instaurati, viene esaltata la dimensione umana (l’uomo è uomo in quanto “essere in comunicazione” oppure “essere in dialogo”), strutturata sulla civiltà e sulla cultura. La dismisura (solitudine portata all’estremo) è, invece, la caratteristica di tutti coloro che ruotano intorno alla Competitive Eating Alliance, quel mondo di abbrutimento e di regressione, in cui tutti, partecipanti alle gare e spettatori entusiasti, vengono coinvolti in un girone infernale, nel quale l’unica dimensione a sopravvivere è quella utilitaria (vincere il premio al prezzo di tutto, anche della vita umana).
    Finn- È bello questo personaggio, ricco di sfumature e di sfaccettature. Ragazzo brillantissimo, a quanto ho capito, ha studiato durante il periodo del riformatorio e ha bruciato le tappe, a vent’anni sta per conseguire il dottorato e Cam non se lo è lasciato sfuggire. Ma, appunto, il ragazzo è stato un delinquentello e si è meritato la reclusione (nient’affatto breve e, quindi, per reati non di poco conto, se la visione di Judging Amy mi ha insegnato qualche cosa). È ovvio che simili precedenti non possono non essere affrontati e a vario titolo, prima o poi, lo fanno tutte le persone presenti al Jeffersonian e ogni confronto consente di esaltare la personalità di ciascuno e quella di Finn, che mano a mano si arricchisce. Cam, con il suo imbarazzo, cerca di mettere a suo agio il suo nuovo collaboratore, Brennan lo mette alla prova e resta impressionata dalla sua bravura, Angela è la discrezione al massino livello e Jack… Jack, evidentemente, si sente minacciato nel suo essere “the King of Lab” e si lancia in una serie continua di provocazioni, mettendo in atto una competizione bella e buona. Ma Finn gli tiene testa e gli risponde per le rime, al punto tale che alla fine Jack è costretto a chiedergli scusa. Caroline, Caroline è procuratore federale e come tale deve svolgere il suo compito, salvaguardare il buon nome del Jeffersonian e tutto il lavoro di acquisizione probatoria che vi si svolge. Ma Caroline è anche la rappresentante della mentalità comune, quella che guarda con diffidenza gli exdetenuti, che in questa occasione non va oltre le apparenze. Caroline non guarda Finn (non gli parla neanche) e si basa sul comune sentire sociale. Il tutto si complica notevolmente, quando Caroline porta la notizia del sospetto dell’omicidio del patrigno. La misura appena stabilita s’incrina pesantemente e tutto sembra crollare al punto tale che Finn pensa d’abbandonare il campo. Ma … al suo ritorno, si deve confrontare con una Brennan al suo livello più alto di ufficialità (Emily mi fa sorridere in questi momenti, perché per interpretarla sembra aver ingoiato un manico di scopa, per quanto assume delle posture rigide e immobilizza l’espressione del volto) e lo snodo drammatico si scioglie. Finn le confessa che lo spunto per non uccidere è stato la lettura di un suo saggio e da lì è iniziato il suo cammino di riscatto e redenzione. Questo è un punto molto bello: attraverso il dolore e il sacrificio (e noi in vari momenti abbiamo modo di verificare quanto siano stati grandi questo dolore e questi sacrifici), nella piena assunzione di responsabilità della colpa, Finn ha camminato ed è progredito, è diventato un ragazzo ben educato e rispettoso. Potremmo dire che si è riscattato attraverso cosa? Attraverso lo studio e la conoscenza, senza andare a ricercare alibi di nessun genere, si è messo in gioco, con la sua intelligenza, con la sua volontà ha affrontato gli ostacoli interiori ed esteriori e si è reso artefice della sua libertà. Così ha evitato il pericolo peggiore per ogni essere umano, quello della solitudine ed è ormai in grado di viversi pienamente, ossia, incontrarsi con gli altri, conoscersi, diventare amico e collega. Certamente, in precedenza avrà incontrato dei “buoni samaritani”, ma quelli del Jeffersonian sono coloro che lo accompagneranno alla piena maturità. La misura è stata trovata, l’equilibrio si è creato, che la danza della vita prenda sempre più slancio. Ancora una volta, per l’ennesima volta, quel freddo e gelido luogo, laboratorio scientifico, istituzionalmente adibito alla morte e alla conservazione dei reperti, si anima, si vivifica, perché un gruppetto di persone è stato capace e ha avuto il coraggio di spezzare i legami della professionalità e nel loro venirsi reciprocamente incontro, trovando mano a mano il loro equilibrio, sono diventati fonte di vita l’uno per l’altro e da qui una fecondità ricca di tutte le promesse e di tutte le potenzialità possibili e immaginabili, di cui testimoni, per ora, sono Michelle, il piccolo Hodgins e la piccolina che nascerà.

    (Sono stanca, continuerò domani. Scusatemi).
     
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50 replies since 22/7/2011, 01:36   3460 views
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