CITAZIONE (sella @ 18/4/2011, 14:28)
“Eppur si muove”. Ho messo come intitolazione di questo mio commento la citazione di Galileo, perché con essa si può cogliere il trait d’union che, arrivati a questo punto di una stagione sbilenca e sconclusionata a dir poco, può essere individuato tra il personaggio di Booth (quanto sta vivendo in questa fase) il rapporto di coppia e uno dei piloni fondamentali dell’intera series, ossia, il nodo tra scienza e filosofia (quest’ultima intesa come espressione del principio umanistico alla base della tradizione occidentale). Il legame è strettissimo e consente alcune considerazioni, a me personalmente molto gradite. L’occasione è offerta dal racconto di Booth sul suo “incontro” nel Nepal con uno yeti e la puntuale immediata smentita di Brennan (tutta la questione la possiamo ben sintetizzare così: yeti sì, yeti no). Di fronte alla prevedibilissima obiezione, Booth ribatte e sposta il livello della conversazione, perché da semplice racconto diventa questione di principio: perché non hai mai fiducia in quello che ti sto dicendo? Perché non provi a credermi? Perché parti subito a razzo e non presti attenzione alle mie ragioni, alle mie argomentazioni? Perché, quando tocco determinati argomenti, non fai la scienziata nel vero senso della parola, secondo la concezione della scienza che vivi e rappresenti, ossia, assumi un atteggiamento di disponibilità, fai insomma ricerca, ma, al contrario, sentenzi in maniera drastica (è impossibile, questo non esiste e via dicendo): sei così impregnata di dogmatismo che alla fin fine non sei così tanto diversa dai sostenitori della scienza d’impostazione tolemaica (tanto per intenderci quella precedente alla grande rivoluzione copernico-galileiana). È un’affermazione forte, la quale segna una svolta, infatti, fin dal Pilot ci siamo potuti godere i siparietti dei due, delle loro antitetiche concezioni della vita e di come interpretarla, e, in verità, di fronte alle smentite di lei, abbiamo visto lui quasi sempre annaspare, aggrapparsi alle sue credenze e alla fine glissare, imbarazzato e sulla difensiva. Questa volta no, la replica di Booth è forte, fortissima, colpisce alla radice lo scientismo di Brennan e va a segno come dimostra ampiamente la sua espressione. Molto sarebbe da commentare su questo aspetto, ma dovrei addentrarmi in un’analisi molto specialistica, per cui ve ne faccio venia. I miei contributi stanno diventando sempre più professorali e di questo vi chiedo scusa e oltrepassare un certo limite non mi sembra opportuno. Anche perché, per me, la vera questione in ballo non è “scienza sì, scienza no”, ma la natura e la qualità del rapporto fra loro due. Arrivatoci nella maniera più sbagliata e storta possibile, a partire da 6x13 Booth ha iniziato un processo di rivelazione e di liberazione dei bubboni che si è portato sempre dentro, covati per un’intera vita, perché nella loro verbalizzazione può finalmente ammetterli e riconoscerli a se stesso come determinanti: il rapporto con il padre, con le donne, con Brennan, il suo senso d’inferiorità nei suoi confronti, tutto questo fa parte della sua “arrabbiatura”, ribadisco, nei confronti di se stesso e della vita. Il tutto è iniziato con lo shock di 6x13, ma il nuovo che si sta affacciando trova il suo punto di forza in 6x16, anche se non è affatto da trascurare il suo confrontarsi con Broadsky in 6x15. La destrutturazione di Booth iniziata nella quinta stagione con il rifiuto di Brennan (in parallelo è da ricordare la ricostruzione di lei), che ha il suo culmine nella “storiaccia” con Hannah, sembra essere arrivata ad un punto di svolta, forse sta iniziando a risalire la china e questo gli è possibile, perché ha Brennan vicina, sodale e partecipe. Ma perché questo travagliatissimo rapporto si avvii al lieto fine, è necessario che le questioni di fondo vengano affrontate e chiarite e sicuramente quella tra scienza e tradizione (mi sembra definizione migliore di filosofia, più rispondente al personaggio di Booth) è una delle più importanti per le sue implicazioni. In effetti, la questione scientifica è un pretesto per l’appello vero e proprio che Booth rivolge a Brennan: le chiede d’avere fiducia e fede in lui. È una vera e propria invocazione d’aiuto e David è molto bravo a sottolineare con la sua recitazione l’importanza del momento: nelle sue parole, nella loro intonazione, nel linguaggio del corpo è sì l’esasperazione per dover stare ad affrontare un diverbio ormai ripetuto all’infinito, ma tutto questo si incanala e si trasforma in qualcosa di molto più profondo: "Anche su questo ho bisogno che mi ascolti, che mi presti attenzione, anche su questo ho necessità come l’aria che respiro di sentirti amica, comprensiva nei confronti di tutto ciò che mi porta e mi spinge a credere in un dato modo, ad assumere determinate posizioni e a fare affermazioni di un certo tipo. Voglio provare la dolcezza e la consolazione di sentirti in sintonia con me, voglio avere la sicurezza d’essere uniti da un’empatia che è prima e al di là di tutti i massimi sistemi possibili ed immaginabili. Tu ed io, nella verità più profonda di noi stessi, senza sovrastrutture, senza condizionamenti, messi a nudo nell’essere io in un modo e tu nell’altro senza che questo sia in qualche modo d’ostacolo. Non voglio farti cambiare idea, non desidero trasformare la tua scienza, non voglio dominarti o manipolarti, ma nel rispetto assoluto delle tue idee, desidero che tu mi venga incontro, mi accolga, mi faccia sentire compreso e sostenuto. Il freddo agghiacciante della solitudine è sempre lì, pronto a catturarmi, ho una sola difesa, il tuo calore e il tuo amore su tutto e per tutto". E Brennan risponde, da par sua, cogliendo in pieno il messaggio insito nelle parole di Booth e nell’identificare lo yeti in un orso, può affermare che egli aveva ragione. È una spiegazione scientifica, ma il senso profondo di essa va ben al di là: Brennan gli dimostra d’averlo ascoltato e d’averlo capito e gli ha dedicato tempo. La risposta di Booth è di sollievo e di contentezza, mi ricorda quella di 5x12, quando lo informa che lo scheletro non è quello di Kennedy, perché nell’abbracciarla è proprio questo che sottolinea, “mi hai dedicato il tuo tempo”. Tutto questo trova la sua conclusione nella scena finale, in cui un Booth, rassicurato e confortato nel profondo, può permettersi di scherzare e di giocare con lei, arrivando, e non è un caso, a coinvolgere la loro situazione di coppia non ancora coppia. Il loro è uno stato confusionale … e nel dargli perfettamente ragione, non vado oltre, desidero vedere prima come tutto questo si svilupperà.