Secret Santa 2010

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  1. vale2875
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    ci sono anche io......ci ho pensato un sacco mi spaventa un po' il non arrivare..ma a Natale i miracoli succedono e userò i super poteri
     
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  2. ~Mars.
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    Ovviamente anche io!
     
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    Squintern

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    Occhei! mi butto! Ci sto! *si iscrive*
     
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  4. lathika
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    ci sono anch'io!!!!!
     
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  5. Ales2004
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    Eccomi anch'io!
     
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  6. omelette73
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    Posso dire WOW 31 iscritti! Abbiamo sfondato il muro del suono! :lol:
     
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  7. PenelopePepe
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    CITAZIONE (omelette73 @ 29/11/2010, 13:48) 
    Posso dire WOW 31 iscritti! Abbiamo sfondato il muro del suono! :lol:

    Fenomenali poteri cosmici...
     
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  8. Diletta93
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    in un minuscolo spazio vitale.... xD
     
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  9. Ariel75
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    Ci sono anch'io!!!
     
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  10. Suwya
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    iscrizioni chiuse!
    durante la giornata di domani riceverete un MP qui sul forum con il nome della persona a cui dovrete fare il regalo ;)
     
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  11. Suwya
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    visto che più persone me l'hanno chiesto chiarisco una delle regole dell'iniziativa... evidentemente non mi sono spiegata bene nell'introduzione al topic:

    TUTTI I REGALI DEVONO ESSERE RECAPITATI A ME!!!
    (entro il 19 dicembre)
    o come allegato via mail a [email protected]
    o via messaggio privato con un link da cui scaricare il regalo (per esempio se sono immagini, video, o file pesanti)

    IO il 23 dicembre metterò tutti i regali in questo topic!!

    solo DOPO aver postato i regali si può rivelare il mittente del regalo al proprio destinatario, SOLAMENTE se il destinatario vorrà sapere chi gli ha fatto il regalo.

    NON MANDATE ASSOLUTAMENTE IL REGALO ALLA PERSONA CHE VI È TOCCATA DALL'ESTRAZIONE... MANDATELO A ME!!

    mi auguro sia più chiaro così.. ad ogni modo, qualsiasi dubbio chiedetmi pure tramite MP.
     
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  12. Suwya
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    Ho! Ho! Ho! Il nostro bones-alberello è strapieno di regali!!

    Prima di tutto volevo ringraziare tutti i partecipanti per averlo reso possibile, e perchè quest’anno avete fatto i bravi, e avete consegnato tutto entro le scadenze prestabilite (solo per questo vi meritate un appaluso :lol: )

    Poi volevo cogliere l’occasione per augurare a tutti di passare delle bellissime feste

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    E ora lasciamo spazio ai regali...

    per omelette73:
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    per Anna86:
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    per Rosalina19:
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    NATALE



    Era nell’aria. Era inequivocabile. Lo capivi dai sorrisi che la gente si scambiava. Lo capivi dagli sguardi affascinati dei bambini davanti alle vetrine piene di giocattoli. Lo capivi dalle innumerevoli luci colorate che inondavano la città. Lo capivi dagli alberi addobbati in ogni angolo. Il Natale si stava avvicinando ed era magico.

    Non era mai stato un periodo facile per lei. I suoi ricordi legati al Natale non erano tanto piacevoli. Quella mattina di tanti anni prima, quando si era svegliata ed era scesa dabbasso, aveva trovato i regali sotto l’albero e aveva creduto che i suoi genitori fossero tornati. Non era così. Era stato terribile, come perderli per la seconda volta.

    Adesso, a distanza di anni, finalmente riusciva a pensare a quell’episodio, senza soffrire troppo. Certo faceva ancora male, ma era diverso. Col tempo era cambiata, ora era più aperta verso gli altri e aveva imparato a comprendere che certe scelte che sembrano inspiegabili, possono anche essere dettate dall’amore. Le ci era voluto del tempo ma adesso capiva.

    E sapeva anche di chi era il merito di tutto ciò. Un uomo che le stava a fianco da sei lunghi anni, all’inizio come semplice partner lavorativo. Nel corso del tempo le cose erano mutate. Impercettibilmente, giorno dopo giorno. Il compagno di lavoro si era trasformato in confidente, era la persona con cui parlare, colui a cui pensava quando aveva bisogno di risolvere un problema, colui a cui raccontare i suoi dubbi e le sue paure. Ma anche le sue gioie e la sua felicità. Era diventato il suo migliore amico.

    Quando lui le aveva chiesto di più di una semplice amicizia, lei si era spaventata ed era fuggita. Le ci era voluto un anno per capire che lui aveva ragione. Aveva temuto di averlo perso ma poi si era resa conto che non era così. E l’amico era diventato l’amante e il compagno della sua vita. Questo era il loro primo Natale così. Insieme.

    °-°-°



    Booth era in auto e stava andando al Jeffersonian a prendere Bones. Quella sera avevano deciso di cenare a casa, erano stanchi morti, sia fisicamente che mentalmente, l’ultimo caso appena risolto era stato lungo e difficile per entrambi, avevano bisogno di cose semplici. Maccheroni al formaggio. Due birre. Il divano. Niente rumore di gente che chiacchiera intorno. Solo loro due.

    Arrivato davanti al parcheggio del Jeffersonian, vide che Bones lo stava aspettando. Salì in auto e si diressero verso casa. Lei aveva avuto un’idea per il regalo di Parker: potevano prendergli quel kit di esperimenti che a lui piaceva tanto. Booth era preoccupato che fosse un gioco pericoloso ma Bones lo rassicurò: lo avrebbe supervisionato, Parker adorava fare esperimenti con lei! Lui la guardò e le sorrise in quel suo modo così unico di farlo. Bones sentì il solito brivido percorrerle la schiena e mise una mano sulla sua, che stringeva il volante. Lui se la portò alla bocca e la baciò.

    Giunti a casa cenarono e rigovernarono: Bones lavava i piatti e Booth li asciugava. Poi si accoccolarono sul divano, abbracciati. Lui era distante, continuava a pensare che non aveva ancora trovato il regalo giusto per lei, voleva fosse qualcosa di speciale. Anche lei era distante, anche lei continuava a pensare di non aver ancora trovato il regalo giusto per lui, anche lei voleva fosse qualcosa di speciale.

    Entrambi sapevano che era davvero difficile pensare a qualcosa di veramente bello, originale, significativo, non la solita banalità tipo gioiello, abbonamento per l’hockey, vestito, cravatta, accidenti! Nessuno dei due lo voleva ammettere con se stesso, ma erano davvero in difficoltà.
    Ad un tratto, come spinti da una forza interiore, entrambi si sollevarono di scatto e si fissarono negli occhi:
    “Non devi farmi nessun regalo per Natale!” si dissero contemporaneamente.
    Scoppiarono a ridere stringendosi l’un l’altra.
    “Perché Booth?” gli chiese.
    “No, prima dimmelo tu perché” rispose lui.
    “Va bene, prima io. Perché, nonostante la strada lunga e faticosa che abbiamo dovuto percorrere per arrivare a questo punto, quando ti guardo vedo nei tuoi occhi tutto l’amore che hai per me, e questo è il più bel regalo che tu possa farmi, non ho bisogno di altro, non mi serve altro: solo tu” replicò lei accarezzandogli il viso “tocca a te”.
    “Non vale – le rispose guardandola con amore – è esattamente quello che volevo dire io! So che tu mi ami e anch’io non ho bisogno di altro, solo di te”. Poi prese il suo viso tra le mani “Il nostro amore è il regalo migliore che possiamo farci a vicenda” le disse seriamente e la baciò. Quella sera, a letto, abbracciati dopo aver fatto l’amore, entrambi pensarono che Il Natale si stava avvicinando, ed era davvero magico.


    per lotus in dream1927:
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    Qualche anno fa…



    KEN NAKAMURA: You're a lucky woman, Dr. Brennan.


    TEMPERANCE BRENNAN: To work with Booth. I know.


    KEN NAKAMURA: To work with Booth. Yes.




    Tra qualche anno…


    Erano arrivati a Tokyo la settimana precedente, coinvolti dal Bureau in un programma di scambio tra agenti della polizia ed agenti dell’FBI.
    Gli incontri si erano svolti regolarmente e Brennan, invitata dall’Istituto presso cui lavorava il Dr Tanaka, aveva tenuto una lezione seguitissima sui metodi di conservazione e catalogazione dei reperti sulla scena del crimine, secondo le più moderne tecniche forensi.
    L’indomani sarebbero ripartiti per Washington e Booth non aveva resistito ad organizzare una bella partita ad hockey: la squadra dell’amico Nakamura contro quella dei suoi agenti.
    Uno scontro epico, che in teoria avrebbe dovuto impartire una lezione sugli sport d’oltreoceano ai colleghi giapponesi, ma che si era trasformato in un susseguirsi di capitomboli e risate totalmente privi di spirito competitivo.
    La partita volgeva quasi al termine e Brennan continuava ad esprimersi entusiasticamente dagli spalti dedicati al pubblico VIP, con un repertorio di onomatopeiche e urla di incoraggiamento degne di una cheerleader consumata.
    Al fischio dell’arbitro i giocatori deposero le mazze e si diressero tutti insieme verso i rispettivi spogliatoi, continuando a ridere e scherzare e commentando la partita tra di loro.
    Si stavano divertendo.
    Brennan si stava divertendo.
    Era tutto nello spirito giusto.
    Dopo essere tornati dentro ai loro abiti guadagnarono tutti l’uscita, non prima di aver recuperato i loro accompagnatori nella hall principale del palazzetto dello sport.
    Nakamura e Booth camminavano vicini, sui loro volti un sorriso soddisfatto per il buon esito dell’incontro e della settimana in generale.
    Quando Brennan li scorse si incamminò svelta verso di loro, gli occhi fissi su Booth.
    “Bellissimo incontro. Antropologicamente molto interessante. Credo potrei scriverci qualcosa.” Disse poggiandogli una mano sul bicipite e sollevandosi leggermente sulle punte per posare un bacio sulla sua guancia.
    Si sorrisero per un istante e Nakamura non potè trattenersi dal proferire parola.
    “Sei una donna fortunata Temperance.”
    Brennan lo fissò intensamente, ricordando lo scambio avvenuto anni addietro nel suo ufficio a Washington e rispose di conseguenza.
    “Ad avere Booth. Lo so.” Dentro al blu dei suoi occhi mille altre parole non dette che sapeva l’amico nipponico avrebbe colto.
    “Già, ad avere Booth…”



    per Kew08:
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    Il Natale stava per arrivare, Washington era coperta da una coltre di neve bianca che rendeva l’atmosfera ovattata e silenziosa molto più di quanto in realtà fosse.
    La città fremeva, il lavoro non era diminuito ma a tutto questo si aggiungeva la corsa ai regali di Natale.
    Temperance Brennan però era ancora a lavoro, voleva finire il riconoscimento dei resti arrivati qualche giorno prima dall’Italia, ma i suoi programmi vennero puntualmente cambiati da un certo agente dell’FBI che irruppe nel suo ufficio con un sorriso sfavillante e gli occhi scintillanti.
    “Bones… sei ancora a lavoro, forza è ora di uscire!”
    “Booth, è ancora presto e poi non ho finito il mio lavoro.”
    “Ma dai Bones quei resti hanno milioni di anni, cosa vuoi che cambi se aspettano ancora un po’?” insistette Booth, spingendo Brennan per le spalle.
    Temperance si lasciò dolcemente condurre, non era in grado di dire di no a Booth, non ora che finalmente stavano insieme. Aveva passato un periodo molto difficile; vederlo stare insieme ad Hannah era stato doloroso per lei così come lo era stato confessargli tutto e sentirsi rispondere che Hannah non era un premio di consolazione e che lui la amava.
    Tuttavia da quella sera piena di sofferenza era iniziato a cambiare tutto e finalmente un giorno si erano ritrovati. Bones riviveva spesso quel momento…
    Era distesa sul divano cercando di leggere il nuovo numero di una rivista di antropologia, quando avevano bussato alla porta. Si era alzata lentamente, non aveva voglia di vedere nessuno preferiva stare da sola cercando -invano- di non pensare a Booth.
    Ma appena aprì la porta si trovò a dover affrontare proprio lui. Pensò che si trattasse di un nuovo caso e si voltò per prendere la giacca, quando si sentì afferrare per la vita e un secondo dopo le sue labbra erano premute contro quelle di Booth.
    Non ci pensò neanche un instante e lo abbracciò rispondendo al bacio. A quel primo vero bacio ne seguirono molti altri. Passarono la serata stretti l’uno all’altra, parlarono tanto, si chiarirono e alla fine fecero l’amore per la prima volta….


    “Bones a cosa pensi?”
    Riscuotendosi da quei pensieri Temperance si voltò verso il suo partner.
    “ A nulla Booth, a nulla, ma si può sapere dove mi stai trascinando?”
    “Ma come Bones non lo sai? Andiamo a fare compere, abbiamo moltissimi regali da fare.”
    Uscirono dal Jeffersonian insieme, la mano di Booth poggiata sulla schiena della sua Bones. Arrivarono in centro e iniziarono i loro acquisti. Non fu semplice scegliere, inutile sottolineare che si punzecchiarono in continuazione, ma era bellissimo vederli insieme.
    Ad un certo punto, dopo aver discusso per trenta minuti su quale regalo fosse meglio per Angela tra qualcosa di personale o qualcosa per la sua nuova casa Bones si bloccò in mezzo alla strada, poi iniziò a tirare Booth per la mano.
    “Booth corri… dai vieni, ho visto una cosa.”
    “Ehi Bones piano vuoi staccarmi un braccio?”
    “Booth è assolutamente impossibile che io possa staccarti un braccio solo tirandolo, non avrei abbastanza…”
    “Bones è un modo di dire, calmati va bene… arrivo.” E sorridendo l’assecondò, mettendosi a correre.
    Bones aprì la porta di un negozio e con sua sorpresa Booth scoprì che era una negozio di decorazioni Natalizie.
    “Bones che ci facciamo qua dentro, non ti sono mai piaciute le decorazioni, non hai neanche un albero di Natale!”
    “Booth è proprio questo che ho deciso, voglio un albero ovvero voglio il nostro albero. Ci terrei davvero tantissimo se tu scegliessi le decorazioni insieme a me, così saranno solo nostre e potremmo comprarne una nuova ogni anno…”
    Bones abbassò lo sguardo, non era ancora tanto brava con i sentimenti, ma ci teneva davvero a condividere quello che sentiva con l’uomo che le aveva insegnato ad amare.
    “Oh Bones è meraviglioso quello che hai detto. Un albero tutto nostro, sarà bellissimo e man mano che gli anni passeranno sarà anche pieno di ricordi. Vieni qui!” E così la attirò contro di se per donarle un bacio lungo e appassionato che attirò gli sguardi di non poche persone.
    Alla fine si staccarono e insieme iniziarono a guardarsi intorno alla ricerca delle decorazioni giuste.
    “Booth guarda questa, è bellissima.” Disse Temperance mostrandogli una decorazione a forma di teschio.
    “Bones ma che fai, quella non è una decorazione di Natale ma dello scorso Halloween! Non possiamo appenderla al nostro albero” Booth era sconcertato,ma sorrideva.
    “ E perché no Booth credo mi caratterizzi molto, d'altronde il mio nome è Bones no?” e così facendo mise la decorazione insieme alle altre che avevano scelto.
    Dopo un tempo sorprendentemente breve uscirono dal negozio pieni di pacchetti, avevano comprato persino un bellissimo abete, perfetto per il salotto di Bones.
    Decisero di addobbarlo subito, per goderselo un po’ e non dover aspettare fino al giorno della vigilia.
    Avevano quasi finto, la decorazione a forma di teschio era stata appena posizionata quando Bones si rivolse a Booth dicendo:
    “ Credo che anche questa non possa mancare al nostro albero, sembra ci sia il tuo nome sopra!”
    “ Bones! ma dove l’hai trovata è una pallina di vetro con sopra il galletto Cocky?”esclamò Booth
    “ Bhe diciamo che conosco qualcuno che crea decorazioni, così gli ho chiesto di crearne una su misura per te!”
    “O Bones è bellissima, il nostro sarà l’albero più bello del mondo!” Disse mentre con le mani che tremavano leggermente posizionava la pallina Cocky vicino alla pallina a forma di teschio.
    “Booth anche se è impossibile affermare una cosa simile, devo dire che questa volta sono d’accordo con te, il nostro sarà l’albero più bello perché sarà fatto di tutto il nostro amore.
    Incapaci di stare lontani per più di cinque minuti tornarono a baciarsi, ma questa volta non si limitarono a quello, Booth la sollevò tra le braccia e la distese dolcemente sul divano, senza staccare le labbra da quelle della donna che amava iniziò ad accarezzarla, a spogliarla.
    Bones rispose con entusiasmo al dolce attacco di Booth e presto si ritrovarono nudi, abbracciati stretti. Lentamente Booth iniziò a baciare ogni singolo lembo di pelle e quando non resistette più entrò piano dentro di lei e insieme sperimentarono ancora una volta che miracolo fosse per loro diventare una persona sola.
    La stanza era illuminata solo dalle lucine dell’albero di Natale, loro due addormentati profondamente sul divano. Fu Booth il primo a svegliarsi. Alzò piano la testa per guardare la donna che dormiva accoccolata a lui e le posò un tenero bacio sulla tempia.
    A quel contatto lei si sveglio e gli rivolse un sorriso che avrebbe potuto illuminare l’intera città.
    “Booth, questo sarà il primo Natale che passeremo insieme come coppia.”
    “Si Bones sarà il primo dei prossimi 30-40-50 Natali!” E così dicendo tornò a baciarla.
    Mancavano ancora alcuni giorni a Natale, ma per loro oramai era sempre Natale. Ogni giorno in cui potevano aprire gli occhi abbracciati e richiuderli la sera nello stesso modo.
    Quando vivi insieme alla persona che più ami al mondo ogni giorno è Natale. Il Natale del cuore.


    per reihino83:
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    per donata69:
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    per sil28:
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    per ~ dany.grey:
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    per boothie:
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    I miracoli del Natale


    “Oh oh oh! Buon Natale bambini!” Un uomo vestito da Babbo Natale aveva appena fatto il suo ingresso nella sala, accolto dalle grida di stupore di tutti i piccoli visitatori del Jeffersonian. Era la sera della vigilia di Natale e nell’aria si sentivano allegre canzoncine in tema.
    La barba pungeva, il tessuto sintetico del vestito gli causava prurito dappertutto, si sentiva tutto sudato … eppure Booth pensava che vedere quei bambini stupiti era la cosa più bella al mondo. Alcuni si alzarono e gli andarono incontro abbracciandolo, altri, i più piccoli, lo guardavano da lontano con sospetto e curiosità allo stesso tempo. Li accarezzò uno ad uno, stando attendo a non far scivolare la barba bianca dal volto. L’unica sua preoccupazione più grande era quella di non farsi riconoscere da Parker!
    Dietro di lui fecero il suo ingresso i suoi aiutanti, Sweets e Hodgins vestiti da elfi.
    Quando Cam, mesi prima, gli aveva chiesto di partecipare a quella serata organizzata per i figli dei dipendenti del Jeffersonian, Booth non sapeva ancora che gli sarebbe spettato il ruolo di attore principale. Continuando a sorridere a tutti, pensò che gli era certo andata meglio degli altri due che indossavano delle orribili scarpe a punta e con tanto di campanelli tintinnati in cima ai cappelli. Per non parlare dei pantaloni di panno verde corti fino al ginocchio. Ma era natale, l’atmosfera allegra era d’obbligo!
    Booth reggeva con una mano il sacco dei regali, buttato dietro la spalla. Fingendo che fosse pesante, si era messo a camminare leggermente piegato in avanti. Le urla dei bambini aumentavano di intensità ogni volta che dalla sua bocca usciva un “oh oh oh”.
    Tutto era stato curato nei minimi dettagli, Angela si era occupata degli addobbi e Cam, accompagnata da Michelle, si era offerta di darle una mano.
    Stelle d’argento pendevano dal soffitto, cumuli di neve finta decoravano i rami del grande albero posto al centro della sala, carico di fiocchi rossi e addobbi dorati. Un’allegra tovaglia natalizia ricopriva la tavola imbandita a festa, con caramelle di ogni forma, dimensione e gusto.
    Booth pensò che non aveva mai passato un Natale così bello, con Parker e tutta la sua strana famiglia del Jeffersonian. Si guardò intorno, prima di andare a sedersi. Cam e Michelle, vestite da elfi in gonnella, stavano distribuendo caramelle ai bambini. I loro costumi erano decisamente più belli rispetto a quelli di Sweets e Jack, soprattutto perché avevano delle gambe più belle.
    Angela si era offerta di fare le foto dei bambini con Babbo Natale. Ovviamente anche lei era vestita da elfo, ma aveva modificato il suo costume, personalizzandolo nei minimi dettagli con caramelle al posto dei bottoni e spille a forma di biscotti attaccate sul gonnellino verde.
    L’unica che non aveva ancora visto era Bones. Sapeva che non amava il Natale, ma si era offerta ugualmente di aiutare Cam con l’organizzazione. Gli aveva detto che doveva fare una commissione ma che sarebbe arrivata in tempo per la festa, però nessuno l’aveva ancora vista. Si chiese curioso se Angela fosse riuscita a convincerla ad indossare il costume da elfo.
    Mentre i bambini iniziavano a mettersi in fila per farsi fotografare in braccio a Babbo Natale, Booth teneva d’occhio Parker. Come avrebbe reagito se avesse scoperto che dietro a quella barba finta e a quel costume rosso si celava suo padre?
    Babbo Natale fu paziente con tutti i bambini, ascoltò i loro desideri e si fece fotografare con loro. Ma Bones non si era ancora fatta vedere, e il sorriso di Booth stava iniziando a cedere.
    Il telefono di Cam squillò all’improvviso, facendo voltare tutti. I bambini spalancarono la bocca, chiedendosi stupefatti se agli aiutanti di Babbo Natale fosse permesso l’uso del cellulare.
    “Dottoressa Brennan, dove sei? Ti stiamo aspettando” disse Cam abbassando la voce per non farsi sentire dai presenti alti meno di un metro.
    Nel momento in cui sentì pronunciare il suo nome, Booth si alzò in piedi e si diresse verso la Saroyan. “Che cosa è successo a Bones?” chiese infilandosi i pollici nella cintura nera del costume sopra la pancia finta. Quanto avrebbe voluto togliersi quella barba posticcia!
    Cam riattaccò e poi si rivolse a Booth. “Babbo Natale, pare che uno dei tuoi aiutanti sia rimasto chiuso nell’ascensore. Pare anche che abbia bussato e chiamato diverse volte ma che nessuno l’abbia sentita per via della musica e del vociare dei bambini.”
    Booth non se lo fece ripetere due volte e si diresse verso l’atrio degli ascensori, iniziando a battere le mani sulle porte chiuse e gridando a gran voce il nome della sua collega.
    “Booth?” una voce lieve giunse finalmente da dietro una delle pesanti porte.
    “No, Bones … sono Babbo Natale” disse cercando di nascondere un sorriso. La barba gli pizzicava il volto.
    “Beh, chiunque tu sia, non credi sia giusto aiutarmi ad uscire?” disse lei, cercando di dissimulare la tensione.
    “Bones, stai bene?”
    “Sì, ma voglio uscire!”
    “Sto cercando di aprire le porte, Bones, un attimo di pazienza” disse Booth, vestito da Babbo Natale, mentre cercava di infilare le dita nello stretto pertugio della chiusura automatica. Abbassò la barba finta sul mento e continuò a spingere e a forzare, fino a quando le porte non si aprirono abbastanza per far entrare un po’ di luce all’interno dell’ascensore. E poi finalmente la vide, vestita da elfo, le lunghe gambe fasciate nella calzamaglia a righe rosse e bianche, la gonnellina verde e la giacca slacciata che lasciava intravedere la scollatura generosa. Il cappello era rimasto per terra, assieme al telefono.
    “Bones!”
    “Booth?” disse lei a voce bassa.
    “E chi credevi che fossi?”
    “Sei vestito da Babbo Natale?” disse sorpresa
    “Beh, sì … e tu sei vestita da elfo!” replicò lui.
    Entrambi spinsero per far aprire le porte e, collaborando, finalmente ci riuscirono.
    Temperance fu colta da uno slancio di gratitudine per Booth e lo abbracciò. Non che fosse preoccupata per la situazione, ma essere fuori da quell’ascensore le fece tirare un sospiro di sollievo e poi, come al solito, Booth l’aveva salvata.
    Rimasero così per alcuni istanti, Babbo Natale abbracciato al suo elfo, fino a quando un applauso non scoppiò alle loro spalle. Temperance si staccò in fretta e sistemò la barba di Booth prima di farlo girare, di fronte a loro c’erano tutti i bambini che li guardavano ammirati.
    Qualcuno fra di loro disse “Babbo Natale è un eroe!” e altri gridarono per l’emozione.
    Altri invece si misero a ridere, indicando qualcosa sopra le loro teste, sussurrandosi qualcosa all’orecchio e coprendosi le bocche con le mani.
    Fu una bambina la prima a muoversi, andò verso di loro e tirò la giacca rossa di Babbo Natale. Quando Booth si chinò per chiederle cosa volesse, la piccola non disse nulla ma indicò semplicemente con il dito qualcosa che stava in alto.
    L’elfo e Babbo Natale alzarono contemporaneamente le loro teste e si accorsero del ramo di vischio appeso sopra di loro mentre alcuni bambine, fra le più grandicelle, si misero a battere le mani a ritmo, chiedendo a gran voce un bacio. Dopotutto Babbo Natale si era appena comportato come un eroe e aveva salvato il suo elfo, che guarda caso era un elfo femmina … non c’era modo migliore per chiudere in bellezza una scena romantica come quella.
    Brennan e Booth arrossirono, pensando solo a come uscire da quella situazione, ma i bambini si stavano avvicinando a loro, costringendoli così ad indietreggiare fino ad entrare di nuovo nell’ascensore.
    Continuavano a gridare eccitati e l’unico modo per tenerli a bada, pensò Bren, fu quello di stampare un bacio sul naso di Babbo Natale che, ovviamente, divenne rosso come il suo vestito. I bambini scoppiarono a ridere e si allontanarono, tornando così verso la sala addobbata a festa ma continuando a commentare il bacio che l’elfo aveva donato all’eroe del momento. Alcuni di loro si chiesero se Babbo Natale avrebbe divorziato dalla Befana per sposare l’elfo, come nelle migliori storie d’amore a loro concesse di conoscere.
    “Un bacio sul naso, eh? Come ti è saltato in mente?” disse Babbo Natale mentre usciva dall’ascensore.
    “Cosa avrei potuto fare? C’erano dei bambini che ci stavano guardando!” rispose Bren divertita seguendo Booth “E poi con quella barba avrei avuto delle difficoltà a trovare la tua bocca.”
    “Disse colei che si vantava di conoscere alla perfezione la mia struttura ossea!”
    Non avrebbe dovuto dirlo, Babbo Natale si sentì tirare per la manica della giacca e venne trascinato di nuovo nell’ascensore, direttamente fra le braccia di Bones.
    “E cosa vorresti fare adesso?” chiese lui serio in volto.
    “Un miracolo!” Brennan gli abbassò la barba fin sul mento e si impossessò delle sue labbra.
    “Sì, Bones … un miracolo!” dopo aver pronunciato queste parole, riprese a baciarla, mentre le porte dell’ascensore si richiudevano.



    per Isabel _:
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    La magia del Natale


    Erano già passate un paio di settimane da quando avevo confessato i miei sentimenti a Booth e da allora non facevo altro che passare il mio tempo libero a cercare di superare il dolore e la sofferenza.
    Decisi di andare ad acquistare dei regali per le mie nipotine, visto che mancavano pochi giorni al Natale, quando il suono del campanello mi distolse dal mio intento.
    Aprii la porta e trovai il mio partner in piedi sul pianerottolo.
    “Ciao Booth, è successo qualcosa?”
    Dopo un attimo di esitazione, rispose: “Non mi fai entrare?”
    Mi scostai per lasciarlo passare. Richiudendo la porta lo osservai togliersi la giacca e allentare il nodo della cravatta. Sembrava molto teso.
    I secondi di silenzio pesavano tra noi come dei macigni, così arrivai diretta al dunque: “Come mai sei qui??”
    “Dobbiamo parlare, Bones. Chiarire la situazione.”
    “Booth, non c’è niente di cui parlare. Abbiamo già chiarito: ho perso la mia occasione e non posso far nulla per rimediare”. Poi senza rendermene conto, tutti i pensieri che fino a quel momento avevano riempito la mia testa uscirono fuori come un fiume in piena: “Durante questi giorni ho provato a far finta che niente fosse accaduto, ma il dolore che mi stringe il petto ogni volta che penso a te è troppo reale per essere ignorato. Ho tentato anche di mantenere le distanze, di ridurre al minimo i rapporti per alleviare la sofferenza, ma non è servito a niente.
    Sono arrivata anche a chiedermi se fosse valsa davvero la pena aprirmi e mostrarti ciò che provo. All’inizio ho dubitato, poiché tutta questo dolore è davvero… davvero troppo…
    Ma poi mi sono ricordata le parole di Micah: ‘meglio essere triste, che morta dentro’.
    E ho capito che con il tempo le ferite guariranno e io sarò in grado di andare avanti. Tu ci sei riuscito, ci riuscirò anche io..”
    “Ho creduto di esserci riuscito Bones”, mi interruppe Booth. “C’ho creduto con tutto me stesso. Ho cercato di mantenere le distanze da te, mi sono costruito un muro per tenerti lontana dal mio cuore. Ma tu l’hai sgretolato piano piano e dopo la tua confessione non ho potuto ignorare quello che ancora sento per te.”
    “Non capisco Booth, cosa significa tutto questo? E Hanna??”. Gli chiesi in preda alla confusione.
    “Non potevo continuare a far finta di niente. Le ho parlato e abbiamo deciso di lasciarci. Vedi Bones, io non ho mai smesso di amarti e quando me ne sono reso conto ho capito che non avrei potuto continuare a stare con lei..”
    Poi Booth si avvicinò. Mi prese il viso tra le mani tempestandolo di piccoli e dolci baci.
    “Booth..”, lacrime di felicità iniziarono a scendere dai miei occhi. “Ero certa che tutto questo non sarebbe mai accaduto..”.
    Strinsi le mie braccia attorno al suo collo e lo baciai sulle labbra.
    L’ultimo pensiero coerente fu che il mio desiderio si stava avverando, merito forse della magia del Natale?
    Poi la passione offuscò la mia lucidità.



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    La vita è meravigliosa*

    Quanto contiamo noi nelle vite degli altri? Per ogni nostra azione esiste un significato più profondo? Al nostro agire corrisponde sempre qualche effetto?

    Era accaduto in modo semplice e orribile. Orribile come solo le cose semplici possono essere.
    La dott.ssa Temperance Brennan si era addormentata una sera nel proprio letto.
    La mattina successiva si era svegliata scoprendo di non essere mai esistita....

    Il giorno prima

    L’ultimo caso l’aveva davvero coinvolta: quella dottoressa così simile a lei, tanto da farle credere di essere un tutt’uno con la vittima, era morta nel silenzio più assoluto. Nessuno sembrava essersi accorto della sua scomparsa. Nessuno l’aveva cercata. Grazie a quella dottoressa dimenticata da tutti però lei alla fine era riuscita a dire a Booth quello che provava per lui: non voleva avere rimpianti.
    E lui l’aveva respinta. Ora stava con una persona, le aveva detto, e l’amava. Lei aveva perso la sua occasione.
    Si era sentita triste, svuotata. Era tornata a casa.
    Da sola.
    Si era messa quasi automaticamente a preparare dell’insalata.
    Tagliava le verdure con gli occhi appannati dal pianto. Una ridda di pensieri confusi nella testa. Perchè era arrivata a tanto? Perchè si era isolata da tutto e da tutti? Le lacrime continuavano a scorrere e si era ritrovata a desiderare di poter credere in qualche cosa, di essere in grado di pregare per trovare una qualche consolazione.... La forza di quel pensiero la colpì con violenza: lei, la razionale dottoressa Brennan che desiderava poter pregare... Il coltello le sfuggì e si tagliò un dito. Malgrado tutto le affiorò un sorriso alle labbra. Che giornata tremenda... ora si era pure ferita!
    Si sentì come se nella sua vita fosse stato tutto inutile. Come se lei stessa fosse inutile. Forse tutti quanti sarebbero stati meglio se lei fosse sparita, anzi, se non fosse mai nata. Non avrebbe sofferto per l’abbandono da parte dei suoi genitori, non si sarebbe dovuta isolare da tutti per proteggersi.
    Si, ne era certa, se lei non fosse nata tutti sarebbero stati meglio. Mentre questi pensieri affioravano alla sua mente, sentì suonare il campanello. Si strinse uno strofinaccio intorno al dito ferito, asciugò gli occhi e andò ad aprire.
    Si trovò davanti un omettino che indossava dei vestiti fuori moda. Rigirava tra le mani una vecchia bombetta.
    “Desidera?” gli chiese Temperance.
    “Buonasera – rispose l’omettino - Cosa hai fatto al dito?”
    Temperance lo guardò stranita: “E’ la risposta a una mia preghiera
    “No, la risposta alla tua preghiera sono io: Clarence, angelo di seconda classe.” e così dicendo porse la mano paffuta a Temperance che la strinse quasi automaticamente.
    “E le ali?” lo schernì Temperance.
    “Non le ho ancora... sono un Angelo di seconda classe. Con il tuo caso me le guadagnerò....”
    “Permetti?” disse Clarence e sorridendo si intrufolò nell’appartamento.
    Temperance chiuse la porta osservando l’omettino che si guardava intorno, conscia della stranezza di tutta la situazione, ma incapace di reagire.
    “Dunque Temperance, cosa è successo?” le chiese Clarence.
    La donna lo guardò con aria rassegnata. Già, un angelo di seconda classe. Proprio quello di cui aveva bisogno.
    “Senta, se ha qualche problema la posso portare in ospedale” gli disse lei cercando di essere cortese.
    “Non sono io ad avere problemi Temperance, e cos’è questa storia di desiderare di non essere mai nata?” le chiese con aria di rimprovero scuotendo la testa.
    “Come fa a saperlo?” ribatté stupita l’antropologa.
    “Te l’ho detto, sono la riposta alle tue preghiere” le rispose Clarence. “Pietro - e indicò verso l’alto – ha deciso di inviarmi da te perchè ti aiutassi.”
    “Davvero?” gli chiese Temperance con un sorriso di scherno. Clarence annuì.
    “OK- disse la donna – è vero: se non fossi nata tutti starebbero meglio! Ho fatto soffrire Booth, che mi amava, per anni, e ora che io ero pronta, lui ha un’altra persona! Ho fatto soffrire tutti con la mia incapacità di amare, quindi sì: se non fossi mai nata molte persone starebbero meglio! Ma non vedo come la cosa possa interessarla.”
    Clarence guardò verso l’altro, imitato da Temperance che si mise a scrutare il soffitto, e disse: “Allora posso Pietro?” poi annuì e si volse verso Temperance: “Fatto!”
    “Fatto cosa?” le chiese la donna.
    “Non sei mai nata!” ribatté Clarence soddisfatto.
    Temperance lo guardò senza capire, poi si guardò il dito. Non sanguinava più. “Che strano” pensò...
    “Sì, non ti sei tagliata...” disse Clarence con aria condiscendente.
    “Devo andare a riposare” si disse Temperance. “Lei ha dove dormire Clarence?”
    “Non ti preoccupare per me. Ci vediamo domani mattina”. E così dicendo, dopo averle dato un colpetto sulla mano, uscì dall’appartamento.
    Temperance scosse la testa. La giornata era completa. Non pensò a quanto fosse stata strana la serata, e andò a letto.
    La mattina successiva si svegliò di buon ora, ancora triste per la giornata precedente e imbarazzata per il fatto di dover vedere Booth dopo la confessione del giorno prima.
    Sospirò profondamente e si decise ad uscire.
    Arrivò al Jeffersonian molto presto e si diresse all’ingresso.
    “Buongiorno James” disse alla guardia all’ingresso.
    “Scusi, dove sta andando?” le rispose la guardia parandosi davanti a lei per impedirle l’ingresso.
    “Al lavoro!” disse Temperance.
    “Lei chi è?” le chiese il guardiano.
    “Ma James, sono anni che ci vediamo tutte le mattine!” rispose Temperance sbalordita.
    “Io non la conosco. Se ne vada prima che chiami la sicurezza!”
    E la cacciò via.
    Temperance era stravolta. Voltandosi si accorse che Clarence era accanto a lei e la guardava.
    “Che sta succedendo? Perchè non mi fanno entrare?”
    “Perchè tu non lavori qui, la dottoressa Temperance Brennan non esiste...” le spiegò l’omino.
    “Non dire sciocchezze!” lo aggredì l’antropologa.
    “Scusi – disse rivolgendosi a James – potrebbe farmi chiamare la sig.na Montenegro?”
    “Non so chi sia” le rispose la guardia.
    Temperance si voltò verso Clarence con aria interrogativa. “Tu non c’eri per farla assumere – le spiegò Clarence - lei è ancora una disegnatrice di strada”
    La donna si precipitò al parco dove lavorava Angela quando si erano conosciute, e la vide: stava disegnando una signora di mezza età. Le corse incontro “Angela!” L’artista si voltò di scatto e la guardò con aria interrogativa: “Desidera?” “Angela, ma non mi riconosci?”
    “Non l’ho mai vista in vita mia...” Temperance la guardò con aria sconvolta. Angela era più magra, e i vestiti erano consumati. Gli affari non dovevano andare troppo bene.
    Si voltò a guardare Clarence che scosse la testa “Tu non c’eri...”
    Temperance si allontanò.
    “Hodgins... devo andare da lui. Dove si trova? Lavora a Jeffersonian?” Chiese Temperance a Clarence.
    “Beh, sai, aveva iniziato a lavorare lì, però tu non c’eri a valorizzare le sue capacità, e poi con le sue paranoie sui complotti....”
    “Dov’è!” chiese Temperance, scuotendo il poverino per le spalle.
    “Lo hanno rinchiuso! E’ in una clinica per malati mentali....”
    Temperance era sconvolta “Ma come è possibile...”
    “Tu non c’eri....” le ripeté Clarence.
    “E Booth... dov’è Booth!” Gridò Temperance.
    “Non so se ti farebbe piacere saperlo” le disse Clarence con aria addolorata.
    “Dimmi dov’è!!” Gridò sconvolta Temperance.
    “Va bene... vieni con me”. Temperance seguì Clarence in un quartiere malfamato. Entrarono in un locale e l’angelo indicò a Temperance un tavolo verso il fondo della stanza.
    Temperance si diresse in quella direzione, ma si fermò dopo poco. L’uomo seduto al tavolo aveva un aspetto orrendo: la barba lunga e gli occhi cerchiati.
    Stringeva tra le mani un bicchiere di liquore. Era visibilmente ubriaco.
    Temperance si avvicinò e lo guardò: “Booth!”
    L’uomo alzò lo sguardo dal bicchiere.
    “Cosa vuole? Chi è lei? Se le devo dei soldi non si preoccupi, salderò ogni debito...”
    Temperance si voltò verso Clarence con gli occhi gonfi di lacrime. “Ma che è successo?”
    “Tu non c’eri, e lui non ha mai smesso di giocare. Dopo qualche tempo è stato cacciato dall’F.B.I.”
    “E Parker?” chiese Temperance, “lui era tutta la sua vita...”
    “Sono anni che non lo vede più... non gli hanno più permesso di vederlo e la madre si è trasferita...”
    Temperance guardò un’ultima volta quel Booth che non conosceva e uscì dal locale di corsa. Appena fuori si appoggiò ad un muro e iniziò a singhiozzare.
    “Clarence, voglio vivere! Voglio tornare indietro!”
    Si guardò intorno ma l’omettino non c’era più.
    Si diresse a casa disperata e si chiuse nel suo appartamento.
    Sentì bussare alla porta e corse ad aprire :”Clarence!!”
    Ma davanti ai suoi occhi c’era Booth...
    “Cosa hai fatto al dito?” le chiese l’uomo.
    Temperance abbassò lo sguardo e si mise a ridere: :”Mi sono tagliata.... sanguino! Hai visto? sanguino!!!” e così dicendo lo abbracciò.
    L’agente rimase sorpreso: “Bones, tutto bene? Sai, ieri sera quando ti ho riaccompagnato a casa mi sembrava che stessi molto male, e mi è dispiaciuto non fermarmi...”
    “Ora è passato, sto bene. Grazie.” gli disse Temperance sorridendo.
    “Lo vedo – rispose Booth – come mai sei così allegra?”
    “Penso che un angelo questa sera abbia messo le ali....” e con un magnifico sorriso invitò l’agente ad entrare.

    “Ottimo lavoro Clarence”
    “Grazie Pietro... ehmmm... e le ali?”


    *Ispirato all’omonimo film di Frank Capra con James Stewart


    per -Julia-:
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    Ghiaccio e fuoco

    Una notte di neve.
    Una campagna che prometteva gelo.
    Un SUV che non aveva intenzione di riaccendersi, abbandonato in mezzo ad una strada solitaria.
    L'ombra di un uomo con un cappotto nero avanzava a fianco di quella di una donna con un berretto di lana grigia.
    Di fronte a loro una casa, spenta, desolata.
    La vaga reminiscenza di quello che un tempo, per qualcuno, rappresentava calore e protezione li avrebbe riparati per quella notte ghiacciata. Forse avrebbe disciolto il gelido freddo che si era insinuato nel profondo del loro essere. Nelle ossa. Nei cuori che, dopo i no, avevano perso un battito per un tempo all'apparenza infinito, ricominciando, poi, a palpitare nel silenzio di una falsa quiete.
    La porta di quel riparo non si oppose ad accoglierli, e una mano di lui sulla schiena di lei accompagnò il tiepido calore che li condusse nell'atrio buio.
    Un silenzio immobile invadeva quel luogo, come a voler rispettare i sentimenti che si combattevano nell'atmosfera di quella casa e nelle profondità dei loro animi. Una coltre di gelo che attanagliava un calore ancora percettibile sotto di essa.
    Poi la fiammella fioca dell'accendino di lui cominciò a giocare con sfumature di luce all'interno di quella casa abbandonata, consegnando ai loro occhi le stanze che, come dimostravano le foto appese alle pareti, un tempo avevano custodito sorrisi e serenità.
    Il camino nell'angolo del soggiorno e la legna umida che giaceva al suo fianco promettevano il dissolversi delle nuvole di fiato che ancora si formavano con i loro respiri affannati.
    Residui di cenere cupa e fragile cospargevano l'interno del focolare, resti di una brace che un tempo era stata un fuoco caldo e vivo.
    Provò lui per primo.
    Accatastò la legna alla rinfusa e frettolosamente per cercare di accendere una fiamma il prima possibile. Per ritrovare il calore.
    Una scintilla, due, una rapida lingua di fuoco, poi tutto si oscurò.
    Provò una seconda volta lei.
    Aggiustò la legna dandogli un ordine più logico per aiutare le fiamme a trovare la loro naturale strada, sistemò al centro dei pezzi di cartone più spesso e resistente. Poi un brivido si fece strada sotto la sua pelle quando prese dalla mano di lui l'accendino. Un contatto fulmineo che aveva scatenato una scintilla, della stessa intensità di quelle che seguirono all'interno del camino.
    I ceppi più piccoli iniziarono ad ardere vivacemente, come fossero stati in attesa di quel momento da sempre.
    Entrambi si rilassarono, rassicurati dall'animata energia di quel piccolo fuoco, finché i fasci di luce cominciarono ad affievolirsi.
    Fu lui, allora, a prendere l'iniziativa.
    Cominciò a soffiare sulla fiamma, invitando lei ad aiutarlo aggiungendo altra legna asciutta per invigorire la potenza di quel fuoco.
    Si trovarono vicini, in ginocchio di fronte a quel camino acceso, intenti a impegnare tutta la loro buona volontà per alimentare il fervore di quel calore che, lentamente, stava sciogliendo il freddo che attanagliava ciò che li circondava e non solo.
    Poi le fiamme cominciarono a diventare poderose e inarrestabili e, finalmente, entrambi riuscirono a trovare il tepore confortante al quale aspiravano.
    Passarono diversi minuti in silenzio che trascorsero ad osservare sorridenti i giochi di luce che si formavano all'interno del camino di fronte a loro.
    Provò lui per primo.
    Girò il viso e la guardò per un lungo istante.
    Lei sentì la mano di lui sfiorare il dorso della sua. Un brivido, una scintilla.
    “Stai tremando, Bones.”
    Si fece più vicino e iniziò a sfregarle le mani sulle braccia, avvicinandola a sé. Lei si abbandonò a quel tocco e a quel petto che da tempo non sentiva accostato alla sua guancia.
    Poi il movimento si tramutò in una dolce carezza, carica di tutto il calore che, dentro di loro, si stava improvvisamente accendendo.
    Poi provò lei.
    Affondò ancora di più tra quelle braccia forti che la avvolgevano e gli sfiorò ritmicamente la pelle del collo con il suo respiro caldo.
    Si unì a lui, come poco prima di fronte al camino, ricambiando quelle carezze che, un istante dopo l'altro, accrescevano il loro fuoco. Sciogliendo il ghiaccio che li aveva avvolti per molto tempo, ritrovando il caldo a cui erano abituati.
    Fu lei, allora, a prendere l'iniziativa.
    Cominciò a posargli dei baci leggeri e incerti sul collo che, quando lui iniziò a ricambiare, si fecero più sicuri e intensi accendendo il vigore del loro fuoco.
    Le bocche si cercarono, si trovarono, si toccarono.
    Si ritrovarono più vicini di prima, seduti di fronte a quel camino acceso, intenti a impegnare tutta la loro buona volontà per alimentare il fervore di quel calore che, lentamente, stava sciogliendo il freddo che li aveva attanagliati per tanto tempo.
    Poi le fiamme cominciarono a diventare possenti e irrefrenabili e, finalmente, si lasciarono riscaldare a lungo da quell'ardore elettrizzante.
    Passarono diverso tempo senza parlare ed entrambi lo trascorsero ad osservare sorridenti i giochi di luce che il fuoco di fronte a loro formava sui loro visi.
    “Il fuoco si sta spegnendo, Booth.”
    Lui la guardò per un istante senza replicare. Tutto si fermò.
    “Allora dobbiamo impegnarci per tenerlo sempre acceso.”


    per eli_tara:
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    per Diletta93.:
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    per Ciccia-B:
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    per jessica.to:
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    per dr.fran:
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    La teoria della relativitá

    Guardó fuori dal finestrino e le gocce di pioggia che scendevano lentamente percorrendo tutto il vetro lo fecero sentire al riparo e al caldo all'interno dell'abitacolo. Il motore era spento adesso che era in sosta, ma il riscaldamento era stato acceso per tutto il tragitto, lasciando la macchina deliziosamente tiepida. Nel momento in cui lei aveva aperto la portiera ed era scesa senza voltarsi, si era ricordato immediatamente quanto fosse umido e freddo fuori. La vide correre verso l'ingresso di casa sua e sparire dalla sua vista in un istante, come inghiottita dalla notte.

    Come quella sera.
    Il sorriso amaro di lei appena prima di scendere gli aveva perforato il cuore. Era bellissima con i capelli bagnati. Era bellissima quando si rendeva vulnerabile e senza muri difensivi. Si era reso conto dopo che mai l'aveva amata come in quel momento, quando aveva dovuto rinunciare a lei e all'amore che gli stava offrendo. Perché era giusto cosí, secondo lui.
    Un tempo avrebbe pensato che a tale dolore non sarebbe mai potuto sopravvivere. Che lo avrebbe spezzato irreparabilmente. Ma si sbagliava.
    Era rimasto a guardare il temporale che all'esterno si stava scatenando, sapendo perfettamente che era nulla in confronto alla tempesta nel suo cuore. E non era riuscito a rimettere in moto la macchina, e ad andare a casa. Era rimasto in apnea per lungo tempo, da solo, sotto casa di lei, prima di poter ripartire e girare per mezza cittá senza meta e senza bussola.
    Era rientrato a casa all'alba. Senza passare dalla camera da letto, si era riscaldato sotto una doccia bollente e si era preparato un caffé. Sorseggiandolo sul divano, si era accorto di essere ancora in apnea. Sarebbe mai riuscito a respirare ancora?

    Una nuova ventata d'aria gelida lo obbligó ad inspirare, cogliendolo di sorpresa. E prima di poter girare il volto si trovó di nuovo senza respiro. Questa volta perché le labbra di Brennan piombarono inaspettatamente sulle sue. In un tenero e delicate bacio.
    Lei era cosí, meravigliosamente spontanea ed imprevedibile.
    “Ecco, l’ho preso. Adesso possiamo andare”. Sorrideva, uno di quei sorrisi che accendono anche gli occhi. Adorava vederla felice. Adorava essere felice.
    Quella sera in cui aveva perso il suo cuore era ormai lontana, e il suo cuore era ritornato integro, con lei al suo fianco.
    “Non ti sei dimenticata la magliettina dei Phillies che avevo lasciato di sopra, vero Bones?” chiese lui.
    “No Booth, anche se penso che sia un regalo abbastanza inutile per un neonato. Vedrai che preferirá la tutina di ciniglia con gli orsacchiotti che ho scelto io”. Rise.
    “Bones, il bambino é nato qualche ora fa, credimi, meglio incominciare presto con l’imprinting sportivo”. Lo disse serio, come se si stesse riferendo ad una comprovata legge scientifica.
    E lei rise di nuovo. Balsamo per il suo cuore. Come aveva anche potuto pensare di poter vivere senza le sue risa, il suo sorriso, il suo calore? Come aveva potuto essere cosí pazzo da pensare che ci fosse felicitá senza l’amore di Temperance Brennan?
    “Fermati per favore da Dr.Fran, ha sempre dei bellissimi bouquet di fiori, voglio portare qualcosa per Angela, dopotutto é lei quella che si merita un regalo”.
    Booth si commosse pensando a quante volte la sua esistenza si era capovolta ancora e ancora durante quei pochi mesi in cui questa nuova vita si era preparata al mondo.
    Le lacrime di Brennan, la delusione di scoprire insieme ad Hannah di aver semplicemente vissuto un’illusione per nulla reale, la fatica di ricominciare, accettando la solitudine.
    E poi, solo una settimana prima di questa nascita, il mondo si era capovolto di nuovo e si erano dati un’altra possibilitá. Da quel momento la sua vita era cambiata cosí tanto che gli sembrava non ci fosse mai stata una realtá senza di lei, come se questa settimana insieme fosse tutta la sua vita. Sorrise pensando che Einstein aveva ragione, il tempo era davvero relativo.
    Quando scesero dalla macchina e si avviarono verso l’entrata dell’ospedale, la prese per mano. Sentí la risposta della stretta di lei, e si sorrisero, incamminandosi insieme a dare il benvenuto ad una nuova vita.


    per Chemistry:
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    per PenelopePepe:

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    per vale2875:
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    "A Natale tutte le strade conducono a casa" - Marjorie Holmes

    Il Natale era alle porte. Meno di 48 ore e quella frenesia magica che rende questo il periodo dell'anno più speciale che ci sia si sarebbe ripetuta, nuovamente.
    Il Jeffersonian era vuoto. Solo Brennan era ancora nel suo ufficio, intenta a lavorare alla stesura del nuovo romanzo. Nel frattempo attendeva una giornalista inglese giunta a Washington direttamente da Londra per intervistare l'antropologa forense migliore del mondo.
    Bussarono alla porta.
    “Avanti” disse lei.
    “Buonasera dottoressa Brennan, spero di non disturbarla. Sono Kate Cardew del New Apple magazine, si ricorda...ci siamo sentite qualche giorno fa per telefono” disse la giornalista rimanendo sull'uscio della stanza. Una giovane ragazza, capelli castani, occhi azzurri e il tipico accento inglese.
    “Sì certo, mi ricordo perfettamente. Si accomodi pure”
    La giornalista le spiegò brevemente di essere una sua fedele lettrice e di essere volata fin negli States per poterle chiedere qualche anticipazione sul nuovo romanzo, dato lo straordinario successo ottenuto dal precedente in quel di Londra. Era visibilmente emozionata.
    Temperance lo notò, in questi anni lavorando in coppia con Booth aveva imparato a fare caso a queste cose. Cercò di mettere la sua interlocutrice a proprio agio offrendogli una tazza di caffè caldo. A sua volta anche lei prese una tazza di caffè e inziò a sorseggiarlo lentemente.
    “Dottoressa Brennan non le porterò via molto tempo. Solo qualche domanda per soddisfare le curiosità dei suoi lettori inglesi” disse rivolgendosi a lei come a volersi scusare di intrattenerla lì, nel suo ufficio, a poche ore dal Natale mentre fuori impazzava la corsa ai regali dell'ultimo minuto.
    “Non si preoccupi signorina Cardew, le ho detto io di venire oggi” rispose lei accennando un lieve sorriso.
    Dopodiché la giornalista, senza altri indugi, inziò a farle le sue domande.

    ****



    Era finalmente tornata a casa. Si liberò di giacca e cappotto e sprofondò sul divano. Il tempo di chiudere gli occhi e una dolce carezza le sfiorò delicatamente una guancia. Avrebbe riconsciuto la dolcezza di quel contatto anche in piena fase REM.
    “Hey Bones, hai mangiato?” le disse Booth sedendosi vicino a lei.
    “No Booth, a dire il vero ho un po' di fame” rispose Temperance sorridendogli.
    “Eheh...allora questo è proprio il tuo giorno fortunato. Ho preparato i maccheroncini al formaggio che aspettano giusto te...” disse lui sfoderando uno dei suoi sorrisi assassini.
    “Grazie, tu hai mangiato?”
    “No. Aspettavo te”
    Silenzio. Si guardarono intensamente negli occhi. Era uno dei loro momenti. Uno di quei momenti in cui le parole sarebbero state superflue. Uno di quei momenti in cui i loro sguardi si incontravano e iniziavano a conversare in silenzio sussarrandosi parole d'amore.
    Seeley le presa una mano, la baciò dolcemente e la condusse in cucina dove la tavola era apparecchiata con una cura estrema.
    Ne avevano fatta di strada quei due. Certo a volte avevano imboccato sentieri interrotti, altre volte avevano preso direzioni del tutto separate. La verità, però, era che per quanto potessero scegliere itinerari differenti, camminavano entrambi verso la stessa direzione e, si sa, il viaggio termina dove gli innamorati s'incontrano. E semplicemente alla fine quelle due anime elette si erano incontrate, finalmente. Ma il viaggio non era terminato. Al contrario aveva iniziato a prendere vita proprio ora, e la cosa bella era che loro lo avevano intrapreso insieme.
    Questo per loro era un Natale speciale. Era il primo Natale che trascorrevano insieme come coppia. Ed era anche il primo Natale della piccola creatura a cui avevano dato vita insieme. Due persone che diventano una e che danno vita alla vita.
    Sofia.
    Quel miracolo che portava le loro fattezze: occhi di cielo e un sorriso in grado di oscurare il sole. Non c'era nulla da obbiettare. Quando quei due si mettevano a fare le cose insieme, le facevano proprio bene.

    ****



    Qualche ora prima

    […]

    “Dottoressa posso chiederle le due ultime due cose? Le dirò la verità francamente non sono inerenti al suo nuovo romanzo...diciamo che sono curiosità personali. Gliele chiedo non come giornalista, ma semplicemente come donna”.
    Temperance rimase qualche secondo in silenzio. Fosse stata la stessa di qualche anno fa avrebbe ritenuto del tutto inutile rispondere a domande che non avevano attinenza al suo romanzo. C'era però in quella giornalista qualcosa che le ispirava fiducia. Per certi versi, e non sapeva spiegarsi bene il perché, le ricordava Booth. Per questo decise di acconsentire a quella bizzarra richiesta.
    “Va bene signorina” rispose Brennan.
    “Lei crede nell'Amore?” disse la giornalista tutta d'un fiato.
    Temperance rimase qualche minuto in silenzio. Non si aspettava proprio una domanda del genere.
    Decise comunque di rispondere.
    “Beh...qualche anno addietro le avrei risposto che quello che noi consideriamo amore è in realtà una sensazione data dall'azione combinata di neurotrasmettitori come la dopamina. Ora per esperienza diretta posso dirle che la chimica c'entra poco o nulla con questo sentimento. Anche se è scientificamente impossibile spiegare bene cosa porti all'innamoramento e a tutte le sensazioni ad esso collegate, ne riconosco l'esistenza e la potenza avendola io stessa provata in prima persona. Provo amore ogni volta che guardo negli occhi mio marito. Vedo l'amore ogni volta che guardo il faccino sorridente di nostra figlia.”
    La giornalista era incredula e non sapeva bene se per ciò che Temperance aveva detto o semplicemente perché aveva ricevuto risposta a quella risposta.
    “Capisco dottoressa. Bene....allora, ecco la mia ultima domanda. Lei ha fede?” disse la signorina Kate guardando Brennan dritta negli occhi.
    “Immagino che dire di non avere fede proprio in questo periodo dell'anno può risultare quasi blasfemo. Io posso dirle che ci sono tanti tipi di fede. Se lei si riferisce alla fede in senso teologico, sinceramente devo risponderle di no. Forse sarebbe più corretto dichiararmi agnostica giacché la presenza di un dio non può essere provata e quindi, scientificamente parlando, sarebbe scorretto sia dirle di credere sia affermarle il contrario. Tuttavia-continuò Brennan dopo una lieve pausa-ho imparato che si può avere fede, e non solo e unicamente in un dio. Posso dirle tranquillamente di avere fede, una fede profonda e una fiducia incondizionata nel mio partner, l'agente speciale dell'FBI Seeley Booth. Mi fido di lui più di qualsiasi altro essere al mondo. Morirebbe per me, ucciderebbe per me. Ed io so che, in ogni caso, saprebbe sempre fare la cosa giusta. Quindi sì, signorina, ho fede. E mai quanto questo Natale posso affermare di aver imparato a conoscere l'Amore ed a confidare completamente in un'altra persona all'infuori di me”.


    per ~Mars.:
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    per ~ Shinigami;:
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    E' Natale

    Era la vigilia di Natale...
    Nevicava senza sosta da tre giorni. La neve aveva coperto la città a tal punto che fu consigliato di muoversi di casa il meno possibile. Uffici, negozi, ristoranti... tutto o quasi era rimasto chiuso.
    Anche il Jeffersonian era andato in ferie con un paio di giorni d'anticipo, concedendomi tutto il tempo di scrivere il mio nuovo libro.
    Quella mattina dunque mi ero concessa il lusso di alzarmi un'ora più tardi, e di indugiare a lungo sul divano sorseggiando il mio caffé e scribacchiando il mio nuovo romanzo.
    Qualche ora dopo avrei pranzato, avrei preparato una torta al cioccolato, e dopo un lungo bagno mi sarei preparata per andare a casa Hodgins.
    A casa Hodgins, per quella sera, era prevista la più grande cena di Natale che si fosse mai vista. Tutta colpa del congedo per maternità di Angela che, costretta a casa e incapace di stare con le mani in mano, aveva organizzato nei dettagli quell'evento di cui sperava si sarebbe parlato per mesi.
    Aveva invitato parenti, amici, collaboratori; e ancora parenti degli amici e dei collaboratori, gli amici dei parenti, i collaboratori degli amici... Come aveva detto Hodgins qualche giorno prima 'a casa nostra si riunirà mezza città' .
    E io sarei arrivata un po' in anticipo, con la mia torta al cioccolato, e avrei aiutato Ange ad accogliere gli ospiti.
    Ero appunto sul divano, rilassata e tranquilla quando lo squillo del telefono interruppe il mio idillio solitario.
    Corsi verso il telefono curiosa di sapere chi potesse chiamarmi alle nove di mattina della vigilia di Natale.
    Presi la cornetta e riconoscendo il numero che compariva sul display: “ Ange?”
    “ Tesoro, finalmente mi rispondi! Sono due ore che provo a chiamarti sul cellulare. Perché lo tieni spento?”
    “Ho pensato che fosse solo uno spreco di energia tenerlo accesso, visto che sono a casa e non riceverei telefonate di lavoro essendo la vigilia di Natale. Mi hai chiamato per chiedere conferma di stasera?”
    “ In realtà no, non ti chiamo per questo” mi interruppe. Io tacqui e lei, dopo un respiro profondo, prese la parola. Ma io non sentii nulla. Evidentemente c'erano problemi sulla linea, a causa del maltempo, pensai.
    “Ange, tutto bene? Ma dove sei?” chiesi.
    “ Sono in aereo!”
    Di tutte le cose che avrebbe potuto dirmi, quella era l'ultima che mi sarei aspettata di sentire.
    “ Che vuol dire che sei in aereo?” chiesi.
    “ Brennan, cosa vuoi che voglia dire? Proprio da te queste domande? Sono in viaggio con Jack. Andiamo a Parigi”
    Effettivamente, la mia domanda era piuttosto scontata e senza senso concreto, ma nello shock del momento non riflettei bene su cosa dire.
    “ Perché state andando a Parigi?” chiesi. Quella era una domanda legittima, dopotutto.
    “ Io ci ho pensato stanotte, Bren. Questo è l'ultimo Natale che siamo soli io e Jack, ed è l'ultima occasione che abbiamo di andare insieme da soli a Parigi prima di tuffarci nel magico mondo delle pappette e dei pannolini. Stamattina ho avuto l'illuminazione. Jack mi ha accontentato e ora stiamo volando destinazione Paris!” esclamò con entusiasmo.
    Io non ero proprio entusiasta come lei.
    “ Questo significa che la cena è annullata?” chiesi cauta, cercando di capirci qualcosa.
    “ Bhe, ecco, è per questo che ti chiamavo” . Fece una pausa, come a voler scegliere le parole giuste da usare. “ In realtà non ho avvisato nessuno, se non te, della mia partenza”.
    La cosa non aveva molto senso alle mie orecchie. Cosa voleva chiedermi?
    “ Brennan, non è che puoi occupartene tu? Infondo sei in grado di gestire un evento simile, e poi è già tutto organizzato e sarebbe uno spreco mandare all'aria tutto!”
    A quel punto, confesso, ero piuttosto sconvolta. Non sono mai stata il tipo da sconvolgersi facilmente, non per niente avevo analizzato scheletri ritrovati nei luoghi più assurdi, con le storie più assurde. Ma le parole di Ange mi lasciarono a bocca aperta. Metaforicamente e letteralmente.
    “ Come faccio Angela? E' qualcosa che non poso fare, non ho esperienza e non ne sono capace. E in più non conosco la gente che tu hai invitato"
    “ Se è per questo molti non li conosco neanch'io, alcuni sono parenti lontani di Jack o amici di amici che non ho mai visto. Comunque, Bren, per piacere. Fammelo come regalo di Natale. Ti prego”
    “ Io ti ho già comprato un regalo di Natale!” obbiettai.
    “ Bhe, se mi fai questo piacere l'altro regalo te lo puoi tenere” mi propose lei.
    “ Non so cosa me ne farei di una culla di vimini...”
    “ Oh mio Dio” urlò lei dall'altra parte del telefono. “Una culla di vimini? Devo assolutamente averla...”
    E su quelle parole cadde la linea.
    E ci mancò poco che cadessi a terra pure io.


    Due ore dopo, ero a villa Hodgins, cercando di capire cosa fare. Gli addobbi erano arrivati, e c'era bisogno di coordinare dove e come sistemarli. E io, che non ho mai avuto un grande senso estetico e artistico, non sapevo come gestire la cosa.
    “ Questi dove li dobbiamo mettere?” “ Con questi che ci dobbiamo fare?” “ Come vuole che siano sistemati questi?”
    Ero sobbarcata di domande e temevo che il mio cervello, seppur allenato da anni di studi e lavori, non riuscisse a gestire decentemente quel sovraccarico di informazioni.
    Mi ero appena appoggiata ad una parete, sperando di trovare un attimo di pace fra fiocchi e ghirlande quando una voce familiare pronunciò il mio nome.
    “Bones?”
    O meglio, il mio unico soprannome.
    “ Booth?”
    L'agente speciale Seeley Booth fece il suo ingresso a villa Hodgins alle dodici e mezza del 24 dicembre. Una sorpresa inaspettata.
    “Cosa ci fai qui?” gli chiesi io, che ancora un po' disorientata dagli eventi continuavo ad avere l'impressione di non essere capace di capire nulla.
    “ Hodgins mi ha chiamato. Mi ha raccontato tutto e mi ha chiesto di venire ad aiutare. Stai bene?”
    Ero stanca. Ancora sconvolta. Confusa. Soprattutto stanca. E non dovevo avere un bell'aspetto, pensai. E lui sembrava aver capito tutto.
    “ Non preoccuparti. Ti aiuto io”
    E vederlo sfilarsi la giacca e arrotolarsi le maniche della camicia mi riempì di fiducia.

    Le previsioni meteorologiche quella mattina avevano annunciato che per Washington quella Vigilia di Natale sarebbe stata la più fredda dell'ultima metà del secolo.
    Ma a casa Hodgins eravamo così indaffarati che nessuno ebbe il tempo di accorgersene.
    Tuttavia, quando l'ennesima bufera di neve cominciò ad abbattersi sulla città, iniziarono a sorgere i primi problemi.
    Da principio fu il panico. Poi intervenimmo con le stufe elettriche. Ma scioglievano le sculture in ghiaccio così le portammo via.
    Booth con il giardiniere e due camerieri si misero a spalare la neve del viale senza colpo ferire.
    La tata dovette scongelare con il phon elettrico gli addobbi dell'enorme albero di Natale del giardino.
    Camille, da casa sua, chiamava senza sosta i suoi agganci alla polizia cercando di convincerli a mandare degli spala neve, in modo tale da permettere al catering e dopo agli invitati di raggiungere la villa rimasta isolata.
    Io ero nel salone ad allestire i tavoli e le sedie per l'arrivo degli ospiti.
    Nonostante tutto, sembrava ce la cavassimo bene. E in orario.
    Alle sei della sera era quasi tutto pronto. E gli ospiti sarebbero arrivati di lì a breve.
    La grande sala da pranzo di casa Hodgins era addobbata per le feste. Ed era bellissima.
    Festoni colorati, luci sgargianti, addobbi su addobbi avevano fatto si che l’atmosfera festaiola invadesse l'ambiente.
    “ Bones?!”
    Booth, nel suo completo nero con cravatta rossa natalizia, mi venne a chiamare in cucina.
    “ Che c'è?” chiesi io.
    Lui mi guardò sorridendo. “ Vuoi accogliere gli ospiti così?” mi chiese.
    “ Così come?” domandai io confusa.
    “ Non so, con la maglietta sporca, le mani impastate e la farina sulla faccia e fra i capelli” mi rispose lui prima di mettersi a ridere.
    In effetti, avevo le mani nell'impasto della mia torta al cioccolato e suppongo che un quantitativo notevole di farina mi fosse finito addosso.
    “ Vai a prepararti” mi invitò quando smise di ridere.
    E io accettai il suo consiglio.

    Mezz'ora dopo era già giù che urlava. Ripetutamente.
    “Bones, datti una mossa!”
    Effettivamente stavo facendo tardi. Non era mai stata mia abitudine ritardare, anzi, ero sempre cronicamente in anticipo. Quella sera però, stranamente...
    “Sto arrivando” gli risposi di corsa, alzandomi per le gambe i collant. Caddi sul pavimento con un tonfo forte e urlacchiai per l’impatto. Mentre mi rialzavo tutta trafelata mi montò una rabbia. Per Angela, per Hodgins, per Booth. Se lei non fosse partita, se lui non l'avesse accontentata, io a quell'ora sarei stata a casa mia, nella mia vasca da bagno rilassata e contenta e quanto a Booth, se non fosse stato per quel continuo chiamarmi mi sarei vestita quantomeno con calma. Ma più lui gridava, più io diventavo stranamente nervosa entrando in un circolo vizioso.
    Tuttavia, nella foga del momento, buttai l'occhio sull'enorme specchio a parete della camera padronale.
    Come mi avrebbe detto Cam qualche ora dopo, quel vestito "gridava" (metaforicamente parlando, i vestiti non gridano) Angela da tutti i pori.
    Sfortunatamente quella mattina non mi era passato per la mente di portarmi appresso il cambio, così quella sera mi ritrovai con un quantitativo spropositato (approssimativamente ¾) delle mie gambe in bella mostra. Sulla parte di sopra non è che ci fosse poi tanta altra differenza. La scollatura a barca metteva in mostra tutto quello che c'era da mettere in mostra, nonostante avessi provato piuttosto rozzamente a coprirmi con sciarpe e foulard che mal si abbinavano al vestito. Alla fine mi rassegnai a scendere con quello scampolo di tessuto rosso sperando di non attirare lo sguardo languido dello zio Jeffrey, zio di Angela, come già accadde qualche anno prima al loro finto matrimonio.

    “Dottoressa Brennan!” qualcuno mi gridò ancora.

    Mi lasciai sfuggire un sospiro realizzando che non potevo indugiare ancora a lungo, così mi infilai il bracciale e poi mi avviai verso le scale. Rimasi sulla porta ferma alcuni secondi per raccogliere il coraggio di entrare in scena così conciata. Non è mai stata mia abitudine vestire così scoperta, senza contare che con il freddo era un vero e proprio controsenso. Comunque, quando finalmente entrai nella stanza il mio sorriso svanì quando la prima cosa che dovetti vedere erano Booth ed Hannah che si abbracciavano sulla poltrona preferita di Angela.
    Potevo appena vedere le loro facce tanto erano vicini, ma non c’erano dubbi che quella massa di capelli ondeggianti e quella risata fossero di Hannah.
    Cercai di nascondere il disappunto di vederli insieme. Era la festa di Natale che avevamo organizzato insieme, dopotutto e mi chiesi se veramente avrei dovuto sopportare la sciocca risata della bionda per l’intera serata. Ma in realtà conoscevo già la risposta. Certo, lo dovevo fare. Hannah era la fidanzata di Booth dopotutto e lo era da un po' di tempo. Non era un segreto che loro fossero inseparabili così non era poi così sorpresa che lui l’avesse invitata a trascorrere il Natale insieme. Non ero sorpresa, ma incredibilmente…dispiaciuta.
    Nascondendo, come al mio solito, le mie emozioni sotto una maschera di falsa noncuranza mi addentrai nella stanza salutando. "Hannah! Sei riuscita ad arrivare" lei saltò al mio improvviso ingresso, ma Booth rimase a guardarmi con un sorriso furbo, pronto a rispondere alla mia battuta ma non lo fece. Il suo sorriso gli morì sul viso, quando fu colpito dal mio eccentrico aspetto. Oserei dire che rimase a bocca aperta.
    “Wow” mi disse sbalordito. “Credo ti sia scordata un pezzo del vestito di sopra, nella fretta”
    “No, sono piuttosto sicura non ci fossero altre parti.” Risposi sicura. Poi, notando come tutti ridessero alla sua esclamazione capii. "Era una battuta". Sweets annuì complice. "Divertente"
    Tutti si misero a ridere tranne Booth . Lui mi continuava a guardare fisso.
    “No, Bones, sono serio,” lui insisteva solennemente. “Stai davvero bene stasera”
    “Grazie” risposi stranamente confusa. Il modo in cui mi guardava adesso mi rendeva quasi insicura.
    Cercai di nascondere l’imbarazzante sensazione mantendo un'espressione imperturbabile, ma non potevo nascondere l’arrossire delle mie guance. Era tutto piuttosto strano. La situazione era ancora più imbarazzante perché Hannah era testimone (insieme a Sweets, che col senno di poi, ricordando le analisi del linguaggio del corpo che ci fece per i giorni a seguire, fu anche peggio), e guardando il suo bel viso si poteva dire che non gradisse ciò.
    Negli ultimi tempi io e Hannah ci eravamo allontanate. Credo che la causa fosse la gelosia. La mia della loro relazione, che per quanto provassi a nasconderla era alquanto evidente, e la sua del mio rapporto con Booth, di quello che c'era stato e successo l'anno precedente, e anche la sua di gelosia non era molto ben mascherata.
    Accorgendosi dell'alone di tensione che aleggiava in quel momento in quella stanza, Sweets mi fece un complimento che non ricordo molto bene, credo fosse qualcosa come una bomba o uno schianto, un riferimento a qualcosa di militare. Me lo spiegarono pure, ma lui da quel momento in poi mi fa complimenti usando una terminologia adeguata e io ho scordato quella sbagliata che usava prima..
    A quel punto, finalmente, Booth divenne cosciente di quello che stava facendo. Dandosi una scossa mentale, riprese la sua solita espressione canzonatoria e cominciò a chiacchierare con Paul che stava lì accanto a lui.
    Fu un sollievo a quel punto quando Cam mi si avvicinò e mi diede un breve abbraccio. “Ignorali” mi disse “Sei bellissima dottoressa Brennan.” Poi, avvicinandosi al mio orecchio, mi sussurrò piano "e non credo di essere la sola ad averlo notato"
    La sua rassicurazione mi rese più tranquilla e mi trovai a sorridere, nonostante il fatto che Booth e Hannah avessero ripreso la loro nauseante routine di carezze."Grazie Cam".
    Abbracciata a Cam feci il mio ingresso in sala.
    Nella mia assenza qualche ospite era già arrivato, e Booth doveva aver fatto gli onori di casa visto che il tavolo da buffet stava già subendo l'assalto degli invitati.
    Un paio di zie di Angela brindavano in un angolo della sala: il vino e lo spumante stappato per l’occasione scorrevano con morigeratezza – erano solo le 7 di sera – mentre la tavola imbandita veniva letteralmente saccheggiata. Appeso a tradimento sopra il tavolo dei dolci un rametto di vischio a ricordare la piacevole tradizione dei baci ben auguranti, alla quale non si poteva certo scampare.

    Alle 8, la casa era piena da scoppiare. Ovunque mi girassi facce, che per la maggior parte non avevo mai visto.
    Conobbi probabilmente il 95% delle persone che Angela e Jack avevano visto in vita loro e un quantitativo esagerato di dipendenti del Jeffersonian, che in vita mia non avevo mai visto e che non avrei mai più rivisto.
    E tutti erano a dirmi che magnifica festa, e com'era bella la casa, gli addobbi, gli antipasti, gli alcolici (che dai parenti di Ange furono particolarmente apprezzati).
    La maggior parte di loro mi chiese dove fossero Angela e Hodgins, e dovetti rispondere che non avevano potuto partecipare per motivi di lavoro importantissimi (questa era la scusa che aveva ingegnato Booth qualche ora prima).
    Ci fu comunque una parte di loro che non me lo chiese neppure, e suppongo si trattasse della parte di persone che nemmeno Angela conosceva.
    La festa comunque sembrava avere uno strepitoso successo.
    Verso le 11 abbondanti ero sul più appartato dei divanetti allestiti per concedere agli invitati la possibilità di chiacchierare. Io ero con l'affiatato team del Jeffersonian e una bottiglia di champagne.
    " Non ci posso credere che sia già passato un anno dalla cena di Natale a casa di Brennan" rifletté Sweets sorseggiando il suo bicchiere di spumante.
    " Di questo passo ci ritroveremo tutti vecchi e decrepiti in un batter d'occhio!" Paul lo seguì a ruota.
    "Parlate per voi, signori, io sono ancora una ragazza!" li rimproverò Cam. " E anche Brennan!"
    Io sollevai gli occhi leggermente crucciata. " Tecnicamente, tu non sei più una ragazza. Le convenzioni sociali ritengono che la maternità sia il rito che segna il passaggio dallo status di ragazza a quello di signora. E tu sei una mamma. Quindi, tecnicamente, tu sei una signora, mentre io sono una ragazza, come anche Michelle, parlando delle persone di sesso femminile sedute qui."
    Sweets non riuscì a trattenere una risata, mentre Michelle avvicinò il suo bicchiere al mio per un brindisi "fra ragazze!" e Cam sorrise accondiscendente.
    Se il prezzo della sua felicità è quello di non essere più una ragazza, è ben disposta a pagarlo.
    Cominciavo ad essere stanca di stare seduta, e avevo voglia di sgranchirmi le ossa con una passeggiata. Magari verso l'allettante tavolo dei dolci. “Manca il dolce, vado io” mi offrii.
    Senza aspettare risposta mi avviai verso il buffet. Tuttavia, i miei movimenti non vennero persi di vista da un gruppo di cugini di Hodgins che accorgendosi che stavo da sola proprio sotto il rametto di vischio, cominciarono a darsi pacche sulle spalle vicenda incoraggiandosi l’un l’altro a prendere l’iniziativa. Un paio di secondi di indecisione e il più giovane della compagnia, un giovane ragazzo più piccolo di Sweets, si alzò per tentare la sorte.
    Il ragazzo fu però costretto a lasciare il passo all'agente Booth, che non so ancora come, riuscì ad infilarsi nello spazio vuoto tra lui e il tavolo.
    “Scusami ragazzino, cosa posso offrirti?”
    “Ehm” rifletté il giovane imbarazzato “una fetta di torta di mele... Grazie” aggiunse prima che Booth gli passasse il piatto. Al giovane non restò che tornare al proprio tavolo con il piatto in mano accompagnato dai sorrisi di scherno dei colleghi.
    Booth si rivolse a me che, intenta a cercare dolci che non contenessero troppi grassi animali ero rimasta ignara di tutto.
    “Bones, mi devi un favore”
    “Scusa?”
    Il mio sguardo interrogativo si spostò dall’esposizione di dolci al volto del mio partner.
    “ Quel ragazzino, quel lattante con la puzza sotto il naso, stava per venire a incontrarti 'casualmente' sotto il vischio.”
    “E tu mi hai salvato?”
    “Già.”
    Mi voltai di nuovo verso i dolci senza proferire parola.
    “Bhe Bones, neanche si ringrazia?” mi chiese con fare offeso.
    Solitamente lui era un tipo acuto, specie riguardo le convenzioni sociali. In quel caso però, fui io la più sveglia.
    Sempre con la faccia rivolta ai dolci gli sussurrai: “Booth, adesso però ci siamo noi due sotto il vischio... e in una stanza piena di persone in attesa di vedere come ci comportiamo”.
    Booth si voltò fingendosi completamente rilassato e, con fare da cecchino, si guardò intorno senza darlo a vedere. E si rese conto che gli occhi di tutti erano rivolti verso di noi. Si voltò a quel punto verso il tavolo e mi sussurrò mentre prendeva una fetta di crostata: “Beh, Bones, è la tradizione, no?”
    “Cosa?”
    Non feci in tempo a protestare. Booth mi alzò lentamente il mento mentre avvicinava il suo volto al mio. I presenti osservarono stupiti i movimenti dell'agente che proprio all’ultimo istante si spostò lievemente sulla destra andando a posare un bacio delicato proprio accanto alle mie labbra.
    “Buon Natale Bones”
    Io sorrisi di rimando.
    “Buon Natale a te Booth”
    Insieme prendemmo i piatti e tornammo uno accanto all'altro verso il tavolo del Jeffersonian.

    Quando l'ultimo invitato se ne fu andato e fu bevuta l'ultima coppa di champagne rimanemmo io e Booth.
    Cam fu fra le ultime ad andarsene e tornò in casa con Paul e Michelle mentre Sweets si era offerto di riaccompagnare Hannah a casa appena dopo la mezzanotte, con la promessa che Booth l'avrebbe raggiunta non appena possibile. Avevamo dovuto rimediare passaggi ad un paio di cugine di Angela del tutto ubriache, ma dopo quell'ultimo scoglio sembrava che la serata fosse finita al meglio.
    Alla fine della festa, eravamo io e lui. Come quella mattina. E dopo un ultimo brindisi con il catering che alle quattro di mattina andò via, valutammo i danni.
    “ Strano come una casa possa diventare improvvisamente vuota” mi ritrovai a pensare ad alta voce. Quell'enorme salone di casa Hodgins era stranamente vuoto ai miei occhi.
    “ Si. E' stata una bella festa!” ammise lui mentre controllava una lampada che era stata rotta con un tappo di champagne.
    Guardando una foto dei due padroni di casa poggiata sul caminetto, esternai il mio dispiacere.“ Mi dispiace che Hodgins e Ange non ci fossero”
    Lui mi guardò accondiscendente. “ Anche a me. Ma credo che dovunque si siano cacciati adesso sono certamente felici”
    Non fece neanche in tempo a finire che proprio bel mezzo della notte, suonò il telefono.
    “ Pronto?” risposi incerta.
    “ Tesoro” avrei riconosciuto quella voce fra mille. “ Buon Natale”
    “ Buon Natale Ange” le risposi io, contenta di sentirla, totalmente manchevole della rabbia che mi aveva assalita nella sua stanza qualche ora prima.
    “ Come è andata?” mi chiese.
    “ Bene, bene. Eccetto per la parte in cui tuo zio Jeffrey ha esternato degli apprezzamenti sessuali su tua zia Corrine senza ricordarsi che la suddetta è la sorella della sua ex moglie; o quando il nonno di Hodgins ha stappato lo spumante rompendo una lampada del salone”
    La sentii ridere dall'altra parte della cornetta.
    “ Dove siete voi?” domandai io mentre mi sedevo su una poltrona.
    “ In Paradiso” lei mi rispose con aria sognante. “ Non sono mai stata tanto felice in vita mia. Grazie Bren”
    Fu un grazie sentito, dal cuore. Come il “ Prego” che abbozzai io. Ma ero sicura che lei avrebbe capito quanto fossi felice per loro.
    “ Ora cosa stai facendo?”
    Mentre guardavo il disordine che regnava nella casa, risposi. “ Sto valutando i danni che la vostra famiglia ha causato” .
    “ E sei sola?”
    “ No, sono con Booth”
    “ Ah, con Booth” disse lei con tono di chi la sapeva lunga. “Ringrazialo di tutto, ok?”
    Annuii piano, ma lei comprese che l'avrei certamente riferito.
    “ Bren?” pronunciò il mio nome con un tono malinconico. La voce era rotta. “Ti voglio bene. Tanto bene. E anche Hodgins te ne vuole, e pure il piccolo erede mi fa sapere che già ti adora”
    Non potei non commuovermi. “ Tanto anch'io”
    Booth mi guardò negli occhi, teneramente. C'è sempre stato qualcosa nei miei grandi occhi verdi che sembrava incantarlo ogni volta. Molto tempo dopo mi disse che quando mi guardava negli occhi si sentiva di essere abbastanza, si sentiva salvo. Si sentiva a casa. Ma solo tempo dopo si sarebbe chiesto come mai non si sentiva in quel modo quando guardava negli occhi di Hannah, la vera donna che lui dichiarava di amare.

    “ Trascorrete una stupenda vacanza”

    Agganciai la cornetta e mi asciugai la lacrimuccia solitaria sulla guancia. Come avevo potuto pensare di essere sola? Come avevo potuto scordare la mia famiglia?
    La mia famiglia: Angela, Hodgins, il piccolo erede ancora sconosciuto ma già tanto amato, e poi Cam, Sweets e le loro famiglie. Mio padre, mio fratello e la sua famiglia, che stavano trascorrendo insieme il Natale e mi avevano chiamato una decina di volte quella sera a tal punto che era sembrato come se ci fossero anche loro. E poi Parker (che dal Vermont ci aveva telefonato a mezzanotte per farci gli auguri, entusiasta che fossimo tutti insieme) e il nonno Hank (che avrei visto l'indomani pomeriggio) e infine Booth.
    Come avevo potuto dimenticarmi di loro? Mi avvicinai ad una coppa di champagne poggiata su un ripiano e la buttai giù tutta d'un fiato
    Lui, inclinando la testa da un lato mi guardò con dolcezza. “Questo è uno di quei momenti in cui hai bisogno di un abbraccio?”
    Io lo guardai con un sorriso. “Da te?” . Quello che dissi dopo fu probabilmente effetto del notevole quantitativo di alcol che avevo ingurgitato quella sera. O, opinione di Angela, fu solo amore.
    Ma gli aprii le braccia. “Sempre.” E lui mi strinse forte. Stretta. A lungo. “Cosa farei senza di te" gli dissi.
    Nonostante tutto, e nonostante tutti, a modo nostro, ci siamo sempre amati. Io, la sua amica sincera che lo conosceva meglio di quanto lui potesse immaginare. E lui, che poteva anche ogni tanto prendermi in giro per le mie lacune di cultura moderna e per la mia rigida mente, ma che era sempre accanto a me quando nessuno c'era, l’unico sempre disposto a spiegarmi e ad insegnarmi a capire la gente, e il solo a preoccuparsi per me tanto da seguirmi di notte e salvarmi la vita.
    Lui ogni volta c'era stato per me, e, inconsciamente, ero sicura che ci sarebbe sempre stato. E anch'io ci sarei stata per lui. Nonostante tutto. Nonostante tutti. A modo mio.

    Fu il nostro abbraccio più bello di tutta la mia vita.


    Da un hotel di Washington solo pochi chilometri più avanti una coppia brindava con un paio di analcolici.
    “ Erano insieme” lei disse poggiando la cornetta. “Questo è il regalo di Natale migliore che potessi fare alla mia migliore amica”
    “ Sei un Babbo Natale segreto” il maritò l'accusò.
    “ Babbo Natale non può stare dappertutto, ragion per cui ha inventato me” lei si vantò per poi scoppiare a ridere.
    Ma dopo qualche secondo divenne assolutamente seria, e il suo sorriso scomparve. “Vorrei tanto che anche lei fosse felice” gli confessò dolce.
    Lui le prese la mano e la tenne tra le sue. “Ce la faranno anche loro” la rassicurò.
    "Come fai ad esserne così sicuro?" gli domandò con fare scherzoso mentre si accoccolava fra le sue braccia.
    " Angela, ora sono insieme. Oggi. E che giorno è oggi?"
    Lei sorrise e lo guardò comprensiva. " E' Natale"


    per lathika:
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    perAles2004:
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    per Ariel75:
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    Calendario dell’Avvento

    1°Dicembre

    E’ passata una settimana dal nostro viaggio in macchina. Da quando sotto la pioggia ti ho detto che non volevo avere rimpianti. Da quando mi hai detto che le cose sono cambiate e mi hai fatto capire che la mia occasione l’avevo perduta. Il mio mondo è tornato a posto ma qualcosa è cambiato, io sono cambiata e questo non lo rimpiangerò mai.

    2 Dicembre

    Sono otto giorni che non ci vediamo. Il fatto che non ci siano nuovi casi mi è stato di aiuto. Da otto giorni nella mia testa sento le tue parole. Le sento lontane, dietro al muro che mi sono imposto. Dovevo andare avanti e l’ho fatto. C’è Hannah, c’è una vita in due, ci sarà forse un futuro. So che sei occupata con i tuoi corsi e i tuoi studi. Mi dicono che sei tranquilla. Il tuo mondo è di nuovo al suo posto, ma qualcosa in te è cambiato. Mi auguro che tu non lo rimpianga mai.

    3 Dicembre

    Ho passato un’altra notte agitata. Mi sveglio e non dormo più. Ho male al petto, ma so che non ha niente a che vedere con la mia salute. E’ il mio cuore che sta male. Quello metaforico. Mi consola il fatto di sapere che questo dolore mi faccia sentire viva come non mai.

    4 Dicembre

    Stanotte non ho dormito. Mi sono messo sul divano per non disturbare Hannah. Mi sono immaginato il tuo tono di rimprovero per aver messo a dura prova la mia schiena e non ho potuto fare a meno di sorridere. Avrei dovuto dirtelo allora che il tuo cuore è sempre stato grande e che la tua generosità aveva dei confini più vasti di quelli che ti sei voluta imporre. Mi addolora che tu l’abbia scoperto in questo modo e mi spiace che sia accaduto solo adesso.

    5 Dicembre

    Ho lavorato fino a tardi questa sera. Non avevo voglia di tornare a casa. Cerco di non restare al laboratorio più del dovuto, ma non posso cenare sempre da Angela e Hodgins. Hanno una famiglia da costruire e del tempo da passare assieme. Sono rimasta nel Limbo per alcune ore e ho restituito un nome a dei resti che lo stavano attendendo da oltre ottant’anni. Tornando nel mio ufficio ho trovato una tazza di caffè caldo ad aspettarmi. Non poteva essere opera di Micah, perché oggi è il suo giorno di riposo. Il fatto che me l’abbia fatta trovare tu, Booth, mi ha scaldato il cuore. A volte basta così poco per rendersi conto di non essere soli in questo mondo.

    6 Dicembre

    Ieri sera sono passato al jeffersonian per consegnarti alcuni documenti. Mi hanno detto che eri nel Limbo e ti ho raggiunta lì. Perdonami se non ti ho salutato, ma non ci sono riuscito. L’imbarazzo ha preso il sopravvento. Ti ho spiata, lo confesso. Mi è sempre piaciuto osservare il tuo dialogo silenzioso con le ossa. Ti ho osservato fino a quando non ho visto nei tuoi occhi la luce della consapevolezza. Prima di andarmene ho voluto lasciarti una tazza di caffè. L’ho fatto per sei anni e certe abitudini sono dure a morire.


    7 Dicembre

    Abbiamo un nuovo caso. Dei resti sono stati ritrovati in un lago. E’ la prima volta che ci rivediamo dopo quella sera. Devo mantenere una certa obiettività, anche se il mio cuore non ne vuole sapere. Mi parli del luogo del ritrovamento, dei risultati del sopralluogo e questo mi tranquillizza restituendomi la lucidità necessaria per svolgere il mio lavoro. Riesci ogni volta a capire di cosa ho bisogno e di questo te ne sarò sempre grata.

    8 Dicembre

    Siamo di nuovo in macchina verso il luogo del delitto. Ci sono altri rilievi da effettuare. Parliamo poco forse perché ognuno è preso dai propri pensieri. Ti vedo più concentrata e serena e questo mi da’ una grande forza.

    9 Dicembre

    Sono nel mio ufficio in attesa dei primi risultati dei rilievi. Oggi ci saremo sentiti almeno una ventina di volte. So che sei turbato dai resti di quel ragazzino. Non avrà più di sedici anni e i traumi sulle ossa indicano una morte violenta. Ho visto il tuo sguardo quando ti ho detto che era vittima di abusi, ho provato il tuo dolore e la tua rabbia mentre andavamo a interrogare il padre. Anche se non parli, ti conosco bene. Te le vorrei risparmiare certe cose, ma non è possibile. Mi auguro che Hannah sia in grado di alleggerire il peso che hai nel cuore.

    10 Dicembre

    Sono in soggiorno in attesa di tue notizie. Devono essere positivi quei risultati, devo incastrare quel bastardo che ha ucciso il ragazzo. Sono teso, pronto a scattare per un nonnulla. Hannah sta cucinando qualcosa e mi racconta di uno scandalo economico che riguarda non so quale senatore. E’ tutta contenta perché lo scoop è suo. Io cerco di ascoltarla, anche se lo faccio distrattamente. Non voglio che veda il mio dolore adesso. Mi chiedo se riuscirebbe comunque a sentirlo.

    11 Dicembre

    I risultati degli esami non ci hanno dato l’esito che speravamo. O meglio, non sono sufficienti a incastrare il nostro sospettato numero uno. Dobbiamo andare più a fondo. Continuare con le indagini, gli interrogatori. Dovrò cercare nelle ossa la risposta che ci manca. Intanto, non so neanche come, ci ritroviamo seduti di fronte ad una tazza di caffè del Diner. Mi hai detto che non hai voglia di tornare a casa. Hannah è fuori per un reportage su non sai bene quale scandalo politico. Hai bisogno di fare un punto della situazione. Io ho bisogno di lenire il tuo dolore.

    12 Dicembre

    Questa mattina sono venuto direttamente al laboratorio. Lo sapevo che avresti passato tutta la notte di fronte a quelle ossa. Sono arrabbiato con me stesso, perché so che lo hai fatto soprattutto per me. Mi sono presentato con le tue ciambelle preferite. Mi hai accolto con un’espressione stanca ma vittoriosa. Hai trovato dei particolati in non so quale osso. Ora li sta analizzando Hodgins. Se i risultati saranno quelli che speri, abbiamo la possibilità di arrestare quel maledetto assassino.

    13 Dicembre

    Siamo al Foundig Fathers con gli altri. E’ da tanto che non bevi qualcosa con noi. Ma oggi dobbiamo festeggiare. I risultati stavolta non ci hanno deluso e abbiamo arrestato quel bastardo. Ho visto la luce nei tuoi occhi, ho percepito il tuo sollievo per averlo consegnato alla giustizia. Ti guardo da lontano e ti vedo affaticato, ma sereno. Mi guardi anche tu e tutto all’improvviso si ferma.

    14 Dicembre

    Mi sono preso un giorno di ferie. E’ stato un caso breve ma molto faticoso. Ho passato il pomeriggio con Parker. Avevo bisogno di stare solo con lui. Avevo bisogno della sua allegria e innocenza per ritrovare un mio equilibrio. Mi ha chiesto di te, Bones. Sente la tua mancanza e credo non sia l’unico.

    15 Dicembre

    Ho trascorso il pomeriggio con Russ e la sua famiglia. Siamo andati in giro a fare compere. Non so proprio come siano riusciti a coinvolgermi in questa follia consumistica prenatalizia, ma devo dire che mi sono divertita. Russ mi ha chiesto di te. Voleva sapere se avremmo trascorso il Natale insieme. Gli ho detto di Hannah e della mia occasione mancata. Gli ho detto che sto bene perché so che sei felice.

    16 Dicembre

    All’Fbi c’è un clima di festa. Si respira aria di vacanze. Io però sono alle prese con la documentazione da presentare al procuratore. Ci siamo sentiti più volte. Mi hai detto che passerai domani a lasciarmi le tue perizie sul caso. Improvvisamente anche nel mio ufficio c’è aria di festa.

    17 Dicembre

    Come promesso, sono passata da te in ufficio. Dovevo lasciarti solo quei documenti, ma hai insistito affinché restassi con te per un ultimo controllo. Non so per quanto tempo sono rimasta. So solo che quando sono entrata era pieno giorno e adesso che sto uscendo, fuori è buio e gli uffici sono deserti. Il bello è che non me ne sono neanche accorta.

    18 Dicembre

    Sono di ritorno dall’aeroporto, dove ho accompagnato Hannah. E’ dovuta partire per Israele al seguito del Segretario di Stato in missione per la questione mediorientale. Sono rimasto di fronte al banco del check-in anche dopo che avevano annunciato l’imbarco, ma Hannah non se n’è accorta. So di amarla, ma mi chiedo se sarebbe in grado di starmi vicino per trenta, quaranta o cinquant’anni.

    19 Dicembre

    Ti ho preso un regalo. L’ho visto e non ho potuto fare a meno di prendertelo. Si tratta di un orologio da taschino, come quello che aveva tuo nonno e che a te piaceva tantissimo. Non ti sei mai perdonato il fatto che lui l’abbia venduto per pagare la tua prima retta universitaria. Spero di potertelo dare un giorno.

    20 Dicembre

    Ti ho fatto un regalo. L’ho visto e non ho potuto fare a meno di comprartelo. Si tratta di una collana con dei delfini. E’ fatta apposta per te. Vorrei potertela dare quanto prima solo per vedere l’espressione di gioia dipinta sul tuo volto.

    21 Dicembre

    La festa natalizia al Jeffersonian è stata piacevole. Abbiamo brindato, riso e scherzato. C’è aria di vacanza ed io ho deciso di accettare l’incarico di supervisore agli scavi di Macchu Picchu in Perù. Angela non ha mancato di manifestare la sua delusione. Sperava che passassi il giorno di Natale assieme a lei e ad Hodgins. Ho deciso di partire il ventiquattro notte dopo aver cenato con mio padre. Non ce la faccio a restare a Washington. Non sono ancora pronta a respirare l’aria di famiglia della quale tante volte mi hai parlato. Non posso perché per me sei tu la mia famiglia, Booth.

    22 Dicembre

    Due cose sorprendenti sono avvenute oggi: la prima è stata la breve telefonata di Hannah con la quale mi annunciava che non ce la faceva a rientrare per Natale. Il Segretario di Stato ha deciso di passare le feste con i nostri militari in Afghanistan e l’occasione di restare come unica corrispondente era troppo importante per lei. La seconda è stata la breve visita di Angela fatta per informarmi del tuo folle viaggio in Perù. Una parte di me è arrabbiata per questa tua ennesima fuga, ma capisco che stavolta è dovuta a un motivo molto particolare.

    23 Dicembre

    Sto finendo di preparare le mie cose. Cerco di tenere la mente occupata. La telefonata di Angela con la quale mi annunciava che Hannah sarebbe rimasta all’estero per Natale e che quindi non ci sarebbe stato nessuno con te, mi ha turbata. Vorrei poter fare qualcosa, ma credo che non sarebbe giusto. Nel sistemare la borsa mi sono imbattuta nel regalo che ti ho preso qualche giorno fa. Ho deciso di portarlo con me in questo viaggio. E’ stupido, lo so, ma è come se ti avessi accanto.

    24 Dicembre

    Rebecca è appena andata via con Parker. Che tenero! Era preoccupato che passassi ancora una volta il Natale da solo. L’ho tranquillizzato dicendogli che passerò la vigilia con lo zio Jared e la sua fidanzata. Ma sì, un brindisi veloce e poi di nuovo a casa. In fondo non c’è Natale senza famiglia, no? Mi chiedo però quale sia la mia vera famiglia. Non posso fare a meno di pensare a te. Al calore che sento quando mi sei vicina, alle tue parole sotto la pioggia non più di un mese fa, ai tuoi occhi pieni di amore. Ai miei apparentemente così freddi perché presi a nascondere la rabbia di quel momento. Rabbia, Bones, perché provo le stesse cose, ma non posso fare nulla.

    *******



    Sono in macchina e mi sto dirigendo all’aeroporto. So che è una follia, ma voglio darti il mio regalo prima che tu parta.

    *******



    Hanno annunciato l’imbarco del mio volo. Mi dirigo all’uscita con in mano il biglietto. All’improvviso mi chiedo se sto facendo la cosa giusta. Cerco nella borsa il tuo regalo e lo stringo forte. Ti sento vicino mentre consegno il foglio d’imbarco alla hostess.

    *******



    Sono arrivato troppo tardi. Il tuo aereo si sta dirigendo verso la pista di decollo. Sconfitto, ancora una volta mi sento sconfitto. Mi chiedo perché i nostri destini siano costellati di occasioni mancate. Mentre guardo il tuo aereo decollare, il vetro mi rimanda la tua immagine riflessa. Il Natale forse ci sta regalando un’ultima occasione.


    Per Suwya:
    SPOILER (click to view)
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    ps: se qualcuno dovesse avere qualche problema con i link o non riuscisse a vedere il proprio regalo, contattatemi via MP :)
     
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  13. ~Mars.
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    Awww ma sono tutti bellissimi *-* Buon Natale!!!!
    Grazie mille, il mio regalo mi piace un sacco :wub: Complimenti!
     
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    Squintern

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    Amo a dir poco il mio regalo :wub: e' semplicemente meraviglioso!!!!!
    Ho ancora gli occhi a cuoricino!!!
    A chiunque sia il mio babbo Natale segreto grazie mille!! Mi hai reso davvero Felice!!!!
    E se hai voglia di palesarti non aspetto altro per poterti ringraziare ed abbracciare virtualmente!!!!!!
    Grazie ancora e Buon Nataleeeeee!!!!! <3
     
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    Grazie al mio Babbo Natale ... I loved my gift :wub:
    Mi fai sapere chi sei? :ibones:
     
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