Secret Valentine

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  1. _ste_17
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    Alla fine mi avete convinta.
    Ci sto anche stavolta.

    (spero di non deludervi)

     
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  2. Suwya
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    QUOTE (_ste_17 @ 18/1/2010, 09:22)
    Alla fine mi avete convinta.
    Ci sto anche stavolta.

    (spero di non deludervi)

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  3. FrancyBB
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    Ecchime! Arrivo anche io!
    Spoilerata!!!! ;)
     
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  4. omelette73
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    E siamo 20! :D
     
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  5. amimy
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    Eccomiii! Sono nuova, ma come potrei mancare?
    Ah, ovviamente sono spoilerata :lol:
     
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  6. omelette73
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    CITAZIONE (amimy @ 19/1/2010, 15:38)
    Eccomiii! Sono nuova, ma come potrei mancare?
    Ah, ovviamente sono spoilerata :lol:

    Brava ragazza e ovviamente, benvenuta. :)
     
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  7. semo91
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    CITAZIONE
    Eccomiii! Sono nuova, ma come potrei mancare?

    idem :D...è una bellissima iniziativa *spoilerata*
     
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  8. omelette73
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    CITAZIONE (semo91 @ 19/1/2010, 23:39)
    CITAZIONE
    Eccomiii! Sono nuova, ma come potrei mancare?

    idem :D...è una bellissima iniziativa *spoilerata*

    E brava ragazza! :)
     
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  9. omelette73
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    E ora.. dopo tanta attesa... ecco qui i regali, grazie a tutti per aver partecipato!

    Per _ste_17
    SPOILER (click to view)
    Appartamento di Temperance Brennan ore 20.30 13 Febbraio 2010

    Finalmente la giornata era terminata,Booth era stravolto e non vedeva l’ora di finire la sua birra ed andare a casa
    “Allora Bones, che programmi hai per domani sera?”
    “Beh, ho in programma di finire il capitolo del mio libro, perché?”
    “Domani è San Valentino non hai ricevuto nessun invito...” Sorrise malizioso Booth
    “Non mi è mai interessato festeggiarlo e comunque non ho nessun appuntamento”
    “Ma al liceo hai mai festeggiato?”
    “Booth io andavo al liceo per studiare e non per perdere tempo con questi sciocchi rituali pre-accoppiamento!” gli rispose
    “Non ci credo! Ma non ti invitavano o non ci andavi?”
    “Booth, mi sono sempre ritenuta una persona fisicamente piacevole e guarda che non ho nessun problema a fornirti l’elenco delle persone con cui ho fatto sesso nella mia vita e se vuoi entro anche nei particolari. Lo sai che io non ho nessun problema con la mia sessualità”
    “Lo so. Quello che voglio dire è che a 17 anni i San Valentino rappresentano una tappa fondamentale per i ragazzi e le ragazze, sono quei momenti che ricorderai sempre e che ti aiuteranno anche dopo...”
    “Booth non farne una tragedia, sono certa di non essermi persa niente di così fondamentale” disse sorseggiando un po’ di birra.
    “Non lo puoi sapere per CERTO visto che non lo hai mai provato e quindi non puoi fare paragoni” sorrise Booth appoggiando la birra sul tavolo.
    “Senti, perché non provi? Torna indietro e prova a rivivere un San Valentino come se avessi 17 anni, non hai niente da perdere”. Stranamente lei non parlava e non lo aveva neanche interrotto. Sembrava veramente che stesse prendendo in considerazione la cosa... non doveva lasciarsi scappare quell’occasione, si alzò e prima di aprire la porta le disse
    “Allora siamo d’accordo, passo a prenderti domani alle 8” e senza attendere la sua risposta richiuse la porta dietro di sé.

    Alle 8 in punto il campanello aveva suonato e lei aveva aperto la porta sorridendo. Indossava scarpe da ginnastica, jeans, una polo rosa sotto un maglioncino bianco, i capelli raccolti in una coda da cavallo e un velo di lucidalabbra. Era fantastica, pensò Booth infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
    “Ehi, sei pronta” fu l’unica cosa che riuscì a dirle.
    “Sono puntuale, avevi detto alle otto” gli rispose osservandolo. Indossava la sua solita giacca di pelle, un maglione con lo scollo a V che esaltava molto i suoi pettorali e un paio di jeans scuri che gli fasciavano perfettamente le gambe. Riusciva benissimo ad immaginarsi che ragazzo era stato al liceo, chi avrebbe mai detto di no ad un tipo così.
    “Si, hai ragione, forza andiamo o arriveremo tardi” le disse prendendola per mano.
    “E dove mi porti?”
    “Bones, abbiamo 17 anni, quindi mi sembra ovvio, drive-in” scesero le scale insieme e salirono in macchina.
    Nel raccontarle la bellezza del festeggiare il San Valentino e il romanticismo di quegli anni si era completamente dimenticato di quanto terribile fosse stato il resto. Le mani che sudavano, il cuore che batteva all’impazzata, l’imbarazzo, quella terribile ansia di fare la cosa sbagliata, il terrore di rovinare tutto in due secondi. Lui era cresciuto però e le cose erano andate sempre meglio, non riusciva a capire perché con lei invece diventavano così complicate. Dopo mezz’ora di silenzio assoluto in macchina arrivarono al cinema e parcheggiarono.
    “Booth, ma non potevi parcheggiare più vicino? Da qui vedremo il film tutto sfocato” si lamentò.
    “Bones, scusa è stata la forza dell’abitudine, non sono mai andato al drive-in per vedere un film, comunque aspetta che provo a spostarmi” le disse trattenendo a stento un sorriso.
    “No Booth, va bene qui” gli rispose, se si trattava di un esperimento i parametri dovevano rimanere quelli.
    Ordinarono hamburger, patatine e coca cola.
    “Che film c’è questa sera Booth?”
    “Aspetta, non mi ricordo il titolo me lo ha consigliato Sweets, ah ecco Twilight. E’ una storia sui vampiri i ragazzi ne vanno matti.”
    “Ma scusa, credevo che per San Valentino avresti scelto una cosa super sdolcinata, romantica, che creasse l’atmosfera”
    “No, quella parte viene da sola, avrai così paura che automaticamente ti stringerai a me e il gioco sarà fatto” sorrise scostandole i capelli dietro l’orecchio.
    “Ma chi frequentavi al liceo? Non avresti avuto nessuna speranza con me. Ah, guarda, inizia il film.”
    “Aspetta e vedrai Bones” le sussurrò all’orecchio passandole un braccio intorno al collo, tirandola vicino a lui.

    “Ma che fregatura! Sapevo che non dovevo dare retta a Sweets, neanche una scena spaventosa!” le disse uscendo dal drive-in.
    “Beh a me è piaciuto Booth, soprattutto le scenografie, c’erano delle immagini davvero fantastiche.”
    “Solo quelle Bones? Sicura? Non ti sei commossa? In fondo è una bella storia d’amore e a quell’età tutto è bianco o nero, vivi i tuoi sentimenti con un intensità totale, saresti disposto a tutto pur di stare con l’altra persona. A 17 anni l’amore è l’unica cosa che conta, un po’ rimpiango quegli anni.”
    “Se ripenso ai miei 17 anni ,ricordo di aver vissuto sentimenti forti, ma tutti ben lontani dall’amore... ero così arrabbiata... così sola...”
    Booth le prese la mano e la strinse forte, non disse niente, non serviva dire niente.
    Parcheggiò la macchina e insieme salirono le scale fino alla porta di Bones.
    “Booth, grazie mi sono divertita è stata una piacevole serata” gli disse girandosi a inserire la chiave nella serratura.
    “Mi saluti così?Guarda che il giorno di San Valentino un bacio è d’obbligo” le disse segnandosi con un dito la guancia.
    Bones, si girò mordendosi il labbro per non ridere “ Va bene non lo sapevo, vieni” gli disse avvicinandosi per baciarli la guancia.
    Vide all’ultimo momento il ghigno di Booth e capì subito quello che stava per succedere.
    Booth non l’aveva programmato e forse fu anche per questo che risultò così bello, fu un gesto inconsapevole; girò il viso all’ultimo momento e le loro labbra si incontrarono.
    Buttandogli le braccia la collo, Bones lo baciò a sua volta. Lo sentì stringersi ancora più forte contro di lei e fu tentata di sottrarsi da quell’abbraccio per ricordargli che si trattava di un bacio tra diciassettenni. Ma la sua bocca era così dolce.
    I loro occhi si incontrarono e il silenzio parlò per loro. Lei lo desiderava. Lo desiderava più di quello che avrebbe voluto ammettere.
    “Mi stai facendo impazzire” Booth fece un respiro profondo “proprio impazzire” le disse chiudendosi la porta alle spalle.
    “Andiamo in camera da letto.”
    Ma lui continuava a tenerla tra le braccia senza muoversi. Si mise a baciarle le guance, il collo, le spalle e poi di nuovo la bocca.
    Aveva bisogno di lui. Aveva bisogno di perdersi in lui e sapeva che con lui sarebbe stato possibile. Impaziente gli sfilò la camicia dai jeans e cominciò ad accarezzargli gli addominali e il petto.
    “Mio Dio, Bones”
    “Lo so” gli disse sfilandogli la maglia.
    Booth le accarezzò i capelli, poi prendendole il viso tra le mani, le diede un altro bacio. Le sue dita le sfiorarono la gola per poi scivolare in mezzo ai seni dove il suo cuore batteva all’impazzata.
    “Mmh. Bones se vuoi che mi fermi me lo devi dire adesso” le disse.
    Bones non rispose, armeggiò con la chiusura lampo dei suoi jeans, mentre lui la liberava dal reggiseno e dalle mutandine e lo baciò con un trasporto tale da lasciarlo spiazzato e quando le sue dita si strinsero intorno al suo sesso, gioì nel sentirlo gemere piano.
    ”Bones” sfiorandole la gola, scivolò fino a un seno e le prese in bocca un capezzolo, strappandole un grido che lei non riuscì a trattenere.
    Quando Booth si soffermò sulla sua intimità, a lei sembro di toccare il cielo con un dito.
    La baciò con passione e lei gli gettò le braccia attorno al collo,gemendo piano; ma quando fece per sistemarsi meglio sul divano si trovò a rotolare per terra con lui.
    Con il fiato sospeso gli sorrise e stringendolo tra le gambe le disse “Adesso,Booth”.
    “Si, adesso” E senza aspettare oltre, la prese per i fianchi ed entrò in lei.
    Bones chiuse gli occhi, ma lui le passò una mano tra i capelli “Bones. Guardami.”
    E lei lo fece.
    “Continua a guardarmi” le bisbigliò Booth cominciando a muoversi.
    Quello che desiderava di più era unirsi a lui, voleva guardarlo negli occhi mentre faceva l’amore, per condividere con lui ogni singola emozione, momento per momento.
    Non c’era più niente che lo potesse trattenere a questo punto, con Bones avvinghiata a lui... e Booth si perse dentro di lei.
    Esausta, Bones appoggiò la testa sulla sua spalla “E’ stato... incredibile Booth”.
    “Si, Bones”
    Ed entrambi si addormentarono stretti l’uno nelle braccia dell’altro.


    Per Chemistry
    SPOILER (click to view)
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    San Valentino
    Brennan si fermò davanti alla porta del suo collega ponderando sul da farsi.
    L’orario non era insolito, il caso era ormai concluso, le scartoffie compilate, un altro assassino era dietro le sbarre ed era un anonimo giovedì sera. Nulla di strano, quindi, che lei si presentasse davanti alla sua porta con la cena e qualche bottiglia di birra.
    Loro lo facevano sempre dopotutto.
    Si fece coraggio, coprì la breve distanza che la separava dal campanello e suonò.
    Sentì dei rumori ovattati dall’audio della televisione e la voce di Booth che borbottava un “Arrivo!” da dietro la porta e qualche secondo dopo se lo trovò davanti, il sorriso sulle labbra, che la guardava come sapesse perfettamente chi si sarebbe trovato davanti una volta aperta la porta.
    “Entra” le disse semplicemente liberandola dai sacchetti che aveva in mano e facendole strada verso la piccola cucina.
    “Ho pensato che avremmo potuto mangiare qualcosa insieme” disse affacciandosi in salotto e guardando verso la televisione “Stavi guardando la partita?”
    “Già” disse lui con un cenno del capo.
    “Avrei dovuto chiamarti prima” fu la reazione di lei.
    Booth alzò la testa guardandola “Stai scherzando, Bones? Non hai nessun motivo di chiamarmi per queste cose, sei sempre la benvenuta. E adesso vai a sederti in salotto mentre scaldo queste cose” le disse dopo aver aperto una bottiglia di birra per entrambi e averle porto la sua.
    Brennan obbedì docilmente e si sedette sul divano a guardare distrattamente la partita di hockey.
    “Credo che qualcuno della tua squadra abbia appena segnato” gli disse dopo qualche minuto, Booth arrivò con una leggera corsa per vedere almeno il replay, mentre lei si alzava e andava in cucina:
    “Perché non ti siedi? Penso io a portare di qua la cena”, ma Booth era talmente concentrato sullo schermo che nemmeno le rispose e lei prese come un cenno di assenso il fatto che si stesse sedendo sul divano.
    Tirò fuori dal forno la cena appena scaldata e la distribuì nei piatti che Booth aveva già tirato fuori dalla credenza, portò tutto in salotto e presero a mangiare in un confortevole silenzio, con lui che ogni tanto le spiegava le azioni del gioco o si faceva prendere dal ritmo della partita muovendosi sul divano come un bambino impaziente.

    Brennan raccolse i piatti ormai vuoti e li portò in cucina con l’intenzione di lavarli, ma quando Booth la sentì trafficare con l’acqua, dal salotto la richiamò:
    “Non preoccuparti Bones, faccio io dopo, vieni qui” le disse battendo con la mano sul cuscino di fianco al suo invitandola così a tornare a sedersi, lei recuperò la sua bottiglia di birra e si accomodò accanto a lui.

    Arrivò la fine del primo tempo e la stanza si riempì del suono della pubblicità: diamanti, cioccolatini, fiori, un sacco di rosa, ovunque, molto rosa, troppo rosa: sembrava essere diventato il colore nazionale, alle notizie flash fecero persino vedere la cima dell’Empire State Building illuminata dallo stesso stucchevole colore e da un immenso cuore rosso disegnato da alcune delle finestre del grattacielo.
    Era la tradizione.
    Era San Valentino.

    “Sapevi che all’origine di questa festa c’è il tentativo della chiesa cattolica di porre fine ad un popolare rito pagano per la fertilità?” gli chiese lei, mentre Booth si voltava a guardarla.
    “Non vorrai mica discutere di religione adesso, vero Bones? No, perché la mia squadra sta perdendo e non credo di avere l’animo per sostenere le tue argomentazioni stasera.”
    “Non voglio discutere di religione!” protestò lei “Stavo semplicemente esponendo un fatto.”
    “Non lo sapevo comunque.” si arrese Booth.
    “Se ti interessa ti racconto l’origine di questa festa.” Booth a quel punto era sinceramente incuriosito e le fece un cenno affermativo con il capo, guardandola dal bordo della bottiglia da cui stava bevendo.
    “Fin dal quarto secolo A.C. “ proseguì Brennan “i romani pagani rendevano omaggio al dio Lupercus. I nomi delle donne e degli uomini che adoravano questo dio venivano messi in un'urna e opportunamente mescolati. Quindi venivano scelte a caso alcune coppie che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità affinché il rito della fertilità fosse concluso.
    Determinati a metter fine a questa primordiale antica pratica, i padri precursori della Chiesa, hanno cercato un santo “degli innamorati” per sostituire Lupercus ed hanno trovarono un candidato ideale in Valentino, un vescovo che era stato martirizzato nel 270 D.C. Valentino era vescovo dell’attuale città di Terni, in Italia, ed era stato invitato nel palazzo dell’imperatore Claudio II, che voleva persuadere il vescovo a convertirsi al paganesimo, ma Valentino rifiutò e per questa ragione venne imprigionato.
    Si dice che durante la sua prigionia Valentino si sia innamorato della figlia del guardiano, una ragazza non vedente, e che attraverso la preghiera le abbia fatto recuperare la vista, lasciandole poi un messaggio di addio con scritto ‘dal vostro Valentino’ una frase che nel tempo è diventata simbolo dell’amore puro e in seguito ha dato vita alla moderna festa degli innamorati.”
    Booth teneva la bottiglia dal collo, facendola dondolare leggermente tra le dita, ormai dimentico della partita ricominciata da qualche minuto.
    “E’ davvero interessante Bones, non ne avevo idea.”
    “E’ stano.” gli disse lei.
    “Cosa?”
    “Che tu non conosca la tradizione alle spalle di questa festività: è il genere di occasione che mi sono sempre immaginata tu potessi amare festeggiare.”
    “Ti sei sempre immaginata...” disse lui facendosi sempre più attento e girandosi leggermente verso di lei, un braccio appoggiato sullo schienale del divano.
    “Nel senso che sembri essere una persona particolarmente romantica.”
    “Romantica...” ripeté lui con un mezzo sorriso sulle labbra.
    “Esatto” continuò Brennan sentendosi sempre più a disagio “Nel senso che hai una certa attitudine verso i gesti romantici, sei un maschio alfa e tendi ad essere particolarmente protettivo verso le persone che ti stanno intorno.”
    “Protettivo...” proseguì lui.
    “Eppure non ne hai parlato tutto il giorno” gli fece notare lei “oggi si festeggia questa ricorrenza e non ne hai fatto menzione nemmeno una volta.”
    Si mosse così velocemente che lei pensò di aver solo immaginato le labbra di lui che le sfioravano la bocca, perché quando tornò a guardarlo era di nuovo appoggiato con la schiena contro il divano e sorseggiava rilassato la sua birra, gli occhi fissi sullo schermo della televisione.
    Restarono qualche minuto in silenzio, lei domandandosi cosa fosse successo, lui tranquillo e sereno come se non fosse accaduto nulla.
    “Comunque, buon San Valentino anche a te Bones” disse lui voltandosi a guardarla e facendo tintinnare la sua bottiglia con quella di lei.
    Brennan sorrise e bevve.


    Per Anna86
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    Per Suwya
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    Per seelance~
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    Per Dreamhunter
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    IL RITRATTO DELL’AMORE

    Richiudendo la porta della propria stanza e ritrovandosi a camminare sulla morbida moquette che ricopriva il pavimento del corridoio dell’albergo, Bones diede un’occhiata alla porta della camera occupata da Booth, poco lontano dalla sua, e la vide aprirsi dall’interno.
    “Ehi, Bones!”, la salutò lui, avvicinandolesi dopo essersi chiuso la porta alle spalle. “Stavo giusto per venire a chiamarti... E’ venuta fame anche a te?”
    Lei annuì. “James mi ha assicurato che nel ristorante di quest’albergo si mangia benissimo”, gli spiegò, mentre insieme si dirigevano verso uno degli ascensori dell’accogliente albergo newyorkese che li ospitava.
    “James?”, chiese Booth.
    “Il dottor Jameson, il mio amico della Columbia University. Lo conoscerai domani, alla conferenza. Il suo intervento è previsto prima del nostro”.
    “James Jameson...”, celiò lui. “Che grande fantasia...”
    “Non se l’è mica scelto da solo il nome. È colpa sua se i suoi genitori non sono stati tanto originali da chiamarlo... ad esempio... Seeley?”
    Pestando sul pulsante di chiamata, Booth finse uno sguardo rabbuiato.
    “Questi ascensori fanno venire il mal di mare per quanto sono veloci”, osservò poi quando vide riaprirsi le porte pochissimi secondi dopo avere selezionato il bottone del piano terra, dove si trovava il ristorante in cui avrebbero cenato.
    Notando dall’esterno l’arredamento della sala, accogliente ma elegante, Booth fu contento di avere optato per un abbigliamento diverso dai soliti jeans e giacche sportive che usava indossare.
    Con i pantaloni neri e il maglione di morbida lana grigio chiaro non sfigurava affatto accanto a Bones.
    La osservò, bellissima in uno dei suoi abiti che ne esaltavano la femminilità, e le porse la mano mentre scendevano i pochi scalini che portavano al livello dei tavoli.
    Bones sorrise, poggiando leggermente la mano sul palmo di lui, pensando che le piacevano quei piccoli gesti da gentiluomo, sebbene avesse passato una vita nella convinzione che un atteggiamento cavalleresco fosse, in fondo, un po’ offensivo nei confronti di una donna.
    Ma il modo di fare di Booth non la faceva sentire offesa. No. La faceva sentire speciale. E questo le piaceva molto.
    Videro il direttore di sala avvicinarsi e scelsero uno dei tavoli liberi tra quelli che l’uomo aveva indicato loro come i migliori.
    Una volta seduti, presero i menu e scorsero la lista per decidere cosa ordinare.
    Girando le pagine il foglio che indicava i piatti del giorno scivolò sul tavolo ad entrambi.
    Spalancarono gli occhi per la sorpresa man mano che leggevano i nomi di ciascun menu.
    Menu romantico.
    Menu della passione.
    Menu afrodisiaco.
    Imbarazzati, si guadarono intorno, uno a destra, l’altra a sinistra.
    Una coppia che si baciava.
    Un’altra coppia che si baciava.
    Uno a sinistra, l’altra a destra.
    Una coppia che si abbracciava.
    Un’altra coppia che si abbracciava.
    Abbassarono i menu sul tavolo contemporaneamente.
    “E’ il 14 febbraio!”, constatò Booth.
    “San Valentino!”, realizzò Bones.
    Booth tornò a guardarsi intorno, passandosi una mano sul collo e sentendosi decisamente fuori posto.
    Quel posto pullulava di sposi e fidanzati.
    Si girò verso Bones con uno sguardo eloquente.
    “Io ho fame”, lo avvertì Bones.
    “Anch’io”, ammise lui.
    “E allora mangiamo”, concluse lei con tono pratico. “Che ne pensi del menù afrodisiaco?”
    “Eh?”, rispose Booth, basito.
    “Era una battuta, Booth. Sto diventando sempre più divertente, vero?”, chiese lei, con tono convinto.
    “Da morire”, rispose lui, piattamente, affondando il viso nel menu.
    La cena fu, in effetti, ottima, anche se il cuoco era riuscito ad infilare petali di rose in ogni dove... Per riuscire ad assaggiare antipasti, primo, secondo, il dolce... persino l’insalata! si doveva prima disboscare la foresta rossa.
    In più, erano stati organizzati per la serata tutta una serie di intrattenimenti a tema, talmente tanti da rendere più semplice accettare tutto senza protestare anziché specificare ogni volta che no, non erano fidanzati, né tantomeno sposati.
    Tra una portata e l’altra, per ingannare l’attesa, si erano avvicinati, a turno, un violinista, una cartomante, un prestigiatore e un cantante di romanze liriche.
    La situazione diventò quasi ridicola e, dopo l’imbarazzo iniziale, Booth e Bones iniziarono ad esserne divertiti, ritrovando senza alcuno sforzo la solita atmosfera di sintonia e benessere che caratterizzava la maggior parte dei loro momenti insieme, oltre all’abituale forza che li attraeva l’uno verso l’altra in maniera inesorabile.
    Al termine della cena una piccola orchestra iniziò ad accordare gli strumenti ai lati della pista da ballo e le hostess si avvicinarono ai tavoli per invitare le coppie a ballare.
    Prima che una delle ragazze potesse avvicinarsi al loro tavolo, Bones si alzò senza preavviso, e Booth la seguì subito dopo, pronto ad abbandonare la sala prima che iniziassero le danze.
    “Scusate”.
    Un uomo sulla quarantina li fermò in mezzo alla sala. Teneva in mano un ingombrante album da disegno e sull’orecchio stava in precario equilibrio una matita dalla punta arrotondata.
    “State andando via?”, chiese con voce gentile.
    “Sì”, risposero entrambi allo stesso tempo.
    “E allora permettetemi di donarvi questo disegno. Il mio compito stasera è di ritrarre le coppie di innamorati e voi, credetemi, siete il ritratto dell’amore”.
    Girò verso di loro il disegno, lasciandoli senza parole.
    Il ritratto, oltre ad essere estremamente somigliante, mostrava loro ciò che già sapevano, ma che non avevano mai visto, così, come protagonisti e spettatori allo stesso momento.
    Entrambi erano appoggiati al tavolo, in modo da accorciare le distanze tra di loro. La mano di lui sistemava una ciocca capricciosa di lei, che non ne voleva sapere di stare al suo posto. Entrambi sorridevano, con le labbra, ma soprattutto con gli occhi.
    Il ritratto dell’amore.
    Bones prese il disegno in mano e ringraziò il ritrattista, seguita poi da Booth, che poggiò il disegno sul tavolo e poi si voltò verso di lei, prendendole entrambe le mani mentre le luci della sala si abbassavano e la musica iniziava a diffondersi.
    “Balliamo?”, le chiese, e quando la vide annuire ricambiando la stretta delle mani, si diressero insieme verso la pista.
    Era il loro primo San Valentino insieme.
    Lo avevano appena scoperto.


    Per amimy
    SPOILER (click to view)
    Be my Valentine

    L’aveva raggiunta in laboratorio dopo una giornata di lavoro che si era rivelata più leggera di quanto si era aspettato. Si sentiva allegro quel giorno. Era il 14 febbraio, la festa degli innamorati, delle persone che si vogliono bene e, nonostante non avesse una relazione sentimentale in corso, si sentiva particolarmente in sintonia con i festeggiamenti.
    Parker gli aveva donato un biglietto di auguri che aveva preparato a scuola. La maestra aveva spiegato ai bambini che era la festa dell’amore e che l’amore poteva essere di diversi tipi, anche quello familiare. E suo figlio si era preoccupato di specificargli animatamente questo dettaglio, per spiegare il senso del suo regalo e confutare ogni dubbio a riguardo.
    La giornata era iniziata benissimo con quel biglietto e Seeley aveva intenzione di farla finire in bellezza andando a mangiare con lei al Diner, com’erano soliti fare ultimamente.
    La cosa che non aveva preso in considerazione, raccontando di questo regalo alla sua partner, era la tirata antropologica che concerneva la festa in questione.
    Si pentì amaramente di aver tirato in ballo S. Valentino nel momento in cui udì le sue parole.

    “Lo sapevi che questa festa nasce da un popolare rito pagano per la fertilità?” Domandò Temperance mentre, sulla piattaforma, scrutava attentamente una tibia che aveva tra le mani.
    Lui alzò gli occhi al cielo pregando mentalmente Dio di non farla addentrare nei dettagli di questo rito. Non ebbe il tempo per impedirle di proseguire.
    “I pagani romani usavano rendere omaggio al Dio Lupercus con questo rito annuale che prevedeva l’estrazione dei nomi di donne e uomini da un’urna per mano di un bambino. Venivano create casualmente delle coppie che, per un intero anno, avrebbero vissuto in intimità per provvedere alla fertilità di tutta la comunità”, affermò mentre riappoggiava l’osso sul tavolo.
    “Un bene che le cose siano cambiate allora, perché questo non ha niente a che fare con l’amore... Bones, ne hai ancora per molto? Direi che hai sforato di parecchio la tua dose quotidiana di lavoro”, replicò lui, sperando di riuscire a distrarla dal suo discorso e dalle ossa.
    “Una decina di minuti e possiamo andare”
    “Avete un appuntamento di S. Valentino?” Zack pose la domanda senza distogliere gli occhi dalle ossa che stava osservando con scrupolosa attenzione.
    “No...”, disse lui.
    “No...” Ribatté lei allo stesso momento.
    Entrambi avevano alzato la testa e fissato per un secondo Zack che pareva non essersi accorto dei loro sguardi confusi. Dopo un attimo si scambiarono un’occhiata furtiva perdendosi ognuno in mille pensieri.
    “Lo sapeva agente Booth che è stata la Chiesa a identificare il vescovo Valentino come santo degli innamorati? Lei che è molto religioso dovrebbe saperlo”, disse il ragazzo, ignorando l’atmosfera di leggero imbarazzo che aleggiava intorno a lui e che aveva totalmente assorto Seeley e Temperance.
    “Ma non mi dire...”, replicò svogliatamente lui, tornando alla realtà e sperando di uscire al più presto dal laboratorio e da quei discorsi.
    Amore, celebrazioni, religione... tutte cose che quegli squint adoravano contestare e ora si trovava costretto a sentire gli aspetti antropologici di ognuno di quegli argomenti.
    “Bones, potresti fare in fretta, sono affamato...”
    Zack, che pareva non accorgersi dei tentativi per sviare il discorso di Seeley, proseguì con la sua asserzione.
    “Ci sono diverse leggende riguardo a questo santo. Una racconta di come un giorno il vescovo vide due giovani che stavano litigando e andò da loro porgendo una rosa e invitandoli a tenerla unita tra le loro mani. Quel gesto riuscì a ispirare amore nei due che si allontanarono riconciliati.”
    Seeley alzò gli occhi al cielo e sospirò, guadagnandosi un’occhiata ammonitrice da parte di Temperance. Zack, che continuava a non far caso a quegli scambi tesi, proseguì il suo racconto.
    “Un’altra leggenda narra che, poco prima di venire giustiziato, Valentino lasciò un biglietto alla figlia non vedente del suo carceriere sul quale c’era scritto ‘Dal tuo Valentino’ e che lei riuscì, miracolosamente, a leggere. Sembra che da questo mito derivi l’usanza di scambiarsi biglietti d’amore in questo giorno.”
    “Direi che questa versione è molto meglio di quella dei riti di fertilità di Lapercas.”
    “Lupercus, Booth. E comunque, per quanto riconosca antropologicamente entrambi i riti, trovo più utile quello della fertilità per lo scopo di popolare la comunità piuttosto che lo scambio di doni”, asserì lei.
    “Non avevo dubbi...”, disse lui ridendo sarcasticamente.
    “La tradizione di scambiarsi biglietti e regali per questa festa, come per altre, alimenta solo la produzione industriale allo scopo di incrementare l’economia mondiale. Il rito della fertilità invece aveva un aspetto positivo a livello di umanità”, dichiarò lei con convinzione.
    “E l’amore dove lo mettiamo? Dov’è l’amore in una lotteria di corpi che si mettono a disposizione per procreare?” Chiese lui cercando di mantenersi calmo.
    “L’uomo è da sempre in cerca di una compagna con lo scopo di una progenie futura pertanto trovo che, antropologicamente, sia più sensato il rituale di Lupercus.”
    Seeley sbuffò esasperato “Ma questa è antropologia... io parlo di amore, di sentimento. L’uomo non è una macchina creata per prolificare e basta. È più logico fare un passo alla volta. Trovare una compagna liberamente, scambiarsi dei doni che abbiano un significato, far crescere un sentimento saldo di amore prima di procreare come robot. L’uomo prova emozioni, sentimenti, sofferenza, gioia... ”
    “Ma tutto questo è dovuto...”, Temperance non fece in tempo a terminare la frase che lo vide sollevare una mano per bloccarla.
    “No, basta così. Io ora vado al Diner perché non ho intenzione di farmi rovinare la giornata da queste vostre storie... se vuoi mangiare qualcosa mi troverai lì”, disse risoluto prima di uscire a grandi passi dal laboratorio.
    Zack, che aveva finalmente sollevato lo sguardo ad osservare lo scambio tra i due partner, si voltò verso di lei.
    “Non capisco per quale ragione si sia alterato tanto”, disse perplesso.

    Dopo una decina di minuti la porta del Diner si aprì e quando Seeley sollevò lo sguardo vide la sua partner che, con le mani dietro la schiena, avanzava verso il loro tavolo.
    Senza dire una parola si sedette di fronte a lui continuando a guardarlo.
    Lui la studiava attentamente e si rese conto che sul viso serio di lei cominciò a fare capolino un lento sorriso. Seeley aggrottò le sopracciglia guardandola confuso mentre, da sotto il tavolino, sollevava una rosa rossa e la metteva tra loro, rivolta verso di lui. Gli prese una mano e ci posò nel palmo lo stelo del fiore facendoglielo stringere. Avvolse il pugno con la sua mano, stringendo la rosa a sua volta e sorridendogli con una luce allegra negli occhi.
    Lui la osservò attentamente mentre gli angoli delle labbra iniziavano a sollevarsi al pensiero di quel suo dono.
    “Com’era? Un passo alla volta?” Chiese Temperance in un sussurro.
    Lui annuì e restò a guardarla per un momento senza dire nulla. Si rese conto che quella giornata si era rivelata più bella di quanto si era aspettato.


    Per ,giuls
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    Per reihino83
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    Era una sera d’inverno come tante altre. Ero nel mio ufficio e stavo preparando la documentazione dell’ultimo caso per redigere il rapporto finale. Improvvisamente un promemoria riempie completamente lo schermo del pc lampeggiando insistentemente finché non lo chiudo. E’ già il terzo, quindi è davvero molto tardi, devo proprio andare.
    Raccolgo sommariamente tutti i fogli sparsi sulla scrivania e li inserisco nella loro cartella, riponendola poi nel primo cassetto. Prendo la custodia per abiti e una piccola borsa sfilandoli dall’appendiabiti vicino alla porta ed esco per andare a cambiarmi: devo sbrigarmi.
    Quando rientro nell’ufficio trovo Booth ad attendermi con un fascicolo in mano. Sicuramente è qui per completare insieme il rapporto, ma io stasera proprio non ho tempo.
    “Wow! Non serviva che ti mettessi elegante per compilare scartoffie!” Fu la sua calorosa accoglienza.
    “Mi dispiace ma stasera proprio non posso fermarmi.” Spiego mentre con gli occhi cerco la scatola con le scarpe da abbinare al nuovo abito. Eccola, la scatola si è nascosta dietro al divano. La recupero e le indosso mentre sento che lui continua a parlare.
    “Oh... e chi è il fortunato che avrà l’esclusiva della tua compagnia per stasera?” Chiede mentre mi si avvicina. Assesto meglio i piedi che devono abituarsi ai nuovi tacchi che mi portano alla sua altezza e sorridendo lo guardo dritto negli occhi.
    “A dire il vero i fortunati saranno diversi.” Gli rispondo con tono provocatorio per godermi la sua espressione incuriosita. “E’ stata un’idea del mio editore in collaborazione con il web master del mio sito ed una libreria della città sempre disponibile per promuovere il mio nuovo libro...”
    “...che uscirà il mese prossimo.” Puntualizza lui.
    “Sì, certo, il 15 marzo in tutto il paese. Però c’è un gruppo di 40 fortunati che si sono meritati la possibilità di leggerlo in anteprima e stasera li incontro per sentire le loro opinioni. Pensa che arrivano addirittura dal Texas e dalla Florida!” Concludo soddisfatta.
    “E che cosa hanno fatto per meritarsi un tale privilegio?” Ora lui sembra particolarmente contrariato. “A me non lasci sbirciare nemmeno gli appunti!”
    “Sono gli utenti che partecipano più attivamente alle discussioni sul forum dedicato ai miei libri.” Avrei voglia di continuare a stuzzicarlo ma è davvero tardi. Lui non si accontenta della mia risposta sbrigativa e sento che continua il suo discorso mentre io recupero il cappotto e la borsa.
    “Bene, quindi stasera incontri 40 fanatici che passano tutto il loro tempo a disquisire sui significati reconditi di ogni frase che scrivi?!!!.. Allora ti accompagno!” Immaginavo volesse arrivare a questo.
    “Mi dispiace, ma tu non hai letto il libro e io non ho bisogno di una guardia del corpo.” Concludo bruscamente mentre esco salutandolo con la mano.
    Quello che non posso vedere è il suo sedersi pesantemente sul divano e appoggiare il fascicolo sul tavolino. Non posso vedere nemmeno che estrae sorridendo un cartoncino dalla tasca interna della giacca e lo guarda con soddisfazione per qualche istante, dopodiché anche lui lascia il Jeffersonian.

    Quando arrivo alla libreria Bruce, il proprietario che si è offerto di organizzare l’incontro con i lettori, mi accoglie con un caloroso abbraccio rinnovandomi i complimenti per il nuovo lavoro che lui trova decisamente stupendo. A dire il vero glielo sento dire ogni volta che pubblico un nuovo libro e ad ogni incontro il suo abbraccio diventa sempre più caloroso. Forse dovrei smettere di incontrarlo perché ormai sto rischiando un soffocamento ad ogni saluto.
    Lo spazio messo a disposizione dalla libreria si sta riempiendo. Non è molto grande ed è stato ricavato in un angolo del negozio spostando degli scaffali che, per l’occasione, Bruce ha riempito solo con i miei libri.
    Alla porta un suo collaboratore controlla personalmente gli inviti delle persone che attendono in fila già da un po’, sperando magari di poter rubare qualche minuto del mio tempo prima dell’inizio. Ormai è ora di cominciare e solo un nome non è stato spuntato dalla lista. Bruce gli sta facendo cenno di chiudere comunque la porta quando intravedo l’ombra di un uomo che si sta avvicinando con passo svelto esibendo il suo biglietto. Bruce lo fa entrare e chiude a chiave la porta alle sue spalle per evitare intrusioni indesiderate mentre io mi rivolgo di nuovo al gruppetto di persone con cui stavo parlando e mi congedo.
    Prendo posto sulla poltroncina che mi è stata preparata dietro al tavolo coperto da una lunga tovaglia rossa. La disposizione delle sedie è irregolare a causa di alcune colonne presenti nel locale. Davanti a me la platea dei lettori è già pronta da un po’ e alcuni stanno chiacchierando tra di loro, ma appena Bruce mi raggiunge annunciando l’inizio della serata il silenzio cala in tutta la sala.
    Seguiamo il programma prestabilito, quindi una mia breve introduzione del nuovo romanzo e la lettura di un capitolo da parte di Bruce. Il resto della serata è destinato alle molte domande del pubblico.
    Mi chiedono molte cose sciocche e banali a cui rispondo sbrigativamente sempre allo stesso modo: se si può davvero uccidere in quel modo, se Kathy e Andy si sposeranno, se ci sarà un altro libro.. Ad un certo punto però arriva una domanda che denota un’interessante chiave di lettura dei miei romanzi.
    “Mi sembra che sia un libro molto diverso dai precedenti. Perché ha voluto cambiare?” Chiede una ragazza, forse una lettrice un po’ più attenta delle altre alle sfumature tra le righe piuttosto che ai tecnicismi scientifici. Già il mio editore aveva notato un cambiamento nel mio modo di scrivere, ma finché il piatto forte dei miei libri rimanevano i delitti efferati conditi con qualche pagina un po’ più piccante mi lasciava piena libertà di espressione.
    “A me non sembra tanto diverso, comunque i personaggi si evolvono in base agli eventi della loro vita, quindi anche l’approccio al caso può cambiare se il protagonista ha maturato esperienze diverse.” Rispondo cercando di mantenermi sul vago. In effetti c’è stato un evento dello scorso anno che mi ha fatto capire quanto, a volte, la sola scienza non sia sufficiente a dare una risposta a tutte le nostre domande, e ho dovuto condividere le conseguenze di questa mia scoperta con Kathy, facendo fare a lei molti di quei passi che io stessa non sono ancora riuscita a compiere in questo nuovo mondo tutto da esplorare.
    “Quanto delle sue esperienze personali si riflettono in quelle di Kathy?” Chiede un altro dalla prima fila. Ci siamo, ma loro non sanno che cosa stanno chiedendo, quindi posso rispondere con dei luoghi comuni di circostanza. Devo solo decidere cosa dire quando la domanda verrà posta dall’unica persona che conosce i fatti.. ma ho ancora un po’ di tempo prima che il libro sia disponibile al pubblico e per quel momento avrò sicuramente capito cosa fare.
    “Beh, molto se si considera che le storie sono ispirate da casi che io e il mio partner del FBI abbiamo realmente affrontato e risolto.”
    “Io però mi riferivo ai fatti del capitolo 12, quando Kathy e Andy vengono feriti dall’esplosione del magazzino e Andy rimane sospeso tra la vita e la morte per parecchi giorni..”
    “No, io e Booth non siamo mai stati feriti così gravemente!” Mi affretto a puntualizzare, forse troppo velocemente. “Si tratta di un’invenzione che si adattava perfettamente alla sequenza narrativa...”
    “Allora vuole liquidare il personaggio di Andy per lasciare il 100% della scena alla sua eroina?” Chiede un altro dalla seconda fila.
    “Assolutamente no, sono molto affezionata a lui e non potrei immaginare di scrivere di Kathy senza Andy!”
    “E i pensieri di Kathy all’ospedale mentre aspetta che Andy riprenda conoscenza dopo l’intervento? Sembrano aprire uno scenario nuovo per il futuro dei due personaggi. Quanto c’è di Temperance Brennan in quell’aspetto di Kathy? Lo chiedo perché forse è quello il momento in cui vediamo Kathy cambiare molto rispetto al passato...” Eccola, la domanda insidiosa che speravo di evitare. Eccola arrivare da una donna minuta della seconda fila, invisibile fino a quel momento, che improvvisamente aveva attirato l’attenzione su di sé alzandosi e affondando la sua stoccata.
    Stavolta la domanda è precisa. Cosa le rispondo? Forse un po’ di verità non farà così tanto male...
    “Ecco.. a questo punto della storia ho ritenuto giusto evidenziare quanto la vita dei protagonisti sia costantemente in pericolo e quanto profondo sia il legame che si crea tra due persone che vivono e lavorano in queste situazioni estreme... Con l’incidente Kathy realizza che potrebbe perdere Andy in qualsiasi momento senza avere avuto mai la possibilità di dirgli quanto fosse importante per lei, così...” Mi interrompo perché vedo un uomo uscire da un angolo buio tra uno scaffale e una delle colonne e riconosco la sua voce. No, non è proprio possibile che sia lui!
    “...In pratica hai attribuito a Kathy i tuoi pensieri di quei quattro giorni. Hai fatto dire a lei quello che tu non ...”
    “E tu che ci fai qui?! E perché ti sei nascosto?!” Esclamo interrompendolo a mia volta.
    “Non volevo influenzarti con la mia presenza e.. ho un invito come tutti gli altri, quindi come loro merito una tua risposta alla mia domanda” Mi risponde Booth con uno dei suoi soliti sorrisi che gli consentono di vedere esaudita qualsiasi sua richiesta. Sono infastidita dalla sua impertinenza.
    “Io non mi faccio influenzare da nessuno, tantomeno da te, e poi non è possibile che tu sia tra gli utenti premiati: non ci credo!” Replico piccata cercando di distoglierlo dalla sua domanda, anche se so già che sarà un tentativo inutile.
    “Credici invece! E’ stata una lotta spietata con Brennan451, ma alla fine l’ultimo posto utile l’ho ottenuto io!” Risponde lui orgoglioso avvicinandosi al tavolo. Ormai è di fronte a me ed ha attirato l’attenzione di tutti: la platea è completamente in silenzio e concentrata su di noi, come se stesse assistendo ad uno sviluppo imprevisto della sua storia preferita e non volesse perderne nemmeno un istante.
    “Allora rispondi alla mia domanda?” Chiede con tono di sfida. “In fondo non abbiamo mai parlato davvero di quei quattro giorni...” aggiunge poi a voce più bassa in modo che nessun altro possa sentirlo. Anche lo sguardo si è addolcito con la voce, ma i suoi occhi non ne vogliono sapere di staccarsi dai miei.
    “No, non è così”. Rispondo bruscamente desistendo per prima e voltandomi verso Bruce in cerca di aiuto.
    “Bene, penso che a questo punto possiamo chiudere l’incontro.“ Lo sento dire ad alta voce. “La dottoressa Brennan rimane comunque a vostra disposizione per autografare le vostre copie. Grazie per la partecipazione.”
    Sento dalla platea un mormorio di disapprovazione per l’interruzione di una discussione che sembrava molto più interessante delle altre, ma non senza un pizzico di delusione, vedo alcuni partecipanti alzarsi per venire verso di me ed altri avvicinarsi all’uscita.
    Booth si sta sedendo comodo mentre io sono impegnata ad autografare copie dei miei libri e congedare i partecipanti. Anche se non lo vedo mi sento osservata.
    Quando ormai siamo rimasti da soli, si avvicina deciso al tavolo mentre io già mi sto alzando per andarmene. Appoggia la sua copia del libro davanti a me.
    “Non c’è più nessuno adesso. Vuoi rispondere alla mia domanda?” Chiede lui accompagnando la richiesta con uno sguardo che non riesco a sostenere. Prendo tempo, abbasso gli occhi verso il libro, sfoglio nervosamente avanti e indietro le prime pagine.
    “Penso che farò aggiungere una pagina alla prefazione... sicuramente è tardi, ma è importante che esca...” dico come se stessi pensando ad alta voce.
    “E cosa manca?” Booth ora è curioso.
    “La dedica... c’è sempre una dedica in tutti i miei libri e in questo l’ho dimenticata.” Rispondo mentre scrivo una frase sulla prima pagina. Poi chiudo il libro velocemente e glielo restituisco. Lui lo appoggia di nuovo sul tavolo mentre mi aiuta ad indossare il cappotto e mi lascia precederlo verso l’uscita.
    “Con lo scherzo che mi hai giocato stasera come minimo mi devi una cena!” Gli dico per alleggerire un po’ l’atmosfera appena l’aria gelida di febbraio mi accoglie su un marciapiede deserto. Mentre mi giro a cercare una sua risposta vedo che si è fermato qualche passo indietro e sta leggendo la sua dedica. Chiude il libro e mi raggiunge, regalandomi un sorriso nuovo che non ho mai visto prima e che mi provoca una strana reazione allo stomaco. Cerco di convincermi che è solo l’effetto della fame, ma so che non è così.
    Ha ottenuto la sua risposta.
    Iniziamo a camminare e nonostante qualche fiocco di neve si dissolva al contatto del mio cappotto non ho freddo. Lui ha passato un braccio dietro alla mia schiena appoggiando una mano sul mio fianco per farmi avvicinare di più a sé. Dal punto in cui sento le sue dita attraverso la stoffa spessa uno strano calore si propaga in tutto il mio corpo distribuendo un nuovo benessere.
    Non credevo che otto semplici parole avessero questo potere.

    “All’uomo più importante della mia vita: tu”


    Per Lotus in dream1927
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    Per elis@89
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    Un tranquillo fine settimana

    Temperance aveva già guardato sotto al letto diverse volte, ma non aveva trovato ciò che stava cercando. Le lenzuola erano per terra ammonticchiate, era davvero così difficile trovarla in mezzo a tutto quel caos? Per un attimo pensò di guardare anche sul soffitto, per vedere se per caso si fosse incastrata sul lampadario. Dietro ai comodini, forse?

    “Andiamo, Bones, ti vuoi sbrigare?”
    “Un momento Booth! Ho quasi fatto!” si infilò l’abito ed uscì dalla camera con le scarpe in mano.
    “Il caffè è pronto, così non dovremo fermarci a prenderlo per strada.”
    “D’accordo.” Si appoggiò con una mano al tavolo e si infilò le decolleté, poi afferrò al volo la tazza di caffè che il suo collega gli stava porgendo e con l’altra prese la giacca.
    Uscirono insieme dall’appartamento per dirigersi ai rispettivi luoghi di lavoro.

    Temperance sorseggiò silenziosamente il caffè lungo la strada.
    “Che c’è Bones? Qualcosa ti turba?”
    “Oh... no, niente... stavo solo cercando di ricordare dove posso aver messo...”
    Il telefono dell’agente Booth suonò improvvisamente e la conversazione con il figlio proseguì fino alle porte del Jeffersonian, davanti al quale la dottoressa Brennan scese, facendo un cenno con la testa al collega, e chiudendo la portiera alle sue spalle.
    Era un sabato mattina e le persone che lavoravano nel laboratorio erano poche. Brennan fu grata del fatto che la maggior parte di loro avesse la testa china sulle proprie scrivanie, così nessuno avrebbe potuto fare commenti sul suo abbigliamento.
    Non vedeva l’ora di uscire per tornare a casa e concedersi un bagno caldo e rilassante.

    Non si era resa conto che il tempo fosse passato così velocemente e che si era già fatto tardi. Lo specializzando seduto di fronte a lei stava facendo domande pressanti per la tesi di ricerca e non accennava a smettere. Normalmente la dottoressa Brennan avrebbe apprezzato un tale interesse per la materia, ma non quella sera.
    Lo interruppe un istante prima di rispondere a quella che avrebbe tanto desiderato fosse l’ultima chiamata della giornata e della settimana.
    “Brennan.”
    “Bones, abbiamo un problema.”
    “C’è stato un omicidio?”
    “Peggio.”
    “Una strage?”
    “La compirò io probabilmente se questa sera non sarò di fronte al televisore a vedermi la partita.”
    “Allora?” si mise comoda sulla poltrona in attesa di chiarimenti.
    “Se hai finito passo a prenderti.”
    “Non ancora. Stavo rispondendo alle domande del signor Speare in merito alla sua tesi.”
    “Ok. Se sei impegnata ti richiamo più tardi.”
    “Booth, puoi parlare se vuoi.”
    “Non mi va che ci sia qualcuno ad ascoltarci.”
    “Il signor Speare se ne sta andando, io devo completare alcune valutazioni e poi rivedere l’ultimo capitolo che ho scritto.” Pensò che fosse un modo diplomatico per concludere il suo colloquio e dedicarsi al resto del lavoro.
    Il giovane si mise a raccogliere i suoi effetti personali per metterli nella borsa, avendo intuito che la dottoressa non voleva essere più disturbata. Alcuni fogli uscirono dalla cartellina e si chinò per raccoglierli.
    “Bones, senti... si tratta della tua... sì, insomma... hai capito. “
    “No. Spiegati meglio.”
    “Bones, le parole pizzo e rosa...” Booth abbassò il tono della voce “ ...abbinate a biancheria intima ti dicono niente?”
    Il signor Speare intanto aveva finito e si era alzato, tutto rosso in viso. L’unica cosa che voleva fare in quel momento era uscire dall’ufficio della dottoressa Brennan. E di corsa. Non avrebbe mai detto a nessuno, nemmeno sotto tortura, quello che era successo lì dentro.
    “Booth!” e solo in quel momento alzò la cornetta e disattivò il vivavoce mentre Speare accennò una leggera corsa non appena ebbe messo piede fuori dall’ufficio.
    “La mia biancheria intima, Booth! Dove l’hai trovata?”
    “Era nella tasca della giacca che questo pomeriggio ho portato in lavanderia, ecco dove! E non è stato divertente quando il signor Wong ha svuotato le tasche di fronte agli altri clienti e le ha mostrate come un trofeo dicendo signor Booth, le mutandine di sua moglie!”
    “Non è colpa mia. Sei tu che hai voluto iniziare i preliminari nell’ascensore del tuo palazzo togliendomi la biancheria. Questa mattina le ho cercate dappertutto!”
    “E comunque mi devi cinquanta dollari.”
    “Per cosa?”
    “Per il lavaggio di un capo delicato, non potevo certo andare dietro al bancone e strappargliele di mano. Non sono nemmeno riuscito ad obiettare sul fatto che non fossimo sposati e me ne sono andato senza dire una parola.”
    “Però ti piace” si rilassò sulla poltrona e attorcigliò il filo della cornetta del telefono sulle dita.
    “Cosa?”
    “La mia biancheria …”
    “Diciamo che in certi momenti non la guardo nemmeno. Ma la cosa interessante è sapere che tu in questo momento non la stai indossando.”
    “Già...”
    “Direi che la dottoressa ha bisogno di una scorta questa sera...”
    “Conosce qualcuno che sia disposto a fare questo sacrificio, agente?”
    “Potrei farlo io...”
    “Apprezzo molto la sua devozione.”
    “Non ci sono telecamere nel suo palazzo, vero?”
    “Direi che possiamo provare ad eludere la sorveglianza... sempre che lei sia un amante del rischio e del pericolo.”

    Booth sentì una pausa e intuì dai rumori che lei stava sbadigliando.
    “Bones, facciamo così, fra dieci minuti vengo a prenderti e ti riaccompagno a casa, ti preparo la cena mentre tu ti rilassi dentro la vasca da bagno, ok?”
    “Un lungo bagno caldo e rilassante con tanto di candele profumate?” si passò una mano sulla nuca massaggiandosi i muscoli del collo. “Affare fatto, Booth. Ma niente partita questa sera.”
    “Bones, andiamo!”
    “Si è offerto di farmi da guardia del corpo, agente Booth... si è già dimenticato?”
    “Ogni uomo ha le sue esigenze, dottoressa! Ti propongo una cena vegetariana in cambio della partita.”
    “Aggiungo le spese della lavanderia per la mia biancheria.”
    “Questa non è una mediazione equa, Bones, è un puro ricatto!”
    “Sì, ma io ho comprato quel completo intimo solo ed esclusivamente per te.”
    “Affare fatto, Bones... hai vinto tu anche questa volta.”
    “Lo credo bene, sono la migliore!”


    Per semo91


    Per lella1989
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    Per vale2875
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    Per dr.fran
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    Per Sweet_Violet


    Per Lathika
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    Per FrancyBB
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    Per kew08
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    Lo spumante di San Valentino

    Il Diner era molto affollato quella mattina, più precisamente il 13 febbraio, la vigilia della festa degli innamorati. Il locale aveva proposto un nuovo menù ai suoi clienti solo per quei giorni, che comprendeva frittelle a forma di cuore condite con la panna montata e patate e crocchette agro-dolci o piccanti, a seconda dei gusti, per non parlare dei gustosissimi dolci. Quindi oltre ai soliti avventori c'erano nuovi clienti e coppiette tentate dalle prelibatezze, ed era quasi impossibile trovare un posto a sedere, ma alla fine gli squints del Jeffersonian e l'agente Booth erano riusciti a trovare un angolino per loro. Purtroppo mancavano le sedie, perciò si erano dovuti stringere molto: Cam ed Hodgins dividevano una sedia, mentre Angela era sulle ginocchia di Wendell, Sweets aveva trovato uno sgabello molto basso che lo faceva sembrare un bambino piccolo alla tavola dei "grandi", mentre Booth e Bones dovevano trovare un modo per condividere l'ultima sedia rimasta.

    - Forse è meglio che mi sieda io Bones, poi tu ti siedi sulle mie ginocchia...

    - E' scomodo ed inopportuno...

    - Angela e Wendell lo hanno fatto e sono comodi, vero?

    - Insomma...mi sono seduta da meno di due minuti ed ho già tirato due ginocchiate al tavolo...- disse lamentandosi l'artista.

    - E a me sta per venire un crampo alle gambe- disse Wendell un po’ sofferente.

    - Vuoi dire che sono pesante?- replicò stizzita Angela.

    - No, solo che il tutto è molto scomodo...

    - Sentite, non abbiamo molto tempo, quindi o vi sedete oppure rimanete in piedi per tutto il tempo, a voi la scelta!- disse un'autoritaria Cam, interrompendo la scia di lamentele.

    - Mettiamoci come Cam e Hodigns, ti va bene?- chiese Booth rivolgendosi alla sua partner.

    - Uhm...no, non credo.

    - Perché?!

    - Perché sei troppo grosso...nel senso che sei un uomo imponente e quindi occuperesti tutto lo spazio disponibile.

    - Scusate, ma perché non possiamo organizzare questa cosa in laboratorio, dove c'è più spazio, più calma e soprattutto molti posti a sedere?!- esclamò esasperato Hodgins.

    - Perché in questi giorni il Diner non fa consegne a domicilio, avevamo tutti fame e questa è la miglior tavola calda della zona- spiegò Booth mentre si sedeva, trascinando la dottoressa sulle sue ginocchia -Sai, non mordo Bones, puoi stare tranquilla.

    - E perché dovresti farlo?- chiese calma la donna mentre si sedeva sulle ginocchia dell'agente.

    - Lascia stare Bones, era una battuta.

    Angela si schiarì la gola e prese la parola -Tutti sapete che domani è San Valentino e in questo giorno speciale le coppiette di tutto il mondo organizzano delle serate romantiche per passare del tempo assieme. Dato che in questi giorni gli assassini seriali ed i pazzi psicopatici si sono dati da fare per rovinarci la festa, pensavo di organizzare una piccola festa tra di noi in laboratorio. Ognuno porterà qualcosa da mangiare e per i dettagli ci penso io- concluse sorridente l'artista.

    - Non per rovinare i tuoi piani Angela, ma solo voi due avete il privilegio di festeggiare San Valentino, nessun'altro ha un partner- osservò Booth indicando Angela e Wendell.

    - A dire la verità io sto con Daisy, quindi le coppie sarebbero due...- intervenne Sweets.

    - Ah sì, giusto, avevo dimenticato te pulcino...probabilmente perché in questo momento sembri più un bambino sul seggiolone che un uomo- rispose Booth, facendo ridere di gusto tutta la tavolata.

    - Sì, molto divertente Booth - replicò stizzito Sweets.

    - Tornando alla festa...- disse Angela, interrompendo le risate -Non importa essere delle coppie per parteciparvi! Potete portare chi volete! Ad esempio, Cam tu puoi portare Michelle con il suo ragazzo e tu Booth puoi portare tuo figlio...sono sicura che si divertirebbe moltissimo a passare questa festa in mezzo a tante ossa...penserà che sia Halloween!

    - Già, proprio quello che gli ci vuole, un altro trauma infantile!

    - A tuo figlio piace molto la scienza e poi è già stato al Jeffersonian, per non parlare del dito che trovò nel nido del corvo...- disse cercando di voltarsi verso di lui, ma seduta sulle sue ginocchia era molto difficile, in quanto si sarebbero trovati con i volti a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro...decise di non voltarsi e di levare il braccio che lei gli aveva messo al collo mentre cercava di girarsi.

    - D’accordo, se non ha altri impegni per domani lo porterò, contenta?

    - No un momento...io ancora non ho dato il mio consenso a questa festicciola, siamo oberati di lavoro ed è inopportuno fare delle feste in un laboratorio. Gli invitati potrebbero danneggiare qualche strumento, che costano migliaia di dollari, per non parlare delle prove che potrebbero essere danneggiate e poi dovremo ripulire tutto sia prima della festa che dopo...no, non si può fare Angela, mi dispiace- sentenziò Cam.

    - Non sarà una festa come quelle che si danno al college, ma una cena tra di noi! La daremo nella zona relax, sopra lo spazio del laboratorio, gli strumenti saranno off limits per quei pochi che verranno da fuori, nessuno si ubriacherà o farà cose pazze Cam, te lo prometto- spiegò Angela sfoderando il suo miglior sorriso.

    - In fondo l'idea è carina, faremo uno spuntino tutti insieme e poi le coppiette se ne andranno a festeggiare per conto loro. E' sempre meglio che stare al Founding Fathers a bere birra da soli...- disse l'agente.

    - Io ti avrei fatto compagnia...sempre che ti avesse fatto piacere- rispose Temperance all'uomo.

    - Certo che sì Bones, era così per dire- disse in un sussurro, cercando di posare gli occhi lontano dal decolleté della donna che aveva sulle ginocchia.

    - Bene- disse Cam, interrompendo i pensieri degli altri commensali -Se qualcosa si rompe, vi riterrò tutti responsabili, specialmente tu Angela, capito?!

    L'artista emise un gridolino di gioia -Perfetto! Allora faccio una lista delle cose da mangiare e per il resto penso io!

    Con gran fatica si alzarono tutti dal tavolo, dopo gli ordini impartiti da Angela ed uscirono, ognuno per tornare al proprio lavoro, ma con la testa alla cena di San Valentino.

    Il giorno dopo c'era molta frenesia nell'aria del Jeffersonian: ogni tanto sbucavano qua e là mazzi di rose rosse, scatole di cioccolatini e pupazzi vari, mandati dai fidanzati alle ragazze del laboratorio (o viceversa). Wendell quella mattina aveva portato ad Angela un bel mazzo di rose, rendendo felice la donna, mentre Daisy aveva ricevuto la visita di Sweets; la ragazza era talmente contenta che non aveva smesso un attimo di chiamarlo Lancelot in tutte le tonalità e sfumature possibili della voce, cosa che aveva fatto innervosire non poche persone.

    Finalmente scese la sera ed iniziarono i preparativi per la cena: Angela aveva allestito un tavolo nella sala relax e l'aveva apparecchiato con una tovaglia rossa, candele dello stesso colore su candelabri ornati con nastri rosa e rossi e petali di rosa sparsi un po’ ovunque. Presto arrivarono Cam ed Hodgins, che aiutarono l'artista a completare la tavola, seguiti dieci minuti dopo da tutti gli altri ragazzi del laboratorio. Booth e Bones arrivarono per ultimi e stavano discutendo animatamente.

    - Ti avevo detto di non prendere quella strada, ma no! Tu devi fare sempre di testa tua! Guarda siamo in ritardo!- sbuffò Temperance.

    - Scusa, ma chi è stato 20 minuti davanti allo specchio a controllarsi?! Io non di certo, mi hai costretto te a fare quella strada, perché ormai eravamo in ritardo e c'era troppo traffico!

    - Non è vero! Saremmo arrivati in orario lo stesso, avevo calcolato tutto...

    - Andiamo Bones! Non puoi sempre prevedere tutto!

    - Ma...

    Venne interrotta da Angela, che nel frattempo si era precipitata dai due per contenere il litigio -Ehm...scusate, non per farmi gli affari vostri, ma state rovinando l'atmosfera...qual'è il problema?

    Temperance fece per parlare ma venne preceduta da Booth -Nessuno in particolare, solo che Bones è una donna e come tale deve metterci una vita per prepararsi, oltre al fatto che deve sempre essere la "tuttologa" della situazione!

    L'artista inarcò un sopracciglio -Sai che, essendo anch'io una donna, potrei prendermela per la tua affermazione?

    Nel frattempo Bones l'aveva fulminato con lo sguardo -Sono un genio, non una tuttologa, e non pretendo di sapere sempre tutto- detto questo si voltò ed andò con passo svelto e deciso verso il tavolo, per sistemare la pietanza che aveva portato.

    Booth rimase spiazzato dalla reazione di Bones -E' la semplice verità, Angela...comunque la mia voleva essere una battuta, ma come al solito lei non l'ha capita...

    - Già..che strano, non le succede mai!- rispose sarcastica la donna -Vieni, tra poco le passerà.

    L'agente la seguì e si avvicinò ai ragazzi del Jeffersonian. Incrociò Daisy e Sweets e cambiò subito direzione, scontrandosi con Cam.

    - Scusa Cam, non ti avevo vista...

    -Certo, eri troppo impegnato ad evitare quei due- disse indicando con un cenno del capo Daisy e Sweets, che in quel momento si stavano sussurrando paroline dolci -Ed a discutere con la Brennan. Che succede?

    - Niente, le solite incomprensioni...Michelle non è venuta?- chiese cambiando argomento.

    - No...ha preferito festeggiare San Valentino con il suo ragazzo, soli soletti....

    - Immagino tu sia molto tranquilla!- disse sarcastico Booth.

    -Proprio così...e Parker invece?

    - Non l'ho portato. Non mi sembrava la serata giusta per un bambino.

    - Secondo me si sarebbe divertito lo stesso.

    - Può darsi...

    La voce di Angela interruppe il discorso, annunciando che era tutto pronto per la cena. Le coppiette si sedettero vicine, mentre Booth prese posto tra Temperance e Hodgins. L'antropologa rivolse la parola all'agente pochissime volte durante la cena, facendogli capire che era arrabbiata con lui. Booth cercò più volte, durante la serata, di coinvolgerla in qualche discorso, ma lei troncava ogni sua iniziativa con poche parole. Al momento del dolce le cose non erano cambiate e ciò lo innervosiva.

    - Bene, ora possiamo servire lo spumante! Qualche uomo forte e aitante può aprire le bottiglie e servirci?- chiese Angela. Fu accontentata dal suo Wendell, Hodgins e Booth, che si era stancato di stare seduto accanto a Bones che non voleva parlargli. Prese una bottiglia e senza pensare fece scattare il tappo, che esplose...colpendo in fronte Temperance. Booth appoggiò la bottiglia e corse subito in suo soccorso.

    - Bones scusa, mi dispiace tanto! Ti ho fatto male?

    - Te che dici?!- disse tenendosi una mano sulla fronte, poco al di sopra dell'occhio sinistro -Non potevi puntare più in alto?

    - Gran mira cecchino! Hai mancato l'occhio però...- disse ridendo Hodgins, zittito subito dalle occhiatacce lanciate dai colleghi, soprattutto da quella di Booth.

    - Ci vuole del ghiaccio, vado a prenderlo in laboratorio...-si offrì Cam.

    - No, ci vado io...Bones ce la fai a venire di sotto?

    L'antropologa lo guardò con l'altro occhio -Mi hai colpita in fronte con un tappo di bottiglia Booth, non con un machete!- disse stizzita alzandosi. Booth l'aiutò e insieme andarono verso il laboratorio. Pochi minuti più tardi Temperance aveva del ghiaccio sulla fronte e guardava Booth di traverso.

    - Mi dispiace...sia per l'occhio che per la battuta di prima...

    La donna sospirò, continuando a guardarlo -Tu non sai nemmeno perché mi sono arrabbiata.

    - Beh...sì che lo so...non vuoi essere definita "tuttologa", e in effetti hai ragione a sentirti offesa. Una persona così è Nigel-Murray, che spara a raffica nozioni scientifiche e storiche senza un'attinenza al discorso che viene proposto. Tu sai molte più cose, sei un genio, sei brillante...

    - Ma sono insopportabile, non è così?

    - Certe volte....all'inizio eri la persona più irritante che avessi mai conosciuto, ma in questi anni sei cambiata molto Bones e non mi irriti più come prima...e sai perché?

    - Perché ormai ci hai fatto l'abitudine?

    - Anche...ma soprattutto perché sei una persona speciale che occupa uno spazio importante nel mio cuore e, quando provi questo per una persona, tendi a passare oltre a certi difetti, perché anche questi tratti caratterizzano quella persona per ciò che è. Se tu smettessi tutto d'un tratto di essere così come sei, non mi piaceresti più- disse a cuore aperto verso Temperance, che rimase in silenzio a riflettere sulle sue parole. Dopo qualche minuto lei si tolse il ghiaccio dalla fronte, si alzò e si avvicinò a lui -Credo sia lo stesso anche per me- disse allungandosi verso di lui e toccando con le sue labbra quelle di lui. Un bacio morbido, dolce e leggero che colse di sorpresa l'uomo. Temperance si ritrasse subito, non per paura, ma solo perché voleva vedere la reazione del suo partner. Gli sorrise e lo guardò negli occhi -Anche se non è iniziato proprio bene...Buon San Valentino, Booth.

    Detto questo l'antropologa si rimise il ghiaccio sulla fronte e lo oltrepassò, lasciandolo sbigottito per qualche altro secondo - Bones...dove vai? Non vuoi approfondire il discorso?- disse seguendola.

    Lei si fermò e valutò la proposta -Uhm...no, ora non mi va, facciamo un'altra volta, ok?- sorrise malignamente a Booth e continuò a camminare, lasciando l'uomo atterrito dietro di sé.

    Come si dice quando vuoi farla pagare a qualcuno? Ah sì: Occhio per occhio, dente per dente, Booth.


    Per Lily~
    SPOILER (click to view)
    DOLCETTI PER DUE

    “Papà, ma è così difficile amare qualcuno?”

    Fu davanti ad un gelato subito dopo una partita di baseball che Parker fece questa domanda a Booth. Si trovavano al Diner a rimpinzarsi a più non posso e a commentare le gesta della loro squadra del cuore e tutt’ad un tratto Parker si era fatto serio, aveva guardato il padre con quegli occhi neri così simili ai suoi e gli aveva posto quella domanda.

    A Booth andò di traverso la torta di mele e quindi dovette ricorrere a qualche sorso di caffè, un po’ per mandare giù il dolce e un po’ per riprendersi dallo shock.

    Nei due giorni che avevano trascorso assieme, aveva notato che Parker era spesso pensieroso, distratto. Gli aveva chiesto più volte che cosa avesse, ed il figlio gli aveva risposto che era tutto a posto, e subito dopo tornava ad essere il bambino allegro e spensierato di sempre.

    “Tu mi diresti se ci fosse un problema a scuola o con la mamma, vero Parker?”, aveva incalzato Booth la sera precedente mentre erano a casa a guardare i cartoni. “Perché qualsiasi difficoltà, la possiamo affrontare assieme, ne possiamo parlare”.

    Il figlio gli aveva confidato che era preoccupato per l’interrogazione di geografia del lunedì successivo ed avevano trascorso la mattinata di domenica a ripassare insieme la lezione. Poi c’era stato un bel pranzetto da Pops e la partita. Tutto sembrava fosse finito lì.

    Evidentemente non era così.

    “Perché me lo chiedi, campione?”, domandò Booth con tono preoccupato.

    “Beh, vedi papà, a scuola c’è una bambina, si chiama Annie e mi piace tanto. Ha delle lunghe trecce rosse e due occhi verdi. E’veramente carina. Pensa che venerdì mi ha offerto una fetta della torta di mele che le aveva preparato la mamma ed io sono diventato tutto rosso, non sapevo cosa dire….Insomma l’ho ringraziata e sono scappato via. Io spero tanto che non ci sia rimasta male. Ho fatto proprio la figura del fesso !”

    Booth non aveva mai visto il figlio così preoccupato. Altro che compito di geografia! Questo era molto più complicato.

    Seeley Joseph Booth, Agente Speciale dell’FBI ed ex cecchino, iniziò a sudare freddo come mai prima di allora. Non era pronto ad affrontare questo genere di cose con suo figlio e, a pensarci bene, forse non lo sarebbe mai stato. Pensò per un attimo di chiedere l’aiuto di Sweets, ma cambiò idea in meno di un secondo, perché già sapeva che, come in passato, gli avrebbe snocciolato teorie evolutive e stadi dello sviluppo sessuale infantile mettendolo ancora più in crisi. Fece un profondo respiro ed appoggiò i gomiti sul tavolo. Era un gesto che solitamente tendeva a fare con Bones, quando doveva spiegarle qualcosa che la sua mente razionale non sempre riusciva a cogliere, e pensò che con il figlio avrebbe potuto fare lo stesso.

    “Amare qualcuno non è mai difficile. Viene dal cuore. E’ un qualcosa che senti dentro e che bisognerebbe sempre poter esprimere. A volte, guardando negli occhi la persona che ami, sembra che il tempo si fermi e che le persone che ti circondano spariscano chissà dove. Spesso questa sensazione può fare paura, ma non la devi temere. E’ un qualcosa che ti fa sentire vivo. Ascolta sempre la voce che viene dal cuore.”

    Il bambino ascoltò con molta attenzione le parole del padre.

    “Ma se non mi vuole più parlare? Se è arrabbiata con me e non mi vuole vedere mai più?”, chiese Parker con tono disperato.

    “Beh, facciamo così: Adesso ci fermiamo in quella pasticceria vicino casa tua e le compriamo una bella scatola di dolci. Domani a scuola gliela dai dicendole che il fatto di dividere la sua torta con lei ti ha reso molto felice e che ora vorresti mangiare questi dolci insieme a lei. Vedrai che non sarà arrabbiata con te e, chissà, magari diventa rossa anche lei”, disse Booth nella speranza di tranquillizzare il figlio.

    “Che idea geniale! Ma se lo facessimo stasera, visto che è San Valentino? Dai, papà! C’è un negozio proprio qui vicino ed Annie abita a due isolati da casa mia. Se telefoniamo a mamma chiedendo di chiamare sua madre, sicuramente potremmo passare prima di cena. Dai, solo cinque minuti!”, esclamò Parker con occhi imploranti.

    Mezz’ora più tardi eccoli davanti alla porta della casa di Annie. Parker con una scatola rosa in mano ed un’espressione nervosa e Booth con quell’aria tipica che assume quando vuole apparire tranquillo ma dentro è terribilmente agitato.

    “Avanti Parker, suoniamo il campanello.”, incalzò Booth.

    Venne ad aprire Annie con una donna che, avendo lo stesso colore di capelli della bambina, doveva essere sua madre. Alla vista di Parker la Annie s’illuminò, regalando un sorriso che lasciò senza fiato padre e figlio.
    “Ciao Parker! Buonasera Signor Booth. Io sono Annie e questa è la mia mamma Mary.”, disse la bambina con tono educato. “Sì, sì! Lei e Parker vi assomigliate tantissimo, però devo dirle che suo figlio è molto più carino!”

    A quelle parole Parker diventò tutto rosso in faccia e Booth fece un sorriso a metà fra l’imbarazzato e il divertito. Diede a Parker un colpetto dietro la schiena invitandolo a farsi avanti.

    “Tieni Annie, questo è per te.”, disse Parker con un filo di voce. “Ti volevo ringraziare per la torta di venerdì. Sono stato bene…. Ho pensato che se domani li vuoi portare a scuola, li potremmo mangiare durante la ricreazione… Insomma, se ti va. Oppure li puoi mangiare stasera con la mamma... Sì, ecco... Buon San Valentino!”

    “Oh Parker, grazie. Sei stato veramente gentile. Sarò felicissima di mangiarne qualcuno con te domani e anche dopodomani.”, rispose Annie mentre si avvicinava per prendere il regalo. Quando fu molto vicino a Parker, si sollevò sulle punte e gli diede un leggero bacio sulla guancia. “Buon San Valentino anche a te. Ci vediamo domani.”

    Detto questo la bambina rientrò in casa lasciando Parker impalato come uno stoccafisso.

    “Allora campione, andiamo?”, disse Booth dopo un attimo.

    “Si papà, muoviamoci”, rispose il bambino con aria assorta accarezzandosi la guancia.

    Arrivarono a casa di Rebecca giusto in tempo per la cena. Scesero dalla macchina e Booth aiutò il figlio a coprirsi bene. Parker abbracciò forte il padre ringraziandolo per quello che aveva fatto per lui e s’incamminò verso casa.

    “Aspetta Parker!”, esclamò Booth mentre apriva lo sportello posteriore del Suv tirando fuori una scatola rosa simile a quella che avevano preso per Annie. “Stai dimenticando il regalo che hai comprato alla mamma!”

    Il bambino si voltò e con uno sguardo molto furbo disse: “Oh, ma quella non è per la mamma. E’ per te! Insomma, mi hai detto bisogna ascoltare il proprio cuore, che amare qualcuno anche se ci spaventa ci fa sentire vivi. Beh, l’idea di condividere dei dolci con Annie ha funzionato. Forse dovresti provare a fare lo stesso con Bones! Ciao papà, fammi sapere poi come è andata!”

    E con questo il bambino sparì dietro la porta di casa.


    Per edo_82
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    Per omelette73
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    Fuori “concorso”, ma non per questo meno gradito, aggiungo anche questo Secret Valentine dedicato a tutto il Forum, senza ovviamente rivelarne la fonte, nel perfetto spirito di questa iniziativa!
    Can't take my eyes off you

    Edited by omelette73 - 14/2/2010, 12:39
     
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  10. omelette73
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    Ele, grazie infinite! Il tuo regalo mi piace da morire!!!
     
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  11. Suwya
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    grazieeeeeeeeeeeee!!
    grazie, grazie, grazie, grazie mio secret valentine!!!

    ... Jackuccio :wub: :wub: :wub:
     
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  12. reihino83
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    WOAH!! :wub: Grazie mille mio Secret Valentine!! :wub: Una storia adattissima per questo giorno!! :wub:
    E complimenti a tutti i partecipanti..i lavori sono uno più bello dell'altro!!! :wub:

    Ovviamente invito il mio secret V. a rivelarsi se vuole... ;)
     
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    Squintern

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    oh ma glassie glassieee sn 2 lavori bellissimi!!!! :wub: :wub: :wub: :wub: :wub:
    mi piacciono entrambi ma il secondo l'adoro...
    Se vuoi fammi saxe chi sei così ti ringrazierò altre mille volte!!! :D :lol:
     
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  14. Chemistry
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    Grazie infinite mio Secret Valentine, I love my gift in maniera particolare!! :D
    Ti prego, rivelati, ho bisogno di sapere chi sei!!!! Ne ho davvero bisogno!!!!
    E un enorme complimento a tutti per gli splendini lavori! :clap:

    @Teresa: Non ci posso credere! :lol:
     
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  15. federica.g
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    posso dire una cosina anche se non centro nulla!(spero non mi ucciadiate ) volevo fare i complimenti a tutti perche sono tutti dei lavori spettacolari...
    ma il video finale è cioè woooooooooow la canzole i pezzi mi hanno fatto sognare ed ho avuto il sorrisino da ebete durante il video....
    p.s. secondo me david un regalino ad emily per s valentino l'ha fatto non chiedetemi come faccio a saperlo ma ho come un sesto senso!!!! =)
     
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64 replies since 7/1/2010, 08:08   2609 views
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