Un grande cuore

Un viaggio improvviso porta B&B a partecipare ai festeggiamenti per Sant'Agata nel cuore di

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     Like  
     
    .
    Avatar

    3 PhDs Squint

    Group
    Fan di vecchia data
    Posts
    5,297
    Reputation
    +3

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (allanon9 @ 4/8/2009, 19:52)
    Quella di Booth voleva essere una battuta, per me è un desiderio nascosto (beh, mica tanto!)
    Grazie per i complimenti.

    :woot: Non avevo capito, ero momentaneamente stranita da una certa immagine nella mia mente :fiu:
     
    .
  2. omelette73
        Like  
     
    .

    User deleted


    Povero Booth... qualunque uomo incontri che ha fatto parte della vita della sua Bones, scopre pure che lei se l'è portato a letto! ma insomma, Bones!
    Un po' di discernimento!
    Mi è piaciuta molto l'interazione tra loro due Gracia e non avevo dubbi che Booth sul divano non avrebbe MAI dormito!
    Complimenti, come sempre.
     
    .
  3. Chemistry
        Like  
     
    .

    User deleted


    Capitolo davvero bello, mi è piaciuta molto tutta la loro interazione e la ciliegina sulla torta è stato il finale. A luci spente, nell'intimità di un letto condiviso (cosa che speravo :) ) lei che si mostra sinceramente dispiaciuta per essere colei che gli ha causato l'ennesimo litigio con Rebecca!
    Brava allanon, continua presto che non vedo l'ora di sapere il seguito!
     
    .
  4.     Like  
     
    .
    Avatar

    Squintern

    Group
    BoNeS FF writers
    Posts
    1,138
    Reputation
    +5
    Location
    Catania - Sicilia

    Status
    Offline
    Ecco un piccolo aggiornamento.

    Un filo di luce che filtrava dalle imposte chiuse si posò sul viso di Brennan, svegliandola. Lei sbatté le palpebre, realizzando dove si trovasse.
    Cercò di liberarsi dall’abbraccio di Booth, non si era accorta che la stesse abbracciando, durante il sonno.
    Lentamente, scivolò fuori dal letto e lui si mosse appena, ancora profondamente addormentato. Guardando la sua espressione nel sonno, le tornò in mente il termine della sera prima: indifeso. Si, decisamente, Seeley Booth le dava l’impressione di essere indifeso senza la scintillante armatura d’ordinanza dell’FBI.
    Si lavò e si vestì e scese nella hall. Erano le sei e mezza e il ristorante dell’albergo era ancora chiuso. Si fece indicare dal receptionist un bar dove poter comprare delle brioche e del caffè.
    Non pioveva, anzi, sembrava che presto sarebbe sorto il sole, ma il freddo era intenso. Entrò nel bar, ubicato a pochi metri dall’albergo e comprò delle brioche ma non il caffè, perchè pensò che si sarebbe freddato nel caso Booth stesse ancora dormendo al suo rientro.
    In effetti il suo partner dormiva ancora raggomitolato sotto le coperte.
    Brennan si trovò così a pensare alle braccia di lui intorno al suo corpo. Possibile che il calore che aveva sentito mentre dormiva fosse dovuto alle sue braccia che la stringevano inconsapevolmente?
    Era confusa, come sempre davanti ai sentimenti ai quali non sapeva dare un nome preciso.
    Booth aprì gli occhi molto lentamente sbattendo le palpebre più volte. Aveva fatto un sogno bellissimo, si trovava in Italia con Bones e avevano dormito insieme.
    Aprì del tutto gli occhi, ma non riconobbe la stanza dove si trovava come la sua.
    Si alzò a metà del letto e vide la sua partner seduta sul divano che lo fissava con una starna espressione in viso.
    Allora non è stato un sogno.
    Pensò alzandosi, avevano davvero dormito insieme.
    “Buongiorno.” La salutò sedendosi anche lui sul divano.
    Lei era vestita di tutto punto, doveva essersi svegliata presto.
    “Buongiorno Booth, ho comprato la colazione.” Disse lei porgendogli una busta di carta.
    “Grazie. Che c’è Bones mi sembri strana.” Disse lui mordendo la sua brioche.
    Lei negò con la testa e prese anche lei il suo cornetto dalla busta.
    “No, niente. Allora, sei pronto per incominciare la nostra avventura?”
    Lui annuì.
    “Abbastanza. A che ora dovrebbe uscire questa processione?” Lei fece spallucce.
    “Non c’è un orario preciso. Nel frattempo potremmo girare un po’ e visitare i luoghi del Martirio. E qui entri in gioco tu.”
    Lui si pulì la bocca col tovagliolo di carta.
    “Io? Perché io?”
    “Sei tu l’esperto di Cristianesimo. I luoghi sacri oggi sono le chiese.”
    Gli spiegò lei alzandosi.
    “Ah! Mi vesto. Ho voglia di un caffè prima.” Anche lui si alzò e cercò il suo borsone.
    “Ma dov’è la mia roba?”
    “L’ho riposta nell’armadio. Mi sono alzata presto e dopo aver preso le brioche ho messo in ordine le nostre cose. Spero che non ti dispiaccia se ho toccato il tuo borsone.” Sembrava esitante. Lui le sorrise.
    “Scherzi? Grazie invece, avrei dovuto pensarci ieri io, ma ero davvero stanco. Sarà colpa del fuso orario.”
    Anche lei gli sorrise.
    “Si, è scientificamente provato che il nostro organismo subisce forti traumi a causa dei repentini cambi di orario.”
    Lui rise. “Ok Bones, mi vesto ed usciamo.” E, presi dei jeans, una camicia azzurra ed un maglione con lo scollo a V, andò nel bagno.
    Lei non capì perché avesse riso, ma si trovò a pensare a quanto fosse bello Booth, quando rideva così di cuore.
    E’ colpa di questa convivenza forzata.
    Si disse preparandosi anche lei.
     
    .
  5. Nanarose
        Like  
     
    .

    User deleted


    un aggiornamento dal quadretto vacanziero B&B!
    yu-uh!
     
    .
  6. omelette73
        Like  
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (allanon9 @ 7/8/2009, 17:09)
    Cercò di liberarsi dall’abbraccio di Booth, non si era accorta che la stesse abbracciando, durante il sonno.

    Mi sorge spontanea una domanda,
    ma perché farlo Bones?
    Perché "liberarti dall'abbraccio di Booth", ma insomma... dove vive quasta ragazza! :)
    Complimenti Gracia, mi piace la tua storia.
     
    .
  7. _Vivi_23_
        Like  
     
    .

    User deleted


    Devo dirti che mi incuriosisce molto questa storia! Brava, davvero! :clap:

    CITAZIONE
    Perché "liberarti dall'abbraccio di Booth", ma insomma... dove vive quasta ragazza!

    Lo sappiamo che Bren non è totalmente normale di testa, no?? :doh:
    Continua presto!!
     
    .
  8. Cris.Tag
        Like  
     
    .

    User deleted


    Che magnifico aggiornamento!
    Voglio dire ... non c'è modo migliore per inziare la giornata!

    Non vedo l'ora di leggere il prossimo capitolo!
     
    .
  9.     Like  
     
    .
    Avatar

    Squintern

    Group
    BoNeS FF writers
    Posts
    1,138
    Reputation
    +5
    Location
    Catania - Sicilia

    Status
    Offline
    Ringrazio tutte per i vostri complimenti, spero che il nuovo aggiornamento vi piaccia.
    Si entra nel vivo della festa.
    Buona lettura e aspetto i vostri commenti.

    Dopo che ebbero bevuto il loro caffè si immisero nell’assolata mattina siciliana.
    C’era già grande fermento lungo tutta la via, molte persone andavano di fretta per fare le loro spese o andare al lavoro, altre sostavano chiacchierando in quel loro strano dialetto che, se per Brennan che parlava l’italiano era incomprensibile, per Booth era ostrogoto.
    “Cominciamo dal Santo Carcere .” Disse lei avviandosi verso la Piazza Stesicoro.
    Salirono per una ripida stradina e arrivarono ai piedi di una chiesa con l’Abside di pietra.
    Era raggiungibile attraverso delle scale. La chiesa interna era molto piccola e già affollata di turisti e cittadini.
    “Guarda Bones, ho letto sull’opuscolo che mi hanno dato ieri alla reception che dietro quella grata è conservata l’impronta del piede della Santa.” Le disse Booth, sussurrando nel suo orecchio.
    Lei gli rivolse uno sguardo scettico, ma alla sua espressione di rimprovero non disse nulla.
    Continuarono la visita e quando furono di nuovo fuori nell’aria riscaldata dal sole, Brennan gli disse:
    “Credi davvero che quello sia il fossile dell’impronta del suo piede?”
    “Bones, non è un fossile.” La rimproverò lui, mettendosi gli occhiali da sole.
    “Dai Booth, scientificamente…”
    “Senti Bones, tu hai detto che oggi entravo in gioco io, quindi non è un fossile. Nella religione non c’è nulla di scientifico. O ci credi o non ci credi. La fede è questo Bones, credere senza vedere. La religione cristiana è piena di dogmi lo sai e noi ci crediamo senza farci troppe domande.”
    Lei sbuffò. Intanto erano arrivati alla chiesa di S. Biagio, una volta detta S. Agata alla Fornace.
    Salirono un’ampia scalinata settecentesca ed entrarono nel tempio.
    “Qui invece è conservata la pietra sulla quale fu arsa.” Disse Booth, dirigendosi verso la destra dell’altare.
    Guardando quella pietra annerita dal tempo, Booth rabbrividì. Si trovò a pensare quanto l’uomo non fosse cambiato nel corso dei secoli e dei millenni.
    “Che c’è Booth? Guardi quella pietra orripilato.” Gli disse lei, toccandogli l’avambraccio.
    Lui annuì. “L’hanno torturata e poi bruciata viva, Bones. Era solo una ragazzina.”
    Lei lo guardò stupendosi di come riuscisse a provare pietà anche per una ragazza morta da secoli; a volte invidiava questa sua sensibilità, era questo che lo rendeva il migliore agente che lei avesse mai conosciuto.
    “L’uomo è migliorato nel corso dei secoli, la storia...” Cominciò a dire lei.
    “Davvero? E che mi dici delle pulizie etniche? E dei genocidi perpetrati nel corso di tutte le guerre? E delle torture a cui sono sottoposti, giornalmente, migliaia di uomini e donne?” La sua voce era rauca e bassa.
    “Scusa Booth, non intendevo… So cosa intendi. Scusa.” Aveva come sempre parlato senza riflettere.
    Lui la prese per il gomito ed uscirono di nuovo nel sole.
    “Lascia perdere Bones, lascia perdere.”
    Nel frattempo la strada si era riempita, già le Candelore erano pronte per sfilare e le persone si dirigevano verso la Piazza Duomo da dove i Cerei sarebbero partiti seguiti dalla processione.
    Si erano fatte le 11.30 ed il sole era caldo. Booth si tolse il cappotto e lo appoggiò sul braccio.
    Si diressero anche loro verso il Duomo e nel centro della piazza, videro l’Elefante.
    Brennan rise indicandolo.
    “Ecco cosa intendeva Gabriele quando mi ha detto sotto l’elefante.”
    Un’enorme elefante di pietra lavica nera torreggiava sopra una fontana di marmo bianco nel centro della piazza. Sopra la groppa, l’animale, portava un enorme obelisco anch’esso di marmo bianco.
    Il contrasto cromatico era davvero notevole.
    Booth rimase col naso per aria per un secondo, meravigliato. Poi prese il telefonino e scattò una foto.
    Lei lo guardò indulgente.
    Lui le sorrise. “E per farlo vedere a Parker. Impazzirebbe se lo vedesse.”
    Lei annuì. “Un giorno chissà, lo potresti portare qui.” Azzardò.
    Lui fece una smorfia. “Già, quando gli asini voleranno. Andiamo a vedere la Cattedrale Bones, è meglio.”
    Lei si morse le labbra e lo seguì.
    La Cattedrale era immensa, divisa su tre grandi navate.
    Quella centrale finiva in fondo nell’Abside Normanno, unico superstite della Cattedrale originale, distrutta dal grande terremoto del 1693 che aveva raso al suolo tutta la zona Ionica della Sicilia da Catania a Siracusa.
    Alla fine della navata di destra, c’era una stanza protetta da un cancello di ferro chiuso dove erano contenute le Reliquie della Santa.
    Molta gente vi pregava davanti, c’era chi lasciava delle offerte in denaro, chi dei fiori e chi accendeva una candela elettrica inserendo una moneta nell’apposito contenitore.
    Booth si avvicinò all’inferriata e spiò dentro. Un grande quadro raffigurante la Martire era posto sulla sinistra, ai suoi piedi c’erano molti fiori freschi.
    All’interno c’erano alcuni sarcofagi appartenenti ai regnanti del medioevo con le iscrizioni latine che lui non capiva, ma che gli lasciavano intendere che anche loro, pur essendo ricchi e potenti, avevano affidato la loro vita e la loro anima dopo la morte, nelle mani di quella giovinetta.
    Come spiegare a Bones cose così? Non era sicuro di riuscirci.
    “Guarda Bones.” Lei si avvicinò e lui le indicò i sarcofagi.
    “Re e regine hanno affidato le loro anime a Lei.”
    Brennan lo guardò incerta. “Non capisco.”
    Booth sospirò piano.
    “Non so come spiegartelo. Quello che voglio dire è che, nonostante le loro ricchezze e il loro potere, ricordiamoci che nel medioevo i sovrani avevano potere di vita e di morte sui sudditi, anche loro erano esseri umani e che, nel momento del bisogno si erano rivolti alla Fede che riponevano in Dio e quindi in lei.”
    Brennan annuì, silenziosa. “Sei molto preparato in storia, Booth.”
    “Come?” Stavolta era lui a non capire.
    Lei gli sorrise “Mi hai appena dato una lezione di storia .”
    Lui la guardò per un secondo non sapendo se strozzarla o baciarla.
    “Davvero pensi che io sia solo un ex cecchino stupido ed ignorante, Bones?”
    Lei lo fissò un secondo, a bocca aperta.
    “No. Non ho mai pensato questo di te.”
    Aveva alzato la voce senza rendersene conto e i fedeli li guardarono di traverso.
    “Bene. Usciamo di qua.” La prese per il gomito e la scortò fuori, non era il caso di litigare in chiesa.
    La luce accecante li investì come anche la marea di gente che nel frattempo si era radunata nella piazza.
    “Io non ti volevo offendere, lo sai.” Lui annuì .
    Sempre in silenzio, lo sguardo nascosto dagli occhiali scuri, Booth la spinse verso l’angolo più libero da dove poter vedere l’inizio dei festeggiamenti.
    Questo viaggio si sta rivelando un grosso errore.
    Pensò Brennan, osservando il suo partner.
    “ Booth…”
    “Uhm?” rispose lui, concentrato nel cercare di vedere qualcosa in mezzo alla confusione e cercando di non perdere di vista neppure lei.
    “Sei arrabbiato?”
    “No, non sono arrabbiato. Cerco solo di provare a spiegare a te, empirista, scienziata e tutte le altre cose che sei, quello che noi poveri mortali impariamo fin dalla nascita, la Fede in qualcosa di più grande, magari è illogico, irrazionale, ma da sempre l’essere umano ha creduto che qualcosa di divino c’è.”
    Non la guardava, il suo sguardo vagava attento sulla folla.
    Era teso, in allerta.
    “Ok, sei arrabbiato.” Gli rispose lei.
    All’improvviso si levò una forte musica e la folla cominciò a gridare qualcosa in dialetto. Brennan chiese ad una donna cosa stesse succedendo.
    “Beh, stanno partendo le Candelore. Perchè non si fa prendere in braccio da suo marito? Le vedrà meglio.”
    Lei rispose in automatico “Non siamo sposati, è il mio partner.” Booth capì solo la parola partner e la donna rispose: “E allora? Cosa cambia?”.
    Lei si ricordò del disguido causato da quella parola all’albergo e arrossì.
    “Che ha detto?” Chiese Booth.
    “Di farmi prendere in braccio per vedere meglio.” Lui la osservò per un secondo.
    “Ha ragione. Avrei dovuto pensarci.”
    E senza ascoltare le sue proteste la issò sulle sue forti braccia e lei potè sporgere la testa al di sopra di quelle delle altre persone.
    Un corteo di undici cerei di legno dorato, decorati da effigi di Santi e da fiori e vessilli, partì a ritmo di musica, oscillando prima a destra e a sinistra, e poi avanti ed indietro lungo tutto il tragitto, al ritmo di canzoni profane suonate con la tromba.
    “Mettimi giù Booth o ti perderai la parata.” Gridò lei sopra il frastuono.
    Booth la mise giù. Si sporse anche lui e vide il corteo danzante dei cerei sfilare. Prese Brennan per mano e si fece largo tra la gente che si spostava risentita e di mala voglia.
    “Fagli vedere il distintivo Booth.” Sussurrò lei al suo orecchio.
    Lui rise di nuovo di cuore.
    “Sei incorreggibile Bones, non ho giurisdizione qui, lo sai. Ho depositato distintivo e pistola ieri sera nella cassetta di sicurezza dell’albergo.”
    Lei si morse le labbra. “Peccato.”
    “Ma il tuo amico che fine ha fatto?” Le chiese, fermandosi davanti ad una transenna.
    “Più tardi verrà a prenderci per i fuochi di stasera. C’è li farà vedere dal balcone del Municipio.”
    Booth annuì.
    Meglio.
    Pensò che non gli piaceva quella folla soffocante.
    Ad un tratto cominciarono i fuochi che segnarono la partenza della parata vera e propria.
    Tutto non durò più di un’ora, ma la gente era estatica e gridava felice sia per i fuochi d’artificio che per i costumi dei figuranti. Alla fine la berlina settecentesca, tirata da una pariglia di cavalli, che trasportava il sindaco uscì dal portone del municipio e si immise lungo la Via Etnea.
    Altre grida di festa e poi la folla cominciò a diradarsi.
    Qualcuno seguì il corteo, altri se ne andarono a fare le loro cose.
    Booth e Brennan rimasero lì, fermi davanti alle transenne.
    “Davvero notevole, Booth. Antropologicamente parlando è normale che la gente si lasci dominare da questi sentimenti di euforia. Nell’immaginario collettivo il sindaco rappresenta il Senatore che va per arrestare la ragazza, lo sapevi?”
    Booth la guardò attraverso le lenti scure. Provò il desiderio impellente di farla tacere con un bacio selvaggio, nel cuore un tumulto di emozioni.
    Invece annuì e le chiese:
    “Ti va di mangiare? Ho una fame da lupo.”
    Lei sbatté le palpebre, tornando alla realtà.
    ”Si, ho fame anch’io.”
    Decisero di mangiare in albergo, erano stanchi da tutto quel girare ed osservare.
    “Bones, ma non hai preso neppure un appunto.” Le disse assaggiando una forchettata di spaghetti al pomodoro.
    “Io non ho bisogno di prendere appunti. Ehi, ma sono veramente buoni questi spaghetti.”
    Lui sorrise. “Perché non ti fai dare la ricetta? Un giorno potresti cucinarmeli.”
    Lei lo guardò inclinando la testa di lato, ci pensò un po’ su e poi gli sorrise.
    ”Lo farò di certo. Lo sai che sono portata per la cucina.”
    “Si, lo so.” Le rispose lui finendo di mangiare.
    Dopo aver mangiato una bistecca lui ed un insalata lei, bevvero il caffè e si recarono nella loro stanza.
    Booth si lasciò cadere sul divano.
    “Sono pienissimo. Credo che non riuscirò più a mangiare.”
    “Si, come no. Che vuoi fare ora?”
    Quella domanda nella testa di Booth aveva tante risposte. La guardò con quei suoi occhi luminosi non sapendo cosa risponderle.
    Lei distolse per prima lo sguardo. “Io penso che scriverò un po’. Mi aiuta a rilassarmi.”
    Lui annuì. “Io guarderò il televisore.”
    Lei si sedette in un angolo del divano con le gambe sotto il corpo e il portatile in grembo.
    Lui accese la tv e distese le gambe sul tavolino di fronte.
    L’ apparecchio era dotato di satellitare, ma non riuscì a trovare un programma in inglese che lo interessasse. Mise su un canale dove facevano solo sport, ma non capendo una sola parola, cambiò di nuovo. Trovò un programma musicale e lo lasciò.
    “Non ti da fastidio la musica, vero?” Le chiese abbassando automaticamente il volume.
    Lei sembrò non averlo sentito. Poi gli rispose.
    “No, ma alle altre persone si. E’ ora di riposo da queste parti.”
    Lui spense la tv e incrociò le braccia. Guardò il suo orologio che aveva ancora l’ora di Washington.
    Prese il cellulare e si recò nella stanza da letto. Chiuse le porte scorrevoli e fece il numero di Rebecca.
    La voce della sua ex era rilassata.
    “Rebecca sono io, come va?” Un secondo di silenzio, poi la risposta.
    “Bene Seeley. E tu ti stai divertendo?” Il suo sarcasmo era palese.
    “Abbastanza. Parker è tornato da scuola?”
    “Si, te lo passo. E… Seeley, al tuo ritorno dovremo parlare.”
    Il cuore di Booth perse un battito per poi iniziare a battere all’impazzata.
    “Parliamone ora Rebecca.”
    “Non ti preoccupare Seeley, non voglio portati via Parker. E’ una cosa mia personale e può aspettare.”
    Booth sospirò, era trasparente per quella donna anche a Km di distanza, era sempre stato così. Invece per quella seduta a pochi metri da lui era ermetico come una cassaforte.
    Parlò per mezz’ora con suo figlio ridendo dei suoi racconti infantili.
    “Ti prometto che tornerò appena posso Parker, stai tranquillo ed ubbidisci alla mamma.”
    “Ok papà. Ti voglio bene.” La vocina di suo figlio sembrò trasmettergli un gran calore. “Anch’io campione. Ti chiamo domani.”
    Richiuse il telefonino e si sdraiò sulla coperta. Non si accorse di aver preso sonno, lo capì quando si sentì scuotere da Brennan.
    “Ehi, ma eri davvero stanco. Sono dieci minuti che ti chiamo.” Disse lei ridendo.
    “Davvero? Ma quanto ho dormito?”
    Si alzò e si passò una mano tra i capelli arruffati.
    “Un paio d’ore. Tutto a posto a casa?” Lui annuì tranquillo entrando in bagno.
    “Cosa dovremmo fare ora?” Le chiese uscendo dal bagno con i capelli umidi.
    Era avvolto nell’accappatoio, si era fatto la doccia e odorava di muschio bianco. Temperance lo guardò apertamente negli occhi.
    “Non lo so. L’appuntamento con Gabriele è per le sette di stasera, ma ci sono più di tre ore davanti.”
    Lui si sedette sul divano allungando le gambe davanti a sé.
    “Affittiamo un’auto o chiamiamo un taxi e facciamo un giro. Se resto ancora chiuso qua dentro comincerò a dare di matto!” Esclamò.
    “E magari sparerai a qualcosa.” Sorrise lei.
    “Già.”
    Mentre Brennan chiamava il taxi, lui si rivestì. Indossò la giacca di pelle marrone invece del cappotto, pensando al caldo della mattina. Ma appena fuori si pentì della sua scelta, il sole era quasi tramontato e un leggero vento freddo spirava dalla montagna.
    “Dove volete andare?” Chiese il tassista quando salirono. Lei rispose in italiano.
    “Ci porti un po’ a vedere la città, ma tenga presente che per le sette dovremmo essere di ritorno.”
    L’uomo guardò i bellissimi occhi azzurri della donna e le sorrise.
    “Lasci fare a me signora. Vi porterò a vedere il mare.”
    “Che ha detto?” Le chiese Booth, guardando storto il povero tassista.
    “Che ci porta a vedere il mare.” Lui la guardò senza capire. “Che vuol dire?”
    “Booth,di solito lo dico io questo.” Disse lei ridendo.
    “Già, ma noi il mare lo conosciamo.” Lei sorrise e chiese al taxista cosa intendesse per vedere il mare.
    Quello sorrise di rimando.”Se vi va di passeggiare vi porto al lungo mare, in un quartiere che si chiama Ognina. Se no, vi potrei portare ad Acitrezza,un paese sul litorale. Ma non so se faremmo in tempo ad essere qui per le sette.”
    Brennan tradusse per Booth e lui le rispose che passeggiare gli stava bene.
    “Vada per il lungo mare allora.” Disse lei al taxista.
    Immessosi nello scorrevole traffico cittadino, l’uomo li portò a destinazione. Si fermò al bordo di una piazza che si chiamava Piazza Nettuno e che si apriva proprio come un terrazzo sul mare e si accinse ad aspettarli ascoltando la radio.
    Una forte brezza spirava dalla grande distesa salata e, nonostante lei indossasse il cappotto, rabbrividì.
    “Hai freddo Bones?” lei annuì.
    “L’aria del mare è gelida. Se ci muoviamo però mi riscalderò.”
    Si incamminarono lungo la ringhiera arrugginita osservando la costa snodarsi davanti a loro. Era un panorama bellissimo.
    In fondo, guardando verso nord, si stagliavano due enormi massi di pietra lavica, immersi nell’acqua.
    “Quelli devono essere i Faraglioni.” Disse Brennan infilando il braccio in quello di Booth.
    “Ho letto di una leggenda omerica che racconta che fu un gigante con un solo occhio a scagliare quelle pietre in mare per affondare la nave di Ulisse che, con un inganno, lo aveva prima accecato e poi derubato.”
    “La conosco anch’io Bones, devo averlo letto da qualche parte.” Le disse lui.
    “E’ un eufemismo, chiamare pietre quei cosi enormi.” Aggiunse Booth sorridendo.
    “E’ vero. Però il protagonista era un gigante. Come si chiamava? Ah si, Polifemo.”
    “Ti va di bere qualcosa di caldo Bones, non so tu ma io sono gelato.”
    Lei spiò il suo compagno.
    “Certo. Perchè hai indossato questa giacca che va bene in primavera?”
    Mentre attraversavano la strada lui le rispose.
    “Stamattina stavo letteralmente morendo di caldo, Bones. Credevo che la temperatura sarebbe rimasta invariata. Mi sbagliavo.”
    Lei annuì. Entrarono nel bar e sedettero ad un tavolino nella terrazza coperta. Ordinarono della cioccolata calda per Booth ed un the per lei.
    “Carino questo posto. D’estate lo aprono di sicuro, così hanno più ventilazione.”
    Disse Booth, assaggiando la bevanda.
    “Vuoi assaggiare Bones, è buona.”
    “Si, ok.” Bevve un sorso e sorrise.
    “Buona. Tu vuoi assaggiare il the?” lui fece una smorfia.
    “No, grazie.”
    Poi disse: “Stavo pensando all’ultimo caso che abbiamo seguito Bones, quello della mano senza un dito…”
    Parlarono per un po’, sporgendosi sul tavolino uno verso l’altra, rilassati e tranquilli come se fossero al Diner.
    A chi li vedeva, davano l’impressione di una coppia ben affiatata, consolidata. Ridevano, si stuzzicavano e non si lasciavano mai con lo sguardo.
    “Booth, andiamo?” Disse lei guardando l’orologio.
    “Si, andiamo.” Pagò il conto e raggiunsero il taxi che li aspettava per riportarli in albergo.
    Ebbero appena il tempo di rinfrescarsi prima che Gabriele Rosso li raggiungesse nel bar dell’albergo.
    “Temperance ciao. Agente Booth.” Strinse la mano di Booth e baciò la guancia di Brennan. Seeley si rabbuiò, ma lei non lo notò.
    “Preferite andare al Municipio o guardare i fuochi da sotto l’Elefante?” Gli chiese camminando verso il Duomo.
    “Dimmi tu quale sia il modo migliore per studiare la gente Gabriele.” Rispose Brennan camminandogli al fianco. Booth li seguiva silenzioso.
    “Beh, antropologicamente parlando sarebbe meglio in mezzo alla gente. Potresti osservare le loro reazioni diciamo così… sul campo.”
    Lei annuì. “Anch’io la penso così. Tu che dici Booth?”
    Lui si riscosse dai pensieri che gli affollavano la mente.
    “Cosa?”
    “Ti va di andare sotto l’Elefante?” e rise.
    Il cuore gli saltò in gola al suono di quella risata. Sorrise anche lui.
    “Si Bones, va bene.”
    Veramente pensava che sarebbe stato meglio andare al municipio, ma se lei credeva che stare sul campo, anche lì, fosse la cosa giusta, pazienza. Avrebbe indossato i panni dell’agente e sarebbe stato in guardia.
    Era ancora presto, la piazza era affollata, ma non pienissima. Sul lato sud stavano completando di sistemare gli strumenti per il concerto che si sarebbe tenuto dopo i fuochi; la gente vociava, sgranocchiava noccioline, i bambini correvano intorno alla statua dell’Elefante facendo disperare i genitori.
    Brennan osservava quello scorcio di folklore così come guardava le sue ossa al Jeffersonian.
    Un sorriso si disegnò sulle labbra di Booth. Era splendida sotto le luci di quella strana piccola piazza. Aveva indossato il suo cappello grigio che le faceva risaltare gli occhi luminosi. Gli stava succedendo di nuovo, quello strano languore che lo coglieva sempre quando la osservava senza che lei se ne accorgesse.
    Lei, in realtà, se n’era accorta. L’aveva colto più volte quel giorno ad osservarla, anche lei sentiva dentro una strana sensazione, che le stringeva lo stomaco. Le succedeva dal giorno del compleanno di Booth, quando aveva capito che i suoi dogmi antropologici con lui non funzionavano.
    Si fermarono sotto la statua, col viso rivolto al grande portale della Cattedrale.
    Alle otto precise cominciò lo spettacolo. A ritmo di musica vennero prima proiettate delle immagini ai raggi laser sul portale della chiesa raffiguranti la Santa Patrona e il suo martirio. Poi iniziò lo spettacolo pirotecnico vero e proprio.
    La folla li costrinse ad arretrare tanto che Booth sentì la dura pietra dietro la schiena. Bones, davanti a lui fu spinta contro il suo petto e lui la strinse contro di sé, abbracciandola per non farla schiacciare. Rimasero col naso per aria per quasi un’ora, lui sentiva il calore di lei e lei si era aggrappata alle sue braccia. Entrambi avevano scordato Gabriele.
    Quando anche l’ultimo fuoco d’artificio fu sparato, la folla cominciò a scemare verso le auto che avevano posteggiato nelle vie adiacenti e loro due, con riluttanza, si separarono.
    Tutti e tre rimasero fermi, a guardare tutta quella umanità che affollava la strada e la piazza.
    “Interessante davvero.” Disse Brennan. Anche Gabriele concordò.
    “Sapevo che eri la persona giusta per darmi un parere.”
    “Ti è piaciuto lo spettacolo Booth?” Si rivolse al suo silenzioso partner.
    “Si, molto suggestivo davvero. Specie la proiezione delle immagini. Quasi pensavo che da un momento all’altro dovessero saltare fuori. Angela l’avrebbe adorato Bones.”
    Gabriele osservò il volto dell’agente, ecco un altro parere interessante. Ora capiva perché Temperance se lo fosse portato dietro. Quell’uomo aveva intuito, una cosa che a lui mancava e anche a Brennan, se non ricordava male.
    Anche Brennan guardava Booth notando che i suoi occhi brillavano come gli occhi della gente che era stata vicino a loro durante lo spettacolo. Era la fede che legava Booth a tutti quei cittadini. Aveva fatto bene a chiedergli di accompagnarla, vedere le cose attraverso i suoi occhi era come carpire il vero spirito delle persone che li circondava, ne era convinta. Booth era come loro, in fondo, un credente.
    “Vi offro la cena.” Disse Gabriele, portandoli verso quella sua minuscola auto.
    “Grazie.” Dissero insieme.
    Cenarono in un grazioso locale in un paesino di mare che si chiamava Capo Mulini, dove assaggiarono frutti di mare crudi, pesciolini marinati nel limone e della pasta al pesce che mandò Booth letteralmente in estasi.
    Tornati in albergo, Gabriele disse a Brennan : ”Domani mattina alle quattro e trenta vi aspetto qui per la Messa dell’Aurora.” Lei annuì e si salutarono.
    Saliti nella stanza, si sedettero sul divano. Booth accese la tv, più per riflesso condizionato che altro, dato che non capiva una parola.
    “Avevi ragione Booth, Angela avrebbe amato molto lo spettacolo laser.” Disse lei, alzandosi e andando in bagno.
    Lui si spogliò e si mise la tuta della sera prima. Era stanco, ma non aveva sonno.
    Rimase a guardare la tv, senza capirla, per una buona mezz’ora, anche dopo che Brennan gli ebbe dato la buonanotte.
    Alla fine si coricò dandole la schiena, troppo conscio del suo corpo accanto a lui e resistendo alla voglia di stringerla come aveva fatto sotto quella strana statua, in mezzo a tutta quella gente che li circondava .
    Brennan sentì Booth che si stendeva sotto le coperte, non dormiva. Stava diventando una brutta abitudine quella di fingere per poter pensare a lui o osservarlo in pace.
    Il profumo della sua colonia invase la stanza e per lei divenne difficile respirare piano per fingere di dormire. Si davano la schiena ed entrambi rimasero ad occhi spalancati per tutta la notte, non muovendo neppure un muscolo per non disturbare l’inesistente sonno dell’altro.
     
    .
  10. Cris.Tag
        Like  
     
    .

    User deleted


    ci stiamo avvicinando ...
    non potranno fare finta di niente ancora a lungo, vero?
     
    .
  11.     Like  
     
    .
    Avatar

    Squintern

    Group
    BoNeS FF writers
    Posts
    1,138
    Reputation
    +5
    Location
    Catania - Sicilia

    Status
    Offline
    Ecco un altro aggiornamento, spero che vi stia piacendo.

    Quando suonò la sveglia che Brennan aveva puntato, si alzarono quasi in contemporanea.
    Si vestirono in silenzio e scesero nella hall. Gabriele era lì, con gli occhi assonnati.
    “Accidenti, voi due sembrate freschi e riposati, mentre io sto morendo di sonno invece.” Disse facendo loro strada verso il Duomo già affollatissimo.
    In qualche modo riuscirono ad entrare in chiesa, ma rimasero in piedi, di nuovo schiacciati dalla folla.
    Alcuni cittadini, i cosiddetti devoti, cioè coloro che avevano ricevuto una grazia dalla Santa, indossavano una lunga veste bianca trattenuta in vita da un cordone dello stesso colore, un cappellino nero e alla cintura portavano guanti e fazzoletto bianchi.
    Erano una marea bianca che spingeva ed urlava in onore della propria Patrona.
    Brennan osservò interessata il fenomeno che aveva sotto gli occhi. Le pareva più una specie di delirio che vero fervore religioso.
    Si ripromise di parlarne a Booth, più tardi. Lui era silenzioso e vigile, come sempre.
    I suoi sensi allenati in guardia, gli occhi attenti ad ogni più piccola variazione della folla. Fu di nuovo pronto a circondarla con le braccia appena un gruppo di giovani venne fuori, spingendo la folla indietro, dalla stanza col cancello.
    In alto a braccia trasportavano una statua di donna riccamente addobbata.
    “Perché ha tutti quei gioielli?” chiese Brennan a Gabriele. Ma fu Booth a risponderle.
    “Sono Ex-voto. Cioè: chi ha chiesto una Grazia in cambio le ha donato qualcosa di molto prezioso appena questa è stata ricevuta.” Gabriele annuì.
    “Esattamente. Si racconta che la corona e la spada siano appartenute a Re Riccardo Cuor di Leone.”
    Brennan annuì, non sembrava impressionata, ma Booth la conosceva abbastanza per dire che era affascinata.
    Ascoltarono la messa, che fu molto bella. Parecchi occhi si inumidirono e, nonostante non avesse capito neppure una parola oltre ad Amen, anche Booth sembrava emozionato.
    Come sempre i pensieri del suo partner restavano celati dietro i suoi occhi espressivi, irraggiungibili.
    Alla fine della Messa furono di nuovo sparati i fuochi d’artificio e la statua della Santa venne collocata sul Fercolo e, come ogni anno, all’urlo di:
    “Cittadini… Evviva S.Agata!”, partì per il giro esterno.
    Brennan, Booth e Gabriele si recarono a fare colazione in un bar lì vicino e si sedettero in un tavolino all’interno del locale.
    Booth chiese bevendo un sorso di caffè : “Ma perché tutti questi fuochi d’artificio? Non sono costosi?”
    “Beh, si. Ma molti negozianti raccolgono il denaro nell’arco di tutto l’anno per sparare, come dicono qui, il fuoco alla Santa. E’ una devozione. Solo un anno non e’ stato fatto, nel 1991. Infatti il 13 dicembre 1990, un forte terremoto aveva danneggiato i palazzi del centro storico, che erano a rischio di crolli. E poi, nel gennaio del ’91 scoppiò la Guerra del Golfo e noi avevamo due piloti dispersi. La commissione della festa, allora, per rispetto proibì di sparare i fuochi, persino la sera del tre febbraio.”
    Booth si era rabbuiato. Brennan appoggio una mano sul suo braccio, aveva capito che era per l’accenno alla Guerra del Golfo che aveva cambiato umore.
    “Ma voi, penso che la ricordiate meglio di me quella sporca faccenda.” Aggiunse Gabriele.
    “Certo, io ero laggiù.” Rispose Booth, posando la tazzina.
    “Mi dispiace, forse non sono bei ricordi.”
    “No.”
    Si alzarono e Booth pagò il conto. Uscirono nell’alba fredda e ancora grigia e tornarono all’albergo. Gabriele promise di tornare per l’ora di pranzo.
    I due partner rientrarono nella loro camera.
    “Booth, ti volevo chiedere cosa te n’è sembrato di tutto quel manicomio in chiesa?”
    “Manicomio?” Booth non sembrò capire cosa lei volesse dire.
    “Si, quella sorta di…fervore, si dice così?”
    “Ah, il fervore. E cosa vuoi che ti dica esattamente?”
    Si adagiò sul divano, allungando le gambe sul tavolino.
    “Cosa hai sentito tu, cosa ti è sembrato di capire di quella gente. Insomma quello che fai di solito coi sospettati.” Sembrava spazientita.
    “Allora, premesso che non ho capito una sola parola della predica, né di quello che diceva la gente, potrei provare a spiegarti quello che ho capito dalle loro espressioni.” Lei annuì.
    “Beh, ho guardato i loro occhi pieni di commozione Bones ed ho visto una specie di… amore, sì, provano amore per questa loro Patrona, come per una figlia, una fidanzata, un’amante (non nel senso letterale del termine però). Che cosa gridavano, tu li hai capiti?”
    “Si, acclamavano ai suoi occhi, alla sua bocca, proprio come dici tu, cioè come si farebbe con una persona amata.” Lui le fece quel sorriso mascalzone, che lo rendeva assolutamente affascinante.
    “Il mio intuito non fallisce, allora, neanche in terra straniera.”
    “Già, non finirai mai di stupirmi Booth.”
    “Davvero?” sussurrò lui, socchiudendo gli occhi per guardarla.
    “Davvero.”
    Rimasero così, a studiarsi per un po’, poi lei si alzò e gli disse che aveva sonno e la magia si interruppe.
    Stavolta Booth non la seguì, si stese sul divano coprendosi col plaid e si addormentò lì.
    Stava sognando. Si trovava in una buca nel pieno del deserto irakeno, sentì un sibilo sopra la sua testa e poi, con orrore, sentì i colpi dei mortai nemici a pochi passi di distanza. Urlò qualcosa, senza riuscire a sentire le sue stesse parole. Poi si risvegliò sudato fradicio, con Brennan che lo scuoteva e nelle orecchie ancora quel rumore di mortaio.
    “Booth, sono solo i fuochi d’artificio, calmati.”
    Si sedette passandosi una mano sugli occhi. “Accidenti, mi sembrava così reale.” Sussurrò, guardandola di sfuggita.
    “Tranquillo, saranno stati quei discorsi di Gabriele a metterti in agitazione.” Le disse lei, stringendogli il braccio.
    “No, mi succede anche per il quattro luglio Bones, non amo molto il rumore dei fuochi pirotecnici, se ci fai caso somigliano al rumore dei mortai. Già” aggiunse poi
    “Tu non puoi sapere che suono abbiano i mortai.”
    Il cuore di Brennan si strinse “Vuoi spiegarmelo allora?” gli chiese in un sussurro. Lui negò con la testa.
    “No, non mi va molto di parlarne.”
    Lei gli sorrise.
    “Ok. Ricordati che se vorrai farlo io ti saprò ascoltare.”
    “Grazie Bones, davvero.” Appoggiò la sua mano gelida su quella calda di lei, che gli stringeva ancora il braccio.
    “Siamo amici Booth, non dimenticarlo.” Lui annuì, la gola chiusa dalla voglia di baciarla.
    Come sempre non lo fece.
    Si alzò e andò in bagno.
    Si fece una doccia bollente e la barba, si infilò dei jeans e un maglione e tornato in salotto si sedette sul divano in attesa che anche Brennan si vestisse.
    “Aspettiamo in albergo il tuo amico, Bones o andiamo a gironzolare per conto nostro?”
    Lei gli rispose dal bagno chiuso: “Tu che vuoi fare?”
    Lui fece una smorfia.
    “Lo sai che odio stare fermo, usciamo per conto nostro. C’è il sole, seguendo la cartina potremmo andare incontro al corteo. Ti piace come idea?”
    Lei uscì dalla stanza da bagno già vestita. Anche lei aveva indossato dei jeans e un maglioncino a collo alto.
    Profumava di vaniglia.
    “Ehi, hai l’odore dei biscotti appena sfornati.” Disse lui ridendo.
    Brennan arrossì di piacere “E’ il bagnoschiuma dell’albergo.”
    “Allora?” Lei sembrò non capire.
    “Cosa?”
    “Sei d’accordo con me o no?”
    “Sui biscotti?”
    “Bones, usciamo per conto nostro o aspettiamo Rosso!”
    “A sì, usciamo per conto nostro. Ora lo avverto, così se ci vuole raggiungere lo può fare più tardi.”
    Appena Brennan chiuse il telefonino, uscirono e, seguendo la cartina con l’itinerario segnato della processione, arrivarono sotto il Fercolo, che era fermo per la tradizionale raccolta della cera nella piazza di fronte la stazione ferroviaria.
    La gente andava e veniva e i devoti, tirando un lungo cordone diviso in due, trascinavano lentamente l’enorme carro per le vie cittadine.
    “Certo che da noi queste cose non esistono. Se si escludono il 4 luglio, il Columbus Day e la parata del Giorno del Ringraziamento a N.Y.” Disse Booth, tenendola per il gomito.
    “Tutte feste pagane.” Aggiunse lei.
    “Si. Beh, il Ringraziamento è a metà strada.” Disse Booth.
    Passarono l’intera mattinata ad andare dietro alla processione.
    Anche in questa festa però, vi era molto di pagano.
    Venditori di palloncini, di ceri e di cose da mangiare, facevano parte del folklore.
    Booth comprò un pezzo di dolce fatto con miele e mandorle che Brennan gli disse si chiamava Torrone.
    Ne assaggiarono un pezzetto.
    “Buono.” Disse Booth prendendone ancora un po’.
    Brennan fece una smorfia.
    “Troppo dolce per i miei gusti. Preferisco le noccioline.” Disse comprandone una manciata da una donna anziana.
    Questa le disse qualcosa in dialetto e lei le rispose che non capiva, allora la donna ripeté la frase in un italiano stentato.
    “Siete in luna di miele?” Lei guardò verso Booth che non capiva, imbarazzata.
    “No, siamo qui per la festa.” Quella annuì.
    “Hai chiesto qualcosa alla Santa?” Lei scosse la testa.
    “Allora lui. Si, ha l’aria di aver chiesto qualcosa. Auguri, speriamo che Lei lo ascolti.”
    Brennan guardò il suo compagno cercando di capire se la donna avesse ragione, pareva che Booth fosse trasparente quasi per tutti tranne che per lei.
    “Che ti ha detto?” Le chiese distrattamente.
    Lei si morse le labbra.
    “Beh, pensava che fossimo in luna di miele.” Lui sollevò un sopracciglio mentre si puliva le labbra appiccicate di torrone con la lingua.
    “Io gli ho detto che eravamo qui per la festa e lei mi chiesto se avevo chiesto qualcosa alla Santa. Io gli ho risposto di no e lei mi ha detto che sicuramente lo avevi fatto tu. E’ così? “ Lo guardò dritto negli occhi, curiosa.
    “Beh, no. Ho pregato, ma non ho chiesto nessuna Grazia.” Gli rispose lui.
    Brennan sembrava dubbiosa.
    “Questa gente pensa che Dio faccia magie?” Gli disse sgranocchiando le sue noccioline.
    Booth la guardò a bocca spalancata. Dopo quattro anni insieme ancora si stupiva della sua totale mancanza di rispetto.
    “Bones. Uno di questi giorni attirerai su di noi qualche fulmine divino. No, non pensano che siano magie, ma miracoli!”
    “Sarà, ma molti trattano la faccenda come se Dio fosse una specie di mago Merlino.”
    “Bones, basta. Non mi va di litigare oggi.”
    “Ma che c’entra litigare, io ti stavo solo fornendo il mio parere.”
    Booth sbuffò, la prese sottobraccio e si incamminarono di nuovo verso la processione.
    Nel tardo pomeriggio, cioè verso le diciannove, assistettero alla Salita dei Cappuccini e poi, stanchi tornarono in albergo.
    Grazie alla bella giornata, i devoti, avevano trattenuto di più la loro Santuzza, per le vie cittadine.
    Ora avrebbero riposato un’oretta, mentre nella chiesa di S.Agata La Vetere si sarebbe tenuta una messa.
    Cenarono nel ristorante dell’albergo, scambiandosi impressioni su tutto quello che avevano visto.
    Saliti in camera si lasciarono cadere esausti sul divano.
    “Accidenti Bones, non ho chiamato Parker. Che ore sono? Faccio ancora in tempo prima che vada all’allenamento.”
    Compose il numero, ma stavolta non si allontanò da lei.
    “Ciao Rebecca. Parker?”
    Lei disse qualcosa che gli fece stringere le labbra, poi si rilassò quando suo figlio venne all’apparecchio.
    Parlarono per quasi mezz’ora, ogni tanto lui rideva o annuiva, poi stringendo nuovamente le labbra salutò il bambino.
    “Torno presto Parker e ti racconterò ogni cosa. Fai il bravo. Ciao.”
    Brennan lo osservò di sottecchi, ma non disse nulla. Sembrava tranquillo.
    “Ti saluta .” Le disse all’improvviso.
    “Chi?” Chiese lei presa alla sprovvista.
    “Parker, chi se no?” Le rispose lui sorridendole.
    Lei anche sorrise “Grazie. Tuo figlio è molto intelligente, ti somiglia.”
    Lui sbatté le palpebre.
    “In che senso? Vuoi dire che sono intelligente anch’io?”
    “Certo. Inoltre ti somiglia anche fisicamente, il vostro apparato muscolo-scheletrico è…” Lui scoppiò a ridere e Brennan non capì cosa avesse detto di così divertente.
    “Che c’è da ridere Booth?” Gli chiese aggrottando le sopracciglia.
    “ Niente è che sono contento che tu pensi che io sia intelligente. Non me lo avevi mai detto.”
    Lei sbatté le palpebre. “Beh, questo non vuol dire che io non lo pensi. Ti ho già detto una volta che io sono la migliore nel mio campo e che non mi sarei mai accontentata di lavorare con qualcuno che non fosse il migliore nel suo campo.”
    Lui deglutì, era vero. Avevano avuto quella conversazione il giorno prima che quella pazza gli sparasse. Non avevano più parlato di quell’episodio, come non parlavano mai di Zack o di Gormogon o di Jared o del bacio sotto il vischio.
    Lei sembrò leggergli nella mente, strano come riuscisse a capire ogni suo singolo pensiero in questo momento.
    “Booth…” bisbigliò “Ti ricordi quando ti dissi quelle parole?”
    Lui annuì con la gola secca.
    “Bones io…” Lei gli mise un dito sulle labbra, non voleva realmente farlo, ma le era venuto naturale.
    “Andiamo a riposare vuoi?” Gli disse alzandosi.
    La sua sembrava una fuga.
    “Vai tu, io guarderò un po’ di tv.” Gli disse lui deluso. Cosa si era aspettato che facesse? Quello che non aveva il coraggio di fare lui?
    Si distese sul divano e accese l’apparecchio televisivo; dopo aver guardato le previsioni del tempo (almeno i simboli meteorologici erano uguali in tutte le lingue), indossò il pigiama in bagno e si distese nel letto.
    Il suo lato era caldo, come se Brennan glielo avesse riscaldato. Scivolò nel sonno senza accorgersene, stanco dalla lunga giornata e dalla precedente notte insonne.
    Brennan era ancora sveglia. Si voltò verso il suo compagno e sentì una voglia irrefrenabile di toccarlo.
    Piano gli accarezzo i capelli, in un gesto di inusuale tenerezza. Lui sorrise nel sonno, ma non si svegliò.
    Anche lei sorrise, quella sera aveva capito quanto tenesse all’affetto che Booth aveva per lei. Ma cosa lei sentisse per lui, ancora non riusciva a spiegarselo.
     
    .
  12.     Like  
     
    .
    Avatar

    Squintern

    Group
    BoNeS aRtIsTs
    Posts
    1,554
    Reputation
    0
    Location
    ..InTeRlAnDiA..

    Status
    Anonymous
    bella questa ff mi piace sempre di più!!!
    CITAZIONE
    quella sera aveva capito quanto tenesse all’affetto che Booth aveva per lei.

    qst frase mi è piaciuta molto complimenti aspetto il seguito...:D
     
    .
  13.     Like  
     
    .
    Avatar

    3 PhDs Squint

    Group
    Fan di vecchia data
    Posts
    5,297
    Reputation
    +3

    Status
    Anonymous
    E' davvero bello il modo in cui descrivi la festa intrecciandola con le vicende dei personaggi, per me che amo queste cose è emozionante in particolar modo!
     
    .
  14. Chemistry
        Like  
     
    .

    User deleted


    Azz.. mi sono persa diversi aggiornamenti qui!
    Allanon comincio seriamente a detestare quel divano... :lol: Ma di grazia Boothino, perché diavolo non vai a coricarti insieme alla tua partner??
    Ogni volta uno finge di dormire, l'altro dorme sul serio... speriamo presto si ritrovino entrambi svegli... ben svegli :shifty:
    Detto ciò, complimenti per le descrizioni dei vari eventi, sembra quasi di parteciparvi.
    Continua presto!
     
    .
  15. _Vivi_23_
        Like  
     
    .

    User deleted


    Eheh davvero tenero il finale!! Mi piace davvero molto questa tua storia e come hai saputo unire delle tradizioni nostrane con i caratteri tipici americani di B&B. Continua presto!
     
    .
42 replies since 29/7/2009, 16:04   2831 views
  Share  
.